Bergoglio, ospite di Fazio, in un’ora di televisione, seguita da oltre otto milioni di telespettatori, si è espresso sui grandi temi di attualità, ma non si è sottratto a racconti di vita personale.
Ha narrato della propria infanzia a Buenos Aires: da bambino avrebbe voluto diventare «macellaio», poi si appassionò alla chimica. Ma sulla chimica, «che mi ha sedotto tanto», ha prevalso «la chiamata di Dio». E parla del voto fatto alla Madonna del Carmine, il 16 luglio del 1990, di non guardare la tv: «Non guardo la televisione, questo non perché la condanno», dice. Infine, l’amore per la musica, specie quella classica e il tango: «Un porteño che non balla il tango non è porteño».
È stata la prima volta di un Pontefice ospite di un talk show televisivo fra i più popolari della tv italiana: spesso anche piuttosto irriverente nei confronti delle istituzioni in generale, vertici ecclesiastici compresi. Fino a qualche anno fa il cardinale Camillo Ruini, storico presidente della Conferenza episcopale italiana, alias Eminence, era una presenza fissa nei monologhi al vetriolo della comica Luciana Littizzetto.
Ma l’ospitata rappresenta anche una tappa ulteriore di quel processo di umanizzazione del pontificato voluto fortemente da Bergoglio che ha individuato nel camminare insieme, e nel dialogo aperto con tutti (ricordiamo quello con Eugenio Scalfari) i dardi portanti del suo ministero petrino.
Furiosi i cattolici tradizionalisti che, con la consueta sassaiola mediatica del giorno dopo, da qualche “portale” web, l’accusano di secolarizzazione e di desacralizzare il papato. Ma Francesco ha voluto scegliere il contesto popolare della progressista RaiTre, desacralizzando la figura di un pontificato troppo “ingessato”. In fondo non poteva che andare da Fazio, perché lo stile consolidato del presentatore è palesemente il più adatto a una presenza televisiva di questo papa. Ma non è solo una questione di approccio televisivo e di stile comunicativo. Bergoglio ha detto sì a Fazio perché Fazio, soprattutto negli ultimissimi anni, ha più volte affrontato argomenti di ampio respiro sociale e culturale (oltreché politico, nell’accezione migliore del termine) proprio prendendo le mosse dalle posizioni espresse da Francesco nel corso del suo settennato.
In margine alla trasmissione, credo che siamo in molti ad avvertire il bisogno di essere accompagnati da persone carismatiche che scendano al nostro livello, si mescolino a noi, dandoci dei buoni consigli e sottolineando sempre e comunque di essere uomini come gli altri. Queste posizioni aprono le porte ad altri pensieri: in questo momento, così difficile, stremati da più di due anni di pandemia e di crisi economica, a cui si accompagna una crisi dei legami sociali e delle istituzioni, come le scuole e gli ospedali, dalle quali dipende il futuro della nostra vita, vorremmo sentirci dire soltanto parole umane di incoraggiamento. Vorremmo che la Chiesa si presentasse non tanto come una copia migliore della società in cui viviamo, ma che ci restituisse il rapporto con quella forza misteriosa che è il sacro: un sacro che non incuta timore né pretenda rispetto e venerazione, ma che abiti qui tra noi, sulla terra e non in un cielo lontano e indefinito.
Mi piace sottolineare una frase che Fazio gli ha ricordato: «Un uomo può guardare un altro uomo dall’alto in basso solo quando lo aiuta a rialzarsi». Nella società, ha replicato Francesco, «vediamo quante volte si guardano gli altri dall’alto in basso per dominarli e non per aiutarli a rialzarsi. Invece questo gesto è lecito soltanto a rischio di cadere anch’io, per fare un gesto nobile: “Alzati fratello, alzati sorella”. Altri sguardi dall’alto in basso sarebbero di dominazione, e questo non va bene».
Il vertice raggiunto da Francesco è stato quando ha spiegato agli italiani in poltrona, a casa loro, in una tranquilla serata domenicale, che essere perdonati è un diritto umano. Dio non condanna, perdona chi glielo chiede. Dio non manda all’inferno, ma ci fa rialzare. Questo è il senso della sua idea di Dio, della sua idea di misericordia. Dio è onnipotente nell’amore, ha detto Francesco, poi ci lascia liberi, e in questa libertà nascono anche gli errori, le colpe, le sopraffazioni.
I custodi della sacralità del papa, inteso come un semi-dio, lontano e distante, inaccessibile a noi, certamente avranno da ridire! Comunque, per circa un’ora il Vangelo è tornato a vivere in immagini e parole semplici, in fatti presi dalla quotidianità che hanno toccato gli animi di tanti, senza astrazioni o elucubrazioni riservate a pochi.
Il Papa tedesco lo chiamava “relativismo”. Va bene così. Anche il Papa è figlio.. pardon.. è nonno dei tempi.