Amici. Non li vedevo da anni, alcuni da decenni. Ma, amici. Strana realtà, potente fascino di una parola, incantesimo che strega e lega, con nodi che non vincolano e legami invisibili di libertà.
“Ciao! Come va? Raccontami di te”.
“Ciao! Tutto bene? Tu?”
“Tutto bene, grazie. I figli crescono, gli anni passano, ma ci difendiamo”.
“È così anche per me”…
Un film già visto, al quale anche tu tante volte hai partecipato, ma proprio per questo sai che è un film autentico. Chi vi recita, sa di farlo senza fingere. Chi fingesse, saprebbe di essere fuori luogo, senza parte.
C’è un copione da rispettare, quando si è amici. È un copione fatto di allegria, abbracci, scherzi, bevute. Ma anche di silenzi solidali, di presenze efficaci, di spalla contro spalla.
Gli amici sono così. O non sono amici.
Parte la musica. Mi strappano alle mie manie da pensatore e la quadriglia prende il sopravvento.
“E cu lu pil’! E senza pil! E cu lu pil’! E senza pil! E senza pil! E ball’insé!”.
Il capodanza detta le mosse e noi ci lanciamo sorridenti in volteggi che svoltano le nostre esistenze, liberandole dalla stanchezza, dalla noia, dalla solitudine.
Poi è la volta della pizzica. E la musica si fa assordante, il ritmo onirico, capace di possederti, di scagliarti in una danza che sembra senza fine, ma ti sfinisce: proprio come l’esistenza. Grondante di sudore, vorresti non fermarti mai, ma il ritmo va più forte di te e, prima o poi, devi lasciare il cerchio.
Ancora sorrisi. Ancora brindisi. E poi spezzoni di storia. L’amico che ha perso da ragazzo il padre, smarrendo il tempo della spensieratezza, l’amico che deve fare da badante ai suoi, anziani e malati. L’amico che ha un matrimonio naufragato alle spalle e ancora tanta voglia d’amare, proprio come l’amico felicemente sposato. L’amico che vive a mille chilometri dal luogo in cui è nato e che è lacerato dalla nostalgia: la stessa che attanaglia l’amico che non è partito mai. L’amico che ha fatto carriera e quasi prova pudore a parlarne davanti all’amico precario. Ancora sorrisi. Ancora brindisi.
“L’anno prossimo dobbiamo ripetere!”
“Per forza!”
“Per forza!”
“Non c’è dubbio!”
“Sì! Non c’è dubbio…”
Il dubbio, in realtà, rimane. Perché la vita scorre via e non chiede il permesso. L’anno prossimo qualcuno non ci sarà. Sarà sceso alla fermata o l’avranno bloccato ai box. Magari l’anno prossimo non si farà neanche oppure non avrò voglia di venirci.
Ma di certo non sarà la stessa cosa.
Perché non è mai la stessa cosa ed Eraclito aveva ragione. Il tempo passa. Noi viviamo e moriamo un poco ogni giorno.
Ma è così bello questo gioco! Finché dura, finché l’arbitro non fischia la fine, è bello correre dietro alla palla, con la gioia di colpirla ancora.
“I miei figli dicono che non capiscono proprio perché si dovrebbe riordinare il letto, al mattino: tanto poi toccherà disfarlo” – “È la stessa cosa che dicono i miei!” – “Anche i miei!”
Già. Perché riordinare ciò che sarà dismesso? Perché rifare sempre da capo ciò che avrà fine?
Perché è bello. Tutto qui.
Proprio come gli amici.
Avete una risposta migliore?