aut caesar aut nihil

L’ambizione. Alcuni ci hanno scribacchiato e parlottato su, qualcuno è vissuto anche nella venerazione del suo nome, altri ancora l’hanno sconfessata.

L’ultima comparsa l’ha fatta proprio Papa Francesco, deciso sostenitore di una vita sobria e lontana da indomabili smanie: «Di fronte a gente che briga per ottenere il potere e il successo i discepoli sono chiamati a fare il contrario. Incompatibilità tra ambizioni, arrivismi e sequela di Cristo; incompatibilità tra onori, successo, fama, trionfi terreni e la logica di Cristo crocifisso».

Uno delle leggendarie figure, figlie della massima aspirazione, però, non può che essere Giulio Cesare. Si racconta che il dittatore più grande di tutti i tempi abbia sostenuto di preferire, con lucida nettezza, di esser primo sia pure in un villaggio delle Alpi che secondo in Roma.

Allo stesso padre dei dodici Cesari è attribuito il motto aut Caesar aut nihil, coniato prima da Ladislao d’Angiò-Durazzo (1376-1414) e in seguito abbracciato da Cesare Borgia (1475-1507). “O Cesare o niente”, come a dire: «Il secondo è solo il primo tra gli ultimi».

Il desiderio, la bramosia di primeggiare a tutti i costi, la ossessiva e maniacale ricerca del potere, tuttavia, caratterizzano le vite di molti illustri personaggi fino ai nostri giorni. Basti pensare che il padre di W.A. Mozart, Leopold, in una missiva del febbraio 1778, in un estremo e autorevole tentativo di persuaderlo a recidere la sua storia con la cantante Aloysia Weber, scrisse a sua volta al figlio: «Aut Caesar aut nihil». Soltanto in questo modo avrebbe potuto spendersi totalmente nella sua carriera e ripagare i sacrifici sostenuti dalla sua famiglia.

“ O Cesare, o niente”, lo sapeva anche il celebre filosofo Søren Kierkegaard. In una delle sue più grandi opere, La malattia mortale (1849), il pensatore danese spiega che ognuno di noi incarna la figura del disperato, colui insomma che volendo essere Cesare in tutto e per tutto, in realtà, si ritrova primo in niente, essendo sé stesso e non potendo persino esserlo nel profondo e pieno sviluppo delle proprie abilità.

Benedetta e maledettissima ambizione, ci verrebbe da dire! Incoraggiatrice dei nostri più alti risultati, in alcuni casi si nasconde dietro intramontabili sogni, in altri ci apre la via verso il baratro più profondo.

Un bene o un male? Ai posteri l’ardua sentenza.