Siamo in guerra ed il fronte è all’art.18. I sindacati, Cgil in testa, si giocano la faccia e qualcos’altro su questo tema, mentre il Governo tiene fermi i suoi propositi di riforma o controriforma. Ma in questo scontro tra i presunti cirenei del nostro futuro non c’è spazio per la voce delle persone comuni; di coloro che non hanno tessere di partito, di sindacato, di corporazioni, di lobby varie. Fin quando è lecito assistere impotenti ad una lotta che si preannuncia lunga, e che certamente lascerà diverse macerie e forse ferite insanabili nella nostra storia? In questa lotta alla quale partecipano con un ruolo non secondario i media e gli intellettuali, schierati ciascuno secondo le proprie appartenenze politiche e di convenienza, sentiamo il riverbero di frasi minacciose per un avvenire oscuro e drammatico, sia nella opzione-conferma dell’art.18, che nel caso di annullamento. La Storia ci ha ampiamente insegnato che nessun progresso civile, nessun benessere, nessuno sviluppo si possono realizzare senza un corrispondente periodo di pace politica e militare che sia.
Si preannunciano da ambo le parti contendenti fulmini e saette sui lavoratori, per un futuro già nero e che potrebbe portare al disastro. Ma nessuno, ed è ciò che vorremmo, si è preoccupato di fare un’analisi ragionata e coerente su questo problema, indicando, così come si fa nei programmi degni di questo nome, i lati negativi e positivi e cercando di individuare la via più conveniente per rimanere aggrappati a questa economia, a questa Europa, a questo regime liberistico, nel quale bene o male abbiamo scelto di vivere.
“In realtà sia Renzi, sia la Camusso non parlano alla ‘terza piazza’, quella che non è mai stata protetta dall’articolo 18, quella che non avrà mai ammortizzatori sociali adeguati e un sostegno universale al reddito dall’ex sindaco di Firenze. È per garantire un futuro al paese, che questa terza piazza per ora invisibile e silente deve tornare al centro del nostro dibattito e della nostra azione sociale e politica. Questo perché quella piazza include la maggior parte di quelli che portano avanti il paese pur essendo ogni giorno colpiti dal sistema, o ancora più semplicemente perché quella piazza, quella maggioranza, siamo noi”: così E.Farragina ne “Il fatto quotidiano” del 25 ottobre scorso.
Ad oggi, si discute solo sulla base di concetti, preconcetti, frammenti di analisi, ipotesi di ricadute, gradimento dei mercati, pressioni delle parti politiche, ma nulla e nessuno ci spiega la vera natura della riforma e dell’opposizione ad essa.
Da “Repubblica” del 26 ottobre u.s.: “L’art.18 sta in una legge del 1970 (lo Statuto dei lavoratori) pensare di applicarlo ora è come possedere un i-phone e tentare di metterci un gettone”.
Assistiamo impotenti a questo eterno conflitto di potere nel potere, di difesa ad oltranza delle posizioni rappresentate dai propri interessi e diritti ad ogni costo, mentre la ragione dovrebbe condurre gli uomini a lavorare per uno stesso obiettivo: nel nostro caso, il lavoro ed un minimo di benessere.
Già a settembre, dal suo blog, il leader M5S, B. Grillo: “I lavoratori si sono guadagnati diritti minimi con decenni di lotte, non li cederanno alla massoneria o alle banche”.
È mai possibile che in questo Paese, che si vanta della sua lunga ed antica tradizione democrazia, che impone il dialogo agli altri, che ritiene di essere tra quelli civili, non vi sia tale concreta predisposizione e che, quando tocca a noi agire, saltino tutte le buone intenzioni?
È tollerabile che gli intellettuali debbano sempre in ogni occasione fare gli “intellettuali” e sentenziare senza concretezza, mentre potrebbero assolvere al compito storico di indicare la via più realistica per uscire dalla crisi?
Si scava per trovare scheletri nell’armadio delle altrui convinzioni. Scrive la Cgil sul suo sito: «L’iscrizione alla Cgil è il presupposto per potersi avvalere dell’assistenza del nostro ufficio vertenze e legale. Al lavoratore si chiede il versamento di un contributo di solidarietà calcolato sulle somme incassate grazie all’intervento del nostro ufficio. Le percentuali applicate differiscono anche in relazione alla data di iscrizione alla Cgil».
Ti comunicano il licenziamento, che fai? Chiedi aiuto a un patronato sindacale, o a un ufficio vertenze di un sindacato per cercare un accordo con l’azienda, o per portarla in tribunale. Il sindacato, come prima cosa, chiede l’iscrizione. Nel caso della Cgil il «costo tessera all’apertura della pratica» consiste in 100 euro. Poi le percentuali per la consulenza, che nel caso di un nuovo iscritto sono del 10% per vertenze fino a 10mila euro di valore, e scendono al 4% se l’indennizzo al lavoratore supera i 20mila euro” (da “il Giornale” del 2/10/2014).
Ma noi cosa ci aspettiamo da questo scontro? Forse sogniamo un atteggiamento, da parte di tutti gli attori di questo grande ed infinito talk show, per una volta almeno concentrato sul bene comune. Una svolta nelle coscienze che finalmente ricordi, a chi siede nei posti chiave del Paese, che il potere non è finalizzato alla sua stessa sopravvivenza, ma, come dicevano i grandi uomini del secolo scorso, è solo e semplicemente “servizio”.

Aldo Tota


[Foto: www.ragusanews.com ]