Sempre c’attorno s’arrangi il vento…

a rosolar profumi,

ricordo di terra… il mare giallo e vivo di grano,

e ancor più vispo d’antichissime specie

a raccontar di rari costumi.

 

Dirimpetto vedo …un azzurrissimo mare,

e qui di casa a difendersi

e ad abitar di strade e vicoli chiusi attorno,

e ancor di centro a notar

una splendida Chiesa

o un’alta Cattedrale.

 

Mediterranea luce, buttata in pasto…

su piatti eterni e tavole imbandite di gran gusto,

traballanti trabucchi esposti…

a pescar di pesci,

e frutti poi d’ogni campo e tempo e necessità,

sicché d’Ermes in nuovo, s’apriranno gli ormeggi.

 

Di lì in alto, tra roverella e farnia e boschi, e fauna piena,

questo ed altro celebrò Federico e il suo falco,

d’uno e d’altri castelli avvolti tra nebbie e sole e stupore

a guardar di stelle e incanto,

al grido di Francia e chi vi giungea a Corte,

e poi di Peucezia luna

a ballar di foco

una tempesta di musica

sittal di Grecia e Japigia sede,

come d’un canto di uomini e leggende

di filosofi parlando a un tavol riuniti,

e ancor mi fa specie…

le eroiche gesta

di guerra e sangue

di codesti popoli

di altissimo valore e ingegno;

come di trulli costruiti in fretta

per evitar soprusi e aver case e loco

in riparo di tutto.

 

Questa è a chi la vede, in  magnifica sede,

la nobilterra di Apulia.

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