
Un tuffo nell’azzurro…
Il sole, languido, s’inerpica nell’azzurro cielo, solcato allegramente da simpatiche nuvolette vaganti. Più in basso drappelli di rondini volteggiano con piroette e guizzi improvvisi, mentre stormi di gabbiani fanno ritorno dalla vicina discarica, ingozzati a dismisura di scarti di cibo, un tempo aulenti e gustosi.
Al volante della mia minuscola vettura, verde come un prato primaverile, mi dirigo verso il mare, dopo aver lavorato al computer con file riempite di numeri, grafici, calcoli, giornate lavorative, paghe, versamenti da effettuare, commesse. Scartoffie!
Basta, per oggi! Ciao Nicola, Antonia, Michele. Ciao computer. Ciao, deliziosa poltroncina, ciao simpatica scrivania Coralmente, persone e cose rispondono… ciao Angela, ciao, amica nostra, a domani.
Traffico convulso, come sempre, aria fetida, massaie di corsa, testa in giù, sportine per la spesa piene di arance, rape, cipolle, pane, pasta e… cibo spazzatura. Pensieri rivolti ai figli nei banchi della scuola, ai mariti nelle botteghe o in campagna, alle incognite del futuro.
Passo davanti ad Eraclio, lo saluto, mi risponde, adagiando per terra la croce e la palla. Il gigante di bronzo abbandona la posa ieratica, scende dal piedistallo, mi viene incontro cordialmente, mi stringe la mano, sorride, mi abbraccia con delicatezza. I nostri cuori battono, lui è caldo, come il “Principe felice” di Oscar Wilde.
Anziani addossati al nero tubolare che cinge brutalmente la Basilica del Sepolcro. Occhi rivolti al passato, visi bendati, paure nell’anima e nel corpo, languono in attesa che i cipressi tenebrosi, stormendo, li invitino a riposare ai loro piedi nella grassa terra, intrisa di gioie e sofferenze.
Ragazze piene di vita ed allegria ai tavolini del bar. Raccontando amenità e frivolezze, ridono a crepapelle. Più in là, signori elegantemente vestiti, immersi nei loro affari. Mascherine sui visi dappertutto. Anche nei cestini dei rifiuti e per terra. Persino pianticelle spontanee per paura del Covid se le infilano.
Costeggio l’aiuola spartitraffico, illeggiadrita da palme, ligustri, e oleandri verdeggianti, ma trascurata dagli uomini, incuranti dei terpeni. Parcheggio. Il Mare! “Talassa! Talassa!” direbbe Senofonte. Eccomi, finalmente all’aria aperta. I miei polmoni si dilatano. Il cuore si rasserena. Mi rigenero, rinasco.
Mi tolgo le scarpe, sfilo le calze. I piedi, nudi, mi ringraziano. Affondo nella sabbia, ma procedo faticosamente verso la battigia. Il viso gode per la frescura. La sciarpa colorata svolazza. I capelli, spettinati, banderuole al vento, esclamano a gran voce la loro felicità, la mia.
Caracollo. Eccomi arrivata! Alla mia sinistra, la lunga scogliera. I suoi macigni calcarei incrostati di salsedine, ripetutamente lambiti, accarezzati, battuti da onde affettuose che si strusciano sensualmente. Scrosci d’acqua che sale e scende, si allontana e ritorna. Un gioco perenne.
A metà del molo sporge il trabucco, nuovo di zecca, da poco rifatto con legname che ancora profuma di linfa. All’estremità, avvolto in una luce opalescente …il faro rosso. Gagliardo, agognato nella notte, ammaliatore di barche e navi.
Alla destra, a chilometri di distanza la sagoma del Monastero di Santa Maria di Colonna, avvolta nella foschia. Emerge dall’acqua sull’omonima penisola.
In aperto mare, molto lontano vele colorate di giallo, mancanti di scafo, ondeggiano, rollando e beccheggiando. Vita a bordo, fatica e pericoli sempre in agguato, anche con la bonaccia.
All’orizzonte il Gargano, oggi in tuta mimetica. Un tempo un manto di verde lo ricopriva interamente.
Profumi salmastri, aerosol volteggiano nell’aria. Mi inebrio.
L’acqua della risacca rinfresca i miei piedi, li lava, li accarezza. Le spumeggianti onde, da cui nacque Venere, avanzano, si rincorrono fino rotolare e svanire nell’umida sabbia.
Il mio sguardo s’incanta, fa dei passi, sfiora il nocciola del trasparente fondo marino, scivola nel timido ceruleo, tremolante di lucciole. Sosta, assaporando le delicate sfumature. Riprende a navigare, raggiunge il profondo azzurro, accarezza il turchese, simbolo di libertà, giocosità, assenza di paura e … sprofonda, inabissandosi, nel rasserenante verde. Il verde, il colore degli occhi di mio padre! Il mio grande paparino! Nitidi ricordi, dolcissimi, sogno!
Che incanto! Ti amo, mare. Sei tutto mio. Quando ti vedo, mi trasmetti serenità, gioia di vivere, amore. Mi porti a spasso. Mano nella mano procediamo come due fidanzati per incommensurabili spazi, liberi, incontaminati.
Nuoto, mi immergo, vado sott’acqua, raccolgo vongole, ricci e tartufi. I pesci guizzanti mi sfiorano. Annuso i tuoi profumi, mi inebrio dei tuoi colori. Entri nelle mie orecchie, invadi la bocca, mi baci, mi accarezzi. Mi lascio andare, galleggio, facciano capriole. Abbracciamoci ancora, mare mio. Fino a delirare. Mi crogiolo nelle tue braccia. Sono felice. Immensamente. Leggiadra sensualità!
Grazie, amore mio. Ti concedi completamente, senza chiedermi nulla. Sei un maestro di vita! Devo andare via. Pensami, non ti scordar di me.
Intanto esco dall’acqua, torno sulla battigia. Comincio ad allontanarmi. La mia mano destra, poi anche la sinistra svolazzano. Ciao, mare mio, a domani. Un caldo bacio parte dalle mie labbra.
Ora posso tornare con maggiore fiducia alle mie fatiche domestiche, a dare una mano a chi ne ha bisogno, ad innaffiare le piante della veranda, ad ascoltare le canzoni preferite, a leggere il mio quotidiano, a sfogliare i miei libri, a salutare i miei figli, il vispo nipotino e quello in arrivo, a sedermi a tavola e gustare un pasto frugale fatto di amaranto spontaneo e ceci biologici conditi con olio degli ulivi, messi a dimora dai miei antenati.
Intanto si affaccia un sogno. Mare, ti dipingo, intingendo il pennello nei colori delle tue acque. Che quadro incantevole, pregno del tuo sangue! Scrivo di te, bagnando la penna nella soffice schiuma, e la poesia che sorge, trasporta dal vento, per pianure verdeggianti, montagne innevate, città invivibili, si dilegua per addolcire i cuori, anche quelli indifferenti e duri.
Raggiungo a malincuore il marciapiede, vorrei rimanere ancora …ancora …ancora, ma devo proprio andare! Rimetto le scarpe, cammino lentamente verso il nero asfalto, il grigio cemento. Rieccomi al volante. Mi giro a destra e …ciao, mare, a domani. Occhi umidi. Grazie ancora, amore mio! Per la vita e …oltre.
Più che un articolo, sembra un saggio. Durante la lettura mi é sembrato di essere anch’io
coinvolto con e nel mare ,anche se ci vorranno ancora tanti mesi per riabbracciarlo.
Grazie Mimmo.