Con il patrocinio dell’assessorato alla bellezza del Comune di Andria, retto da Daniela Di Bari, il Food Policy Hub mira a comprendere le istanze cittadine che riguardano il tema dell’alimentazione e della produzione agroalimentare e metterle a sistema per cercare risposte più tempestive e mirate. I temi sono quelli all’ordine del giorno, più o meno approfonditi/declinati e basati su azioni direi ormai urgenti: promozione di stili sani e sostenibili di consumo alimentare, valorizzazione dell’agricoltura urbana e dell’orticoltura sociale, contrasto agli sprechi, promozione del confronto attivo tra cittadinanza ed amministrazione pubblica. A parlarcene è Nicola Fattibene, Food Policy Manager del progetto “Andria Food Policy Hub”.

Ciao, Nicola. Qual è la mission del Food Policy Hub?

Oggi viviamo in un contesto sempre più complesso e disgregato in cui bisogna far fronte a problematiche sfidanti e alle quali non possiamo più rispondere con gli strumenti cui siamo abituati. Il Food Policy Hub mira a comprendere le istanze cittadine che riguardano il tema dell’alimentazione e della produzione agroalimentare e metterle a sistema per cercare risposte più tempestive e mirate. I temi sono quelli all’ordine del giorno, più o meno approfonditi/declinati e basati su azioni direi ormai urgenti: promozione di stili sani e sostenibili di consumo alimentare, valorizzazione dell’agricoltura urbana e dell’orticoltura sociale, contrasto agli sprechi, promozione del confronto attivo tra cittadinanza ed amministrazione pubblica. Andria è pioniera a livello regionale in quanto, ad oggi, poche città della nostra dimensione hanno deciso di investire su questi temi in maniera aggregata, anche se le sfide sono molte. Le “azioni” di cui si è parlato non si basano su problemi nuovi: ben conosciamo, ad esempio, l’urgenza di contrastare gli sprechi alimentari e ridurre l’impatto ambientale delle nostre scelte quotidiane. L’affrontare questi problemi in modo sistemico e attraverso il confronto tra istituzioni e popolazione mette Andria tra le città capofila in tutto il Sud Italia. Il Food Hub è lo strumento con il quale facilitare queste azioni “aggregate”, che in questo modo diventano “politiche locali del cibo” (food policies, all’inglese).

Sarebbe corretto considerare questo progetto “un facilitatore culturale multidisciplinare”?

Il Food Hub tiene moltissimo alla dimensione Culturale delle proprie iniziative. Non per niente il processo è partito dalla volontà dell’Assessorato alla Bellezza. La cultura è il mezzo principe per elaborare e diffondere soluzioni ai problemi “alimentari” più o meno noti. Per l’Hub la cultura non va intesa in modo cattedratico ma, anzi, è fondamentale declinare tutte le attività sulle esigenze reali della società. Facilitare cambiamenti, ambientali, sociali oltre che economici, presuppone anche una multidisciplinarietà di approccio che mira a colmare le eventuali criticità che si possono incontrare nel percorso. Se è vero che i temi sono scottanti e condivisi, non necessariamente possono esserlo anche gli strumenti e le risposte. Facilitare l’incontro tra le diverse istanze è la chiave per accedere a risultati duraturi e in grado di facilitare la coesione della comunità.

In che modo si può costruire un ponte che unisca l’attenzione per i cambiamenti climatici alla produzione alimentare sostenibile?

Rispondo in questi termini: la produzione alimentare oggi è molto diversa da quella che conoscevamo cento ma anche cinquanta anni fa. Produrre ha sempre avuto come obiettivo il fare economie e generare profitti. Una vecchia mentalità vorrebbe un impegno dedicato all’aumentare la produzione in vista del solo profitto senza una presa di coscienza delle esternalità che si generano dalle nostre scelte. Questo modello alla lunga è insostenibile sia a livello ambientale che economico e una dimostrazione la si è avuta con la crisi dell’industria dei fertilizzanti derivante dalla guerra in Ucraina. Una produzione intensiva basata su input esterni ha generato, al venir meno di un elemento (fertilizzanti), una vera e propria crisi ed un aumento di costi decisamente sostenuto. Chi, diversamente, produce in modo più sostenibile dipendendo meno da input esterni alla propria azienda, non ha subito danni così importanti. Comprendere questi fenomeni e le loro implicazioni è il ponte verso un nuovo modello di sviluppo che ha a fuoco i rischi e le possibilità di migliorare le nostre strategie di crescita. Personalmente credo che il solo modo per aumentare in modo strutturale l’attenzione verso i cambiamenti climatici sia insistere nel parlarne, cercando di approfondire criticità e possibili soluzioni, senza però cadere nella disperazione o, al contrario, in comportamenti violenti. Il cambiamento si attua giorno dopo giorno, con la consapevolezza che ogni scelta conta e che scelte sostenibili, anche piccole, se applicate da tutti possono portare grandi cambiamenti.

L’importanza del cibo determinerà ancora il processo di cittadinanza attiva?

Il cibo è e resterà sempre convivialità. Interrogarsi sul cibo è interrogarsi sul futuro delle persone e delle comunità in senso ampio. Fare la spesa in modo corretto genera una maggiore salute delle famiglie; gestire in modo corretto le filiere alimentari della città può garantire maggiore salute e benessere alla comunità intera. Questo sia dal punto di vista ambientale che sociale. Il Food Hub mira anche alla diffusione della pratica dell’orticoltura urbana che genera salute, favorisce lo stare all’aria aperta e al tempo stesso genera processi di coesione sociale anche intergenerazionale. Oggi il lavoro più grande va fatto sulle persone e sulle comunità che troppo spesso sono slegate tra loro. Noi, partendo dal cibo, possiamo ogni giorno costruire cittadinanza attiva andando a facilitare quei processi di integrazione delle risorse che la nostra terra ci offre e che spesso non siamo in grado di riconoscere ed apprezzare.

“Il cibo resta la migliore forma di diplomazia e di pace tra i popoli, nonché la miglior fonte di piacere e felicità. Siamo natura, siamo cibo, siamo energia, siamo umani” (Carlo Petrini).


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.