“la luce si fece nella sua memoria” (G. Garcia Màrquez, Cento anni di solitudine)

 

Dilagano le ragioni della vergogna di una comunità sempre più “condizionata” dalla inciviltà di molti (non saranno la maggioranza ma non sono affatto pochi), che preferisce celebrare (puerilmente) un orgoglio identitario per lo più posticcio, catalizzato (?) dalla cattiva politica di turno per coprire fallimenti altrimenti troppo palesi, troppo vistosi; tutto, in ogni caso, pur di non intraprendere un serio, profondo, “esame di coscienza”; tutto pur di non analizzare cause remote e prossime di questo fenomeno; tutto pur di galleggiare, sperando che la goliardia malata di quattro bulletti/personaggetti non trascenda; tutto pur di non affrontare la difficile strada di cercare rimedi, soluzioni, progetti di socialità alternativi (magari con l’ausilio di competenze professionali di riconosciuta qualificazione, piuttosto che i soliti compagnucci di merende da gratificare con prebende più o meno lucrose); tutto … magari un’altra bella marcetta come quella dedicata alla memoria di Lupo, il randagio ucciso tempo fa nei pressi della villa comunale.

La realtà è che l’allucinante vicenda dei giorni scorsi è solo il culmine una storia già scritta che si ripete.

Una storia che ripete se stessa nel quotidiano stillicidio di notizie/fatti che viviamo o conosciamo tramite i media/social locali: la sistematica devastazione di ogni spazio pubblico custodito o meno; la crudeltà nei confronti degli animali e altre prevaricazioni ai danni dei più deboli; le testimonianze, ora in questo ora in quel quartiere, di modalità di aggregazione, sostanzialmente violente, sottratte a qualsiasi controllo preventivo e repressivo; l’illegalità endemica della sosta selvaggia, dei rifiuti ovunque, della prevaricazione ad ogni angolo di strada (ma ce la ricordiamo la serrata “imposta” per diversi giorni agli esercizi commerciali locali nel gennaio del 2014 ?)

Una storia già scritta. Consapevole di quanto risulti impopolare (poco male) chi, come fra’ Cristoforo, eleva il “ditino” ammonitore (verrà un giorno/l’avevo detto io), ricordo (anzi torno a ricordare) che tra il marzo 2008 e il maggio 2009 fu condotta una ricerca presso gli studenti andriesi di età compresa tra i 14 e i 19. Furono erogati ben 3186 questionari con 64 domande a risposta multipla incentrate sul tema. Aderirono tutte le scuole superiori di secondo grado, ad eccezione del Liceo Classico Carlo Troya. L’enorme mole di dati raccolti venne analizzata anche con l’ausilio di un programma di elaborazione statistica. Scienza sociale, non esatta, non dura, ma pur sempre scienza o perlomeno metodo scientifico, quindi risultati comparabili, verificabili, ripetibili e … “profetici”. Le conclusioni del lavoro segnalavano che il bullismo/vandalismo è diffusissimo presso la popolazione studentesca delle scuole superiori di secondo grado locali; a seconda delle voci, si registrava uno spread imponente mai inferiore al 15 %. La ricerca accertava, soprattutto, che il bullismo/vandalismo dei giovani studenti delle scuole andriesi si consuma prevalentemente on the road. Per questo nei paper con i quali furono presentati i risultati dei test si parlava di street crime (una specificità tutta locale rispetto al panorama nazionale, dove la sede prevalente del bullismo è la scuola).

Affido le conclusioni al lettore che vorrà interrogarsi sulle (molteplici) ragioni per le quali un’indagine così accurata e allarmante è stata trascurata, anzi, addirittura rimossa dal dibattito pubblico locale (al fondo – credo – sono le stesse che alimentano il degrado morale e civile della nostra comunità), gli altri si godano pure una città che diventa ogni giorno più invivibile (soprattutto per chi, a fatica, con rigore ma senza rigorismi, cerca di comportarsi con educazione, rispetto e civiltà).

 


3 COMMENTI

  1. Mai nessuno era stato così chiaro! Mai nessuno ha ammesso la realtà! Sono pochi quelli che si rifiutano di fare gli struzzi, oltretutto non ascoltati ed anche osteggiati. Mi compiaccio con l’avv. Losappio, un altro non andriese che nonostante tutto cerca in qualche maniera di “salvare” Andria!

  2. Certamente l’analisi dell’indagine condotta sul bullismo avrebbe potuto o potrebbe evidenziare ulteriori ed inquietanti risvolti su un fenomeno, ormai macroscopico, che il contributo di Giuseppe Losappio sottopone all’attenzione dell’intera collettività. In altri termini la diagnosi della malattia, un vero e proprio cancro sociale, è tracciata. Quale la terapia? Personalmente non sono in grado di fornire una risposta all’infuori di quelle ovvie e generiche che si formulano: la responsabilità della famiglia e delle scuola, l’inefficienza delle Istituzioni, ecc…

  3. L’analisi è puntuale ed esatta, ma mi permetto di aggiungere un elemento trascurato che favorisce i tanti episodi di bullismo e vandalismo: il consumo di bevande alcoliche. Se non si affronta questo problema, che crea tanti disagi personali, familiari e sociali, in modo creativo e alternativo al dilagare dell’impiego del tempo libero in modo insulso e disimpegnato, avremo sempre questi problemi. “Luchino” per una birra si presta a questo linciaggio e i ragazzi ne approfittano, perché anche loro sono sotto effetto delle bevande alcoliche che accentua la loro bestialità. Quando si vuol informare sull’alcol e sui problemi alcol correlati, anche gli adulti mettono avanti le loro resistenze, ma gli effetti della disinformazione crea sempre più vittime che vengono emarginate.

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