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11 febbraio, Lourdes…

Sono andata a Lourdes una sola volta. E neanche volentieri  perché, nel mio essere ottuso, ritenevo che il posto meglio associato alla sofferenza umana mi desse ulteriore patimento. Non ne avevo bisogno,  come nessuno su questa terra, oggi e sempre.

Sprovvista di aspettative e di speranze di miracoli di qualsiasi forma o natura, era un andare e basta e forse, ad oggi, ritengo fosse la migliore aspettativa: non averne.

Confusa dal brulicare delle tante persone che vociavano, si muovevano in massa, stordita dai mille negozietti di oggetti sacri e meno, continuavo a brancolare.

Bello però il paesino dove la giovanissima Bernardette era vissuta, le case coi tetti, il fiume ansante e ameno. Quanta natura ancora si imponeva! Alla grotta arrivai correndo non per inquietudine  ma per naturale declivio del terreno. È uno scendere veloce, tra stradine, in mezzo a fiumi di gente. Le mille e mille carrozzine cominciarono a sparire ai miei occhi, la prima paura e cioè non voler vedere la sofferenza altrui era rimossa. Non vedevo niente e nessuno presa com’ero da un ego immenso e in esso proprio nasceva solo una strana sensazione.

Feci ciò che bisogna fare in un santuario Mariano e segui le varie celebrazioni.  Ancora quella sensazione, più forte. Mi concessi giri da turista, chiacchiere in un rimasuglio di francese, sorrisi alla bellissima gioventù che a sera mollava le carrozzelle, brandiva chitarre e si riversava nei pub a bere birra e cantare. Andavo a letto nella stessa disposizione di spirito.

Ovunque stessi, qualsiasi cosa facessi mi tornava  sempre quella stranezza e ogni tanto mi fermavo a cercare di darle un nome.

Fu quando la vacanza vestita da pellegrinaggio si concluse che divenne chiara.

Ero in autobus, bagagli caricati, souvenir presi, pronta o non pronta al rientro. Le ruote del mezzo si mossero e io sentii uno strappo violento nelle pieghe dell’animo. Mi girai di scatto e capii che mi stavo allontanando.

C’erano voluti quattro giorni o meglio anni…

In quella grotta ai piedi del paesino e delle nere montagne quasi spagnole qualcosa c’è. Facile dirlo da credente. lo affermo e basta.  Non ho visto gente guarire.  Mi sono sentita semplicemente attratta da occhi che mi scrutavano ovunque stessi, da una luce vera, indescrivibile.

Anche adesso a distanza di anni e con le mille difficoltà del quotidiano, la calamita in terra di Francia mi arriva. Il ricordo è dolcissimo, la speranza pure.

Una grotta con una statua, il rumore dell’acqua che sempre scorre e due occhi di fuoco che guardano dove nessuno può.

Andata per vedere, ero stata vista.