Avere l’umiltà di essere un purosangue e trascinare l’aratro

Ho sempre pensato che impegnarsi in tante cose, l’essere in mille faccende affaccendato, fosse segno di energia e vitalità.

Mi sono, in parte, ricreduto.

Sia chiaro, l’azione è sempre preferibile all’accidioso piagnisteo, ma accelerare, purtroppo, è, a volte, sintomo di profonda depressione, dell’incapacità di concedersi un riposo cerebrale, della non volontà di fermarsi a riflettere sulla propria precaria condicio di limitata umanità.

Bisognerebbe, invece, sedersi a contemplare le creazioni di Dio, come si può ammirare la perfezione anatomica di DeLacroix, i malinconici chiaroscuri di DeChirico.

Bisognerebbe lasciarsi inebriare dal profumo della Cappella Sistina, o farsi travolgere dal caos di Klimt, avere l’umiltà di essere un purosangue e trascinare l’aratro, la dignità di essere architetto e fare il manovale.