Ricordo al liceo quando la maggior parte dei miei amici, appena compiuti i diciotto anni, si recavano “in viaggio” ad Amsterdam per godersi la vita tra coffeeshop e Heinken Experience. Mitizzavano la città dei balocchi, facendola diventare una tappa imprescindibile nel viaggio adolescenziale verso l’alternatività più omologante. Quando ci ho vissuto, però,  ho conosciuto due città che convivono parallelamente nello stesso territorio: c’è Amsterdam e c’è la colonia degli italiani, che generalmente si colloca tra piazza Dam, il Red Light district e i Coffeshop più famosi.

Ma perché ad Amsterdam si vive così bene?

Primo. È una città piccola e molto controllata. È facilmente percorribile sia a piedi che con i mezzi, estremamente puntuali e ben collegati fra di loro, anche se ci si sposta quasi sempre in bicicletta. Anzi, Amsterdam è un’enorme pista ciclabile continuamente frequentata da chiunque e con qualsiasi condizione meteorologica. Ho visto mamme accompagnare i propri figli a scuola con delle bici che trainavano dei piccoli carretti di legno. I parcheggi per le auto sono pochi, hanno dei costi esorbitanti e sono monitorati in modo tale da verificare l’effettuato pagamento del grattino. Il biglietto sul tram o sul bus si fa a tutti i costi, non c’è modo di sfuggire, e nelle corse notturne viaggia insieme al controllore un agente di polizia.

Secondo. Perché c’è verde dappertutto, gli edifici sono bassi e lo skyline raggiunge picchi alti soltanto in periferia e per pochi tratti. Quando passeggi i tuoi occhi vedono sempre il cielo, un po’ di verde e un po’ d’acqua e sei subito più rilassato. Tutti i supermercati hanno al loro interno una vasta area dedicata ai prodotti biologici. E sei molto più figo se mangi biologico, ovviamente. Così com’è figo essere anti-pollution.

Terzo. Perché c’è rispetto tra pari. I giovani sono rispettati tanto quanto gli anziani, e se non hanno voglia di studiare, fanno ancora i muratori. Perché c’è ascolto e attenzione rispetto alla crescita e alla formazione di una persona. Il bambino da piccolo è già abituato a dividersi la giornata tra scuola, studio, apprendimento di uno strumento musicale, sport e lettura. E a letto alle 8, senza tv!

Quarto. Perché c’è cura del dettaglio rispetto a qualsiasi cosa, e corsi e manuali per qualunque tipo di problema. Perché ci si prende del tempo per sé ogni giorno. Al mio padrone di casa molto spesso chiedevo come facesse a portare avanti una serie di hobbies o semplicemente come faceva a stare così rilassato mentre a casa i miei genitori erano continuamente in ansia per le troppe cose da fare. Lui ovviamente non riusciva a capire, ma ci sono arrivata da sola. Già dal liceo i ragazzi sono adulti, con proprie responsabilità e propri interessi, si va via di casa molto presto e i genitori danno completa libertà alla crescita del proprio figlio. Una volta diventati “adulti” i figli, i genitori hanno solo il lavoro a cui pensare. Alla casa ci pensano le donne di servizio. Per questo fanno corsi di lingua, leggono, viaggiano, curano il loro giardinetto, si dedicano al sociale. Tutto grazie ai soldi? Sì e no. Certamente gli stipendi giocano un ruolo importante ma è proprio nella loro mentalità l’essere liberi e lasciare che gli altri lo siano. Per questo ci sono tanti divorzi. Appena le cose non vanno bene ci si separa e per i figli non è tanto un problema visto che nella società è considerato assolutamente normale che ci si separi. Ho conosciuto persone italiane sposate con olandesi che prima del matrimonio hanno dovuto firmare un contratto prematrimoniale, così da accelerare le pratiche di divorzio in un eventuale momento di crisi futuro. Una concezione nuova del romanticismo.

Quinto. Perché è tutto perfettamente organizzato, pulito, ordinato, curato. E questo perché la popolazione partecipa in maniera estremamente attiva al funzionamento della città e del quieto vivere.

Ho conosciuto una marea di italiani trasferitisi lì. Anzi si può dire che io abbia parlato italiano per tutto il tempo. E molto spesso mi fermavo a pensare alle loro scelte. La situazione in Italia è critica, siamo tutti molto stanchi, spenti e sfiniti. Andare a vivere all’estero è purtroppo la soluzione più semplice per cercare per lo meno di realizzarsi in quello per cui si è studiato per anni. Ma ci sono anche tutta una serie di obblighi (a favore dell’eco-sostenibilità) a cui inevitabilmente bisogna sottostare per essere integrato nella società ospitante. Sottolineo inevitabilmente perché i controlli delle forze dell’ordine sono molto diversi rispetto all’Italia (ho assistito a un furto di una maglietta in un negozio: il delinquente non ha fatto in tempo ad uscire dal negozio che subito sono piombate quattro pattuglie, avvertite da una commessa, e lo hanno arrestato e portato in caserma).

Se riflettiamo, però la maggior parte di questi obblighi non sono propri della cultura ospitante, in questo caso quella olandese, ma sono obblighi sociali a cui tutti dovremmo prestare particolare attenzione affinché le cose cambino davvero. C’è bisogno di andare così lontano per provare a vivere meglio? Capisco quella parte di ragazzi che vuole formarsi in ambienti diversi culturalmente per poter crescere e sperimentare. Ma tutti gli altri? Tutti quelli che sono partiti con i miei amici a diciott’anni e non sono più tornati “perché lì si vive meglio e si possono fumare le canne in santa pace”? Loro ancora mi rendono triste.

Credo che con uno sforzo maggiore le cose cambierebbero anche qui, se solo si smettesse di andare via per la moda di fare i lavoratori sottopagati e si cominciasse a lottare per la realizzazione di un progetto. Qualora ce ne fosse anche uno soltanto. Andria, per esempio, negli ultimi tempi si è ripopolata di persone che si sono formate altrove e adesso stanno cercando di ri-animare la nostra città. E la cosa ancora più bella è che stanno inculcando ai giovani delle nuove generazioni la moda di “dover fare qualcosa”, sperimentando continuamente e creando nuovi spunti culturali. Ora i muri su cui i ragazzi come me vomitavano ansie ipocondriache e nullafacenza non sono più gabbie e ostacoli, ma spigoli curiosi da studiare per creare curiosi effetti di luce.

Sono stata felice di ritornare. A Natale ho notato la nuova pista ciclabile ad Andria. Wow! Voglio essere fiduciosa e sono sicura che la prossima volta ne faranno una a doppio senso, così da piazza Catuma poi posso anche tornare a casa. Dopo tutto, bisogna pur sempre partire da qualche parte.


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Ciao a tutti! Sono Feliciana Sibilano, ho 21 anni e studio Cinese e Giapponese a Napoli. Adoro far girare la mia testa fra le bellezze del mondo, perdermi e ritrovarmi nei colori della gente. Nutro una forte sensibilità per la mia generazione, tanto da renderla soggetto di uno spettacolo teatrale andato in scena a Napoli. Con questa occasione sento di voler perdere i miei occhi insieme agli altri, moltiplicarli e renderli capaci di catturare capsule di vita pronte ad esplodere in tutta la loro freschezza. Spero di riuscirci!