La pelle della diversità

La pelle americana, la pelle umana, quei colori appena accennati e confusi nel buio della notte, una notte profonda, una notte che rimescola le carte o che, forse, le incasella al posto giusto lungo un tavolo sorretto da imprudenza, indifferenza e intolleranza.

Di “American Skin” si può dire tutto e il contrario di tutto, è il chiaroscuro che De Chirico avrebbe spinto nei ritratti indefiniti dell’uomo, la perfezione anatomica che DeLacroix avrebbe descritto basandosi sui fatti, la cronaca nera di una persona nera. Le stelle e strisce statunitensi dirimono la questione a mera rappresentanza comunitaria e cromatica. Razzismo? Ai posteri l’ardua sentenza! Nel frattempo Nate Parker, che interpreta e dirige la pellicola presentata da Spike Lee  al Festival del Cinema di Venezia, ci offre uno spaccato che il movimento #BlackLivesMatter ha portato in auge, la lotta alla disuguaglianza, un processo sommario dentro le aule della nostra coscienza.

“American Skin” non giudica vittime o colpevoli, mette sul piatto le contraddizioni di essere l’uno dalla parte dell’altro, è lo stereotipo che veste i panni dell’oggettività peccando, purtroppo, del relativismo necessario ad individuare il problema a monte, quella cima da scalare per vedersi riconosciuti i propri diritti, essere sospetti a priori e carnefici ex post.

Non sarebbe corretto non ritenersi sessisti solo perché abbiamo sposato una donna, o poco omofobi solo perché non arrechiamo danno ad un omosessuale, la diversità è biologicamente insita nelle nostre ossa, nei nostri pensieri, nella pelle che abitiamo, la difficoltà più grande è tirarla fuori. Si deve essere diversi anche nel coraggio di essere se stessi, nel non timore di ammettere che il diverso è spiazzante, ignoto, sconosciuto.

Gli occhi dei bambini mi scrutano da capo a piedi con l’elegante curiosità di chi sa affondare nel cuore lame di benevola compassione, è un gioco di anime che si baciano all’incrocio dell’esistenza, un colpo a salve nelle crepe di barriere architettoniche e mentali, è il grilletto che fa cilecca quando si vuole sterminare l’amore attraverso l’odio, è il falso terrorismo che lascia spazio alla Verità giornalistica e umana.


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.