
Il team dell’Unità Cancer Stem Cells dell’ospedale di San Pio, scopre la presenza di un gruppo specifico di 10 specie batteriche nell’intestino dei pazienti con tumore del colon retto con mutazione BRAF
Si tratta di una scoperta che apre a nuovi scenari in ambito medico, quella presente nel recente studio pubblicato sulla rivista Journal of Experimental & Clinical Cancer Research dal team di ricerca coordinato da Elena Binda, responsabile della Unità Cancer Stem Cells dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza. Tale scoperta riguarda l’individuazione di una “firma” da parte del microbiota (un insieme di batteri, in questo caso colonizzanti l’intestino) caratteristico del tumore al colon-retto, definito dalla mutazione del gene BRAF (V600E).
La biologa Binda, per l’appunto, afferma: «In questo studio abbiamo inizialmente messo a punto un nuovo modello sperimentale murino innovativo, tramite iniezione delle cellule che causano l’insorgenza dei CRC BRAFV600E, ossia le cellule staminali maligne trasformate (CSCs)»
In merito al microbiota, l’espansione di alcuni microrganismi, definibili patogeni, può forgiare il sistema infiammatorio e immunitario ed essere la causa favorente la crescita incontrollata delle cellule, agendo in favore del cancro.
In seguito all’individuazione del microbiota, è avvenuta la ricerca del suo profilo nei pazienti affetti da CRC BRAFV600Egrazie alla collaborazione di Valerio Pazienza, ricercatore dell’Unità di Gastroenterologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza e, dunque, coautore dello studio. «Abbiamo osservato che la mutazione del gene BRAFV600E orchestra uno specifico profilo di microorganismi “cattivi” che ben si associa al profilo aggressivo e letale tipico di questa neoplasia» spiega la Binda «In particolare, abbiamo messo a confronto i campioni dei portatori del gene BRAF mutato, con quelli di un secondo gruppo in cui la mutazione V600E è assente. Confrontando le frequenze dei batteri osservate nei due gruppi, abbiamo scoperto che alcune specie sono molto più frequentemente presenti nel gruppo portatore gene BRAF mutato, rispetto al gruppo in cui la mutazione V600E è assente».
L’analisi ha condotto alla distinzione di una “firma” di 10 specie microbiche: questa firma potrebbe, in ottica futura, essere adoperata per la discriminazione della presenza del gene BRAF mutato; in tal modo, si aprirebbero scenari riguardanti programmi di screening per la diagnosi non invasiva e precoce del tumore al colon-retto portatore di mutazione del gene BRAF e l’implementazione di nuove terapie sempre più personalizzate ed efficaci, meno tossiche, anche in associazione con i regimi terapeutici standard.
Terminando, Pazienza afferma: «Grazie alle nuove tecnologie di sequenziamento genetico di seconda generazione, ci è possibile sfruttare il potenziale diagnostico, prognostico e terapeutico dei trilioni di microrganismi che convivono con il corpo umano e che costituiscono il cosiddetto microbiota, a tutt’oggi ancora poco esplorato».
Con tale studio, la diagnosi precoce di un tumore molto diffuso diviene possibile. Il carcinoma al colon-retto (CRC), difatti, è la terza tipologia di tumore più diffusa ed una delle principali cause di morte per cancro. Circa il 10% dei pazienti avente il carcinoma del colon retto e i pazienti metastatici presentano mutazioni di BRAF. Queste mutazioni causano forme tumorali con prognosi più grave, per le quali le terapie sono meno efficaci.
I finanziamenti dell’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (AIRC) rappresentano un altro fattore che ha reso possibile tale ricerca, ricordando che ad essa vi hanno partecipato anche – sempre all’interno di Casa Sollievo della Sofferenza – l’unità di Chirurgia Addominale, diretta da Francesca Bazzocchi e quella di Oncologia con il medico Tiziana Latiano.