“Questo percorso si è rivelato un’esperienza unica, in quanto ha consentito di creare un film che potesse parlare di tematiche molto attuali”

Lo scorso articolo ha riportato l’esperienza di Giovanni Cicco, studente del liceo scientifico “Riccardo Nuzzi” di Andria. Il corso di cinema ha travolto nel vortice creativo anche gli altri componenti del gruppo. Viviamo da vicino la loro esperienza:

“Mi chiamo Federica Suriano e frequento la classe quarta presso il Liceo Classico “Carlo Troya” di Andria. L’esperienza del corso di cinema è stata una delle esperienze più significative della mia adolescenza perché ho compreso cosa c’è dietro un film: una catena di persone che collaborano per realizzare un progetto artistico comune, un progetto che per me è stato un vero e proprio lavoro catartico. Adesso quando guardo un film penso a tutte le inquadrature fatte per realizzare una determinata scena, a coloro che hanno scritto la sceneggiatura, a chi si è occupato della scenografia, alle varie modifiche riguardanti il suono e la luce… In altri termini ho scoperto un mondo segreto che si nasconde nell’ombra dell’Arte, un mondo a cui nessuno fa caso.

Personalmente ho collaborato per la seconda stesura della sceneggiatura. Inizialmente è stato molto difficile pensare a delle battute efficaci e adatte alla storia, ma poi è arrivata la notte e con essa anche le idee migliori. Questo corso di cinema mi ha insegnato a lavorare insieme agli altri, senza presunzione. Ho imparato a mettermi in discussione e ad apprezzare persone come Riccardo Cannone, il quale ci ha trasmesso non solo la passione per il cinema, ma anche il rigore della professionalità. Ho imparato ad essere parte di una responsabilità collettiva. Ad esempio quando qualcuno di noi arrivava in ritardo non potevamo girare la scena e dovevamo purtroppo posticipare le riprese aspettando l’arrivo del ritardatario. Agostino di Ippona diceva :”Non si può amare l’Amore, se non si ama chi ama”.  In una società dove la maggior parte della gente ritiene di essere credente, è importante sottolineare che non si può amare Dio, se prima non si ama l’uomo. Ecco, il film ‘Ferita di parola’ racconta la storia di persone che non amano e che non rispettano gli altri. Questo ovviamente accade tutti i giorni nel nostro mondo. Vi lascio con una riflessione: come possiamo ritenerci Uomini se non siamo capaci di rispetto e amore?

Ferita di Parola potrebbe essere, secondo me, una delle vie per riflettere al meglio”.

“Sono Ilaria Zaccaro, studentessa del quarto anno presso il liceo classico “Carlo Troya” di Andria. Insieme ai miei compagni, anche loro provenienti dallo stesso istituto, sono stata catapultata in questo nuovo “mondo”, quello del cinema, a partire da gennaio. È stata un’esperienza bellissima, qualcosa che mai avrei immaginato di fare. Ha migliorato soprattutto la nostra formazione, non solo come studenti ma anche e molto più come persone. Non si parla semplicemente di girare un film. Spesso, erroneamente, guardando un film in televisione o al cinema si potrebbe pensare che girare un film sia come uno schiocco di dita, un’azione cioè che in un solo istante termina la sua durata di realizzazione. Ebbene no, la produzione di un film significa veramente fare gruppo: partendo dalla sceneggiatura, per esempio, bisogna confrontare le proprie battute con quelle degli altri. L’Altro… nuove amicizie sono nate sul set, amicizie che mi hanno permesso di capire a fondo l’importanza del gruppo nel fare questo tipo di lavoro.  Per esempio, una faccenda che riguarda da vicino un po’ tutti, è stata quella di arrivare puntuali alle riprese, questo perché se non fosse accaduto, il lavoro di molti sarebbe stato vano, quindi non solo questo corso di cinema ci ha educati nella realizzazione di un film, ma ha aperto i nostri occhi in quello che fra qualche anno sarà l’impegno di noi giovani nel mondo lavorativo. Grazie a Riccardo Cannone, grazie ai miei amici, grazie a tutti!

“Mi chiamo Carla Maiorano, studentessa del terzo anno presso il liceo scientifico “Riccardo Nuzzi”. Io parlerei in questo caso di Arte, quella cosa che dà un colore in più alla vita, non importa di che tipo sia: musica, scultura, recitazione, pittura, cinema… l’importante è praticarla sempre e comunque, ma quando l’Arte diventa passione raggiunge il sublime. Da sempre ho avuto una certa propensione per tutte le forme d’arte (forse l’unica con il quale non sono mai andata d’accordo è la danza), ne sono sempre stata attratta, specie quelle forme che hanno a che fare con il colore e con la fantasia, ma non mi sarei mai aspettata di provare l’esperienza del cinema e di diventare, insieme ai miei compagni di avventura, sceneggiatrice e poi attrice. Quello che forse più ci ha caratterizzato è stata l’unione. Da subito tra noi si è formato un legame che poi è stato rafforzato dalle numerose prove di recitazione e dalle ore passate a parlare e a discutere sui vari temi che poi hanno delineato la trama del film.

Scrivere la sceneggiatura è stata però solo la parte iniziale del lavoro, poi è venuto il momento di recitare e lì, sotto alcuni punti di vista è venuto il difficile. Ognuno di noi ha dovuto studiare il proprio personaggio, smontare il proprio essere e ricostruirlo dandogli le caratteristiche della persona da lui interpretata, nessuno di noi è ciò che si vede nel film, io per esempio interpreto Serena una ragazza che maschera la sua insicurezza omologandosi al gruppo, ma che presa da sola è vuota. I miei amici e parenti sono rimasti scioccati dalla cosa perché conoscendomi non riescono proprio a concepirmi in quel modo.

Sono stata sinceramente felice di questa esperienza, nei suoi alti e bassi, è stata un’occasione per scoprire un mondo che prima mi era totalmente sconosciuto, per conoscere nuove persone con cui credo di aver creato un legame, almeno di complicità e per una profonda crescita personale.  Onestamente in più punti del percorso sono stata tentata di mollare tutto, il cinema è una cosa che impiega tutto il tuo essere e che richiede tantissimo tempo, quindi non sorprende che molti attori mollino o cadano nel vizio, ma è anche un’esperienza che, secondo me, tutti dovrebbero provare. Spero che il film piaccia, sarebbe un peccato se fosse il contrario, specie perché abbiamo voluto toccare anche temi molto importanti, ma i dettagli li lascio a voi, dovrete scoprirli vedendo il film”.

“Mi chiamo Nicola Ribatti, studente del quarto anno del liceo scientifico. In questo mio breve intervento parlerò a voi del mio personaggio la cui importanza capirete guardando il film. Il ruolo da me interpretato è quello del tipico ragazzo sicuro di sé, ma che in realtà dietro questa sicurezza cela una profonda insicurezza, dettata da diversi fattori.

Enrico, è il tipico ragazzo desiderato da tutte, frequenta la palestra e si tiene in forma.

Nel corso del film si rivela tutta la sua personalità. La caratteristica che lo contraddistingue è la possessività. Per questa ragione ho riscontrato molta difficoltà nell’interpretare il personaggio di Enrico, sia perché caratterialmente sono l’opposto, ma soprattutto perché non sono un ragazzo possessivo.

Questa attività è stata importante, perché ci ha insegnato come determinate situazioni nascano e degenerino. L’obiettivo di questo film è far capire alle persone che anche una determinata parola o un determinato gesto può influire positivamente o negativamente su un individuo.

Se ci fosse più comunicazione tra le persone, sarebbe tutto diverso. Le persone non dovrebbero tenersi le cose per sé, ma parlare e chiedere aiuto. E alla fine non vince chi dimostra di essere forte ma chi è forte dentro. Spero che questo messaggio venga recepito dal pubblico.

Vi aspettiamo numerosi e buona visione”.

“Mi chiamo Martina Pesce, studentessa del quarto anno presso il liceo classico. Era più o meno il mese di gennaio, al ritorno dalle vacanze natalizie, quando è stato proposto dal liceo un corso di cinema che aveva come fine ultimo produrre un lungometraggio.  “Una delle poche iniziative costruttive nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro” pensai, decisi quindi di parteciparvi. In seguito ad una serie di lezioni introduttive al lavoro che avremmo realizzato, ciascuno di noi ha scelto l’ambito del quale si sarebbe occupato oltre alla recitazione (scenografia, produzione, costumi). Noi del’ gruppo costumi, affiancati dal docente Gianmaria Brunetti e sotto la supervisione del regista Riccardo Cannone, abbiamo creato un’immagine per ogni personaggio e vigilato che tutto l’occorrente fosse sul set per garantire continuità tra le scene.  Alla fase della recitazione segue il casting.  Il personaggio e la persona sono due categorie assai diverse, talvolta opposte. Indipendentemente dalle nostre caratteristiche, siamo stati tenuti ad essere fedeli a dei personaggi troppo acconsenzienti, deboli, o litigiosi e superficiali , come trasparirà dallo schermo.

Tale operato è stato fondamentale per sviluppare il tema affrontato: l’amore in tutte le sue sfumature, dal bianco di un amore puro come quello di due ragazzi dello stesso sesso, alla pece e all’oblio del rapporto tra altri ragazzi. Un amore degenerato, in grado di consumare i sensi e la mente portando ad una perdita temporanea della razionalità: la disillusione provata  non  permetterà di capire da dove il danno provenga e spingerà uno dei personaggi a rivolgere tutto verso di sé facendosene una colpa, invece di analizzare le cause esterne. Sullo sfondo dunque abbiamo messo anche un sentimento tossico che lascerà l’amaro in bocca.

La ricorderò come una delle esperienze più significative della mia adolescenza grazie alla quale abbiamo scoperto, anche se in minima parte, uno di quei mondi che scegliamo di ignorare per paura, o forse perché troppo distanti dal nostro. Il confronto e lo scontro con una realtà che non ci tocca è alla base della crescita, della formazione di ciascuno di noi”.

“Mi chiamo Francesco Paradiso, studente del quarto anno presso il liceo classico. Innanzitutto per quanto riguarda questo percorso che ho intrapreso a fine gennaio, credo che sia stato, sia per me e credo anche per tutti gli altri, un’ esperienza unica, in quanto ha avuto come scopo quello di creare un film che potesse rispecchiare in un certo senso alcune tematiche molto diffuse attualmente. Credo che questo percorso abbia contribuito molto a farci crescere e maturare su vari aspetti, perciò spero che questa opportunità possa essere nuovamente concessa ad altri ragazzi l’anno prossimo.

Personalmente la parte che più mi ha affascinato in questo “viaggio” è stata la recitazione, proprio perché ognuno di noi ha interpretato un personaggio che non rispecchiava assolutamente il proprio carattere e la propria personalità. Per quanto riguarda il mio personaggio, credo sia stato molto difficile da interpretare, proprio perché, come ho già detto, non mi rispecchia assolutamente”.

Quante storie sono state raccontate dai nostri amici, ora spetta a voi “riempire il vuoto” accorrendo in sala per guardare il film. Buona visione!