“Chi ci separerà dell’amore di Cristo? […] Io sono infatti persuaso che né morte, né vita, … né presente né avvenire, (..) potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.” (Rm 8, 35.38-39)
Con le parole di S. Paolo, Don Salvatore Mellone, il 16 Aprile scorso, ha sintetizzato la sua gioia e gratitudine per il dono del Sacerdozio, conferitogli da Mons. Pichierri.
Questa sacra cerimonia si svolse nella sua abitazione, in via del tutto eccezionale, a causa delle sue condizioni di salute. Il giorno dopo, il 17 Aprile, durante la sua prima Celebrazione Eucaristica, sempre nella sua abitazione, prese spunto dal Vangelo della moltiplicazione dei pani (Gv 6, 1-15) e invitò i fedeli a riflettere sui momenti di difficoltà che tutti attraversiamo.
Quando la vita ci pone di fronte ad un mistero enorme come la malattia, abbiamo bisogno di sedere da qualche parte. Abbiamo bisogno, come dice il testo biblico greco, di ‘adagiarci’, non solo di sederci sull’erba come facevano le folle che ascoltavano Gesù di Nazareth.
Ora Don Salvatore è adagiato in cielo. Ci ha lasciato lo scorso 29 giugno, giorno dei Santi Pietro e Paolo. Per chi crede, è cullato dall’amore del Padre, mentre noi tutti contempliamo il mistero della sua vita, della sua malattia e del suo profondo amore per Cristo e per gli ammalati, che amava chiamare i suoi veri evangelizzatori.
È stato pienamente uomo, lontano dai miti del narcisismo, dell’egocentrismo del nostro tempo. Pienamente uomo, servo fedele e buono, che non ha mai smesso di donarsi agli altri nonostante la piaga della malattia.
Egli ha sperimentato pienamente la sofferenza, ridimensionando il male che viveva dentro di lui, e facendo sì che la sua malattia fosse solo la penultima parola della sua esistenza. Diceva: “Il male che mi rode dentro non è la parola definitiva del mio essere. Dio è il senso più vero e più profondo del mio vivere”.
Che forza in queste parole.
Don Salvatore ha saputo ascoltare anche la sua sete di felicità. Nella semplicità di un sogno inseguito con tanta determinazione, Don Salvatore ha offerto i suoi ultimi istanti di vita al servizio degli altri, col dono totale di sé. Facendo della sua sofferenza una strada vocazionale privilegiata, illuminando il buio della perdita e della morte con la luce della pienezza della vita.
Quanta ammirazione, quanta gratitudine per averti conosciuto, mio/nostro compagno di studi. Abbiamo condiviso anni fondamentali in cui, tra una partita di calcetto e l’altra, ognuno ha portato a termine il suo discernimento.
Ora lasci a noi tutti, a chi ti ha conosciuto, ma anche a chi è stato raggiunto dalla tua storia, il peso di una grande missione. Ci lasci il compito di prendere a testimonianza la tua vita, per vivere con forza e pienezza la nostra.
Ci inviti a rincorrere con tutto noi stessi il sogno di felicità, la vocazione alla gioia: in Cristo, per chi ha il dono della fede, e per gli altri, per chi quel dono non lo riconosce, ma è fratello in umanità.
Grazie infinite, amico mio.
Faremo del nostro meglio per essere degni di raccogliere il tuo testimone.
Ancora le tue parole: “Chi a me si è affidato, è affidato con un bacio a Dio”.