
Dalle buone pratiche della politica alla politica delle buone pratiche… per non morire di mancanza di tempo
Ore 6:00, la sveglia era suonata presto quella mattina e, nonostante l’aria frizzantina di marzo, la giornata si preannunciava meteorologicamente bella. I giovani studenti avevano cominciato le grandi manovre per un’altra giornata di spensierata vacanza culturale pronti ad invadere pacificamente, con l’entusiasmo tipico degli adolescenti, le già affollate strade di Napoli.Qualcosa di strano stava però per accadere; qualcosa che non ti aspetti soprattutto quando si è nel pieno vigore adolescenziale. Il regolare ticchettio della sveglia, efficiente a scandire con puntuale regolarità il passare del tempo, veniva sopraffatto dai battiti frenetici di un cuore che sembrava impazzito e che da lì a poco aveva deciso (al cuore non si comanda) di fermarsi. Ore 6:27, Martina, 14 anni, va in arresto cardio-circolatorio. Il primo soccorso della professoressa, il successivo intervento dei sanitari del 118 e poi del Pronto Soccorso non sono stati purtroppo sufficienti ad evitare il peggio. Martina, dopo essere rimasta una settimana in coma, moriva a causa dei danni irreversibili subiti dal suo cervello, per il troppo tempo trascorso tra l’arresto cardiaco e la sua ripresa.Martina è una delle 60.000 persone che ogni anno in Italia vengono colpite da arresto cardio-circolatorio.Come è possibile tutto questo?
Gli enormi progressi della medicina e delle biotecnologie hanno permesso di sconfiggere malattie una volta incurabili; di eradicare veri e propri flagelli del passato, come la poliomielite e la peste, e di trattare con successo molte patologie degenerative. Nonostante questi enormi successi, tante sfide attendono ancora la scienza e la medicina e non per ultimo una serie di buone pratiche che la politica, le istituzioni dovrebbero favorire ed adottare per prevenire mali evitabili.
Le malattie cardiovascolari, nonostante i tanti progressi della medicina, sono ancora oggi la prima causa di morte in paesi industrializzati ed uno dei principali motivi di visite mediche e ricoveri ospedalieri.
Il cuore è un motore perfetto; pompa 5 litri di sangue al minuto, 8.000 litri al giorno, 200.000.000 di litri in una vita; batte senza sosta 3 miliardi di volte nell’arco di una vita più o meno longeva, ma come tutte le macchine anche perfette può usurarsi e guastarsi. Può quindi succedere che il motore della vita si rompe (arresto cardiaco “meccanico”, es. infarto) oppure vada in tilt il sistema elettrico di conduzione del cuore (arresto cardiaco “elettrico”).
Le cause della rottura meccanica del cuore possono essere molteplici e sono spesso associate ad una malattia o condizioni patologiche o stili di vita scorretti (fumo, alcol, cattiva alimentazione, sedentarietà, ecc.) che possono aumentare i fattori di rischio che portano ad un infarto.
L’arresto elettrico invece si verifica più spesso nelle persone in apparente buono stato di salute (come la piccola Martina o il calciatore Morosini), le quali possono andare incontro a gravi aritmie; l’attività elettrica del cuore diventa talmente scoordinata da non essere più in grado di generare alcuna contrazione. Si parla in questo caso di fibrillazione ventricolare, un grave disturbo del ritmo cardiaco in cui i ventricoli non sono più in grado di pompare sangue nella circolazione.
I pazienti perdono rapidamente conoscenza e spesso, in assenza di un tempestivo intervento, muoiono. Si parla di “morte cardiaca improvvisa”.
L’arresto cardio-circolatorio colpisce in Italia circa 60.000 soggetti all’anno e purtroppo nove persone su dieci in arresto cardio-circolatorio che si trovano fuori dagli ospedali, e quindi non tempestivamente soccorse, muore.
Numeri troppo alti per essere ignorati.
Quali strategie è possibile adottare?
È stato dimostrato che un intervento tempestivo con il defibrillatore nei primi dieci minuti può aumentare fino al 35% le possibilità di sopravvivenza, che possono aumentare ulteriormente fino al 50% se la defibrillazione avviene nei primi cinque minuti dalla perdita di coscienza (al cuore a volte si può comandare).
È importante quindi adottare delle buone pratiche e stimolare la politica ad intervenire, anche con opportuni decreti legislativi, per favorire l’obbligo del defibrillatore oltre che nei luoghi dove si pratica attività sportiva, anche in tutti quei luoghi dove c’è grande affluenza di persone (ad es. scuole, discoteche, sale gioco, alberghi, parchi divertimento, centri commerciali, stabilimenti balneari ecc.). I vari governi in verità si sono mossi su questo fronte. Tuttavia, con il Decreto del Ministero della Salute del 24 aprile 2013 la dotazione e l’utilizzo del defibrillatore semiautomatico diventa obbligatorio solo per le società sportive. Per tutti quei luoghi aperti al pubblico, in cui c’è grande affluenza di persone, a tutt’oggi non c’è l’obbligo, ma solo “l’opportunità” di dotarsi di un defibrillatore semiautomatico.
La decisione quindi sulla vita o la morte di una persona o meglio di 60.000 persone viene lasciata all’autonoma valutazione dei gestori di quei luoghi. Ed in effetti in quell’albergo di quel maledetto quindici marzo 2018, come nello stadio di quell’altro maledetto quattordici aprile 2012, durante la partita Pescara-Livorno, così come in tanti altri luoghi, il defibrillatore non c’era!
Quando sopraggiunge una fibrillazione ventricolare il fattore tempo gioca un ruolo cruciale; se l’intervento di rianimazione è tardivo (oltre i dieci minuti), l’arresto elettrico del cuore causa dei danni irreversibili a livello cerebrale; ne consegue che l’uso del defibrillatore potrebbe dare qualche chance in più di sopravvivenza.
È importante quindi fare un appello alla politica e al legislatore affinché ogni luogo aperto al pubblico, incluse le pubbliche amministrazioni, si dotino obbligatoriamente di un defibrillatore semiautomatico (DAE) e formino gli utilizzatori, al fine di garantire una sufficiente ed efficiente copertura sul territorio nazionale.
È altrettanto auspicabile che venga modificata la normativa vigente affinché vengano uniformati gli obblighi degli accertamenti medici, previsti al momento per chi pratica attività sportiva in modo agonistico, anche per attività non agonistiche, anche al fine di diffondere la cultura della prevenzione sulle malattie cardiache.
Infatti, anomalie funzionali e strutturali del cuore possono rimanere silenti per lunghissimo tempo senza provocare alcuna iniziale sintomatologia. Anomalie spesso causate da mutazioni genetiche che provocano alterazioni dell’organizzazione morfo-funzionale del muscolo cardiaco che viene spesso sostituito da tessuto non contrattile, quale tessuto adiposo o fibro-adiposo, generando le aritmie patologiche e la pericolosa fibrillazione ventricolare.
Fare gli opportuni accertamenti ed analisi (tra questi: elettrocardiogramma (ECG), ECG ad alta risoluzione con registrazione dei potenziali tardivi, Holter cardiaco, test da sforzo al cicloergometro, ecocardiogramma, risonanza magnetica nucleare cardiaca) oltre alla considerazione non trascurabile di elementi di storia familiare possono portare ad una adeguata stratificazione del rischio ed eventualmente adottare la migliore strategia terapeutica. È
Forse, queste pratiche di buona politica e di politica delle buone pratiche possono aiutare ad evitare che tante “Martine” vengano “spente” prematuramente per mancanza di tempo e di un apparecchio salvavita.