Una brutta storia di pericolo e inciviltà che forse poteva essere evitata
Ciclabili: chi conosce il significato di questo nome inconsueto?
…Stai attraversando le strisce pedonali, verso le ore diciannove di un lunedì autunnale, su via Prascina, a Barletta, all’altezza della pizzeria “Zio Tom”, tenendo per mano la bicicletta, da sempre amica della tua salute, di quella degli altri e dell’ambiente.
Sopraggiunge, sparata come un bolide, una vettura, nera come la notte, turbolenta come il vento del vicino Adriatico. Si catapulta su di te, come un masso rotolante. Per un pelo non finisci spiaccicato sotto le ruote o proiettato in aria, vicino alle nuvole.
A salvarti è un salto all’indietro della gamba, zoppicante da quando, dodicenne, in groppa alla biciclettina, il tuo polpaccio sinistro venne addentato con ingordigia dalla ruota di un carretto che trasportava la nutriente farina di una volta, ed il poderoso cavallo stramazzò al suolo, con un angosciante nitrito che spinse la luna, curiosa, ad affacciarsi sull’azzurra veranda del cielo di mezzogiorno!
Chi per l’occasione si trova, ora, nelle vicinanze del delitto, ti vede raggelato in una postura da personaggio di film horror: una mano alzata, l’altra che serra il manubrio, la bocca spalancata come quella del famoso quadro urlante, gli occhi strabuzzanti, tutto il corpo paralizzato, il sangue incerto se fermarsi o continuare a fluire.
Riprende a circolare, dopo un attimo di incertezza, il rosso liquido, divenuto più caldo. Ha temuto con ribrezzo di dar vita ad una pozzanghera immonda, amalgamandosi con impalpabili cuscini di PM 2,5, nere polveri di freni e maleodoranti emissioni fossili.
Conservi per un momento il tuo autocontrollo, limitandoti ad applaudire freneticamente l’inconsulta condotta del pirata della strada, rapito dalla fregola di arrivare come un’autoambulanza ad un appuntamento vitale: l’acquisto di sigarette, una giocata alle slot machine, una sosta al bar sport.
Sembra compiaciuto, l’emerito protagonista della folle corsa. Sorride, infatti, sotto gli irsuti baffetti impomatati, e, disinvoltamente, alzando una mano dal volante ti manda a quel paese, dove non risiede la kalokagathia, un bouquet di bello e buono.
La paura ancora vigente e la sopraggiunta indignazione inducono la parte midollare del surrene ed il sistema nervoso centrale a riversare dosi massicce di adrenalina nel sangue. Monta in sella, la rabbia, prende energicamente le redini, e parti all’attacco in modo viscerale. Metti, infatti, le mani, a mo’ di megafono, vicino alla bocca e vomiti a più riprese l’improperio preso in prestito dalla fronte dei buoi.
Tutto sopportano gli uomini delle contrade del Mezzogiorno d’Italia e forse di tutto il mondo, ma che qualcuno insinui minimamente il larvato sospetto che vengano traditi dalle mogli, compagne o fidanzate proprio non riescono a mandarlo giù.
Raggiunto dall’urticante lemma, l’indisciplinato conducente, che avrà urlato più volte a squarciagola dagli spalti di uno stadio contro l’arbitro che sanziona con un fallo la squadra del suo cuore, inchioda la vettura, schizza in retromarcia, col rischio di investirti con la parte posteriore. Forte di un galateo da barbari, apre con furia il finestrino e…
“Tu a me…! tu a me…! tu a me!”, con l’indice minaccioso che viaggia freneticamente nei due sensi di marcia, “quella parola non la devi proprio dire! Ringrazia il cielo che sono buono. Se al posto mio si fosse trovato un altro, un tipaccio, ti troveresti spiaccicato al palo della luce!” Che, poverino, viene percorso da un fremito, ed il suo lampione, fibrillando, registra un abbassamento di intensità, nel pensare al rischio concreto che avrebbe potuto correre.
Per non intralciare il traffico, tralasci di soffermarti sulla riflessione di Milani per il quale, quando si è incolleriti per giusti motivi, le bestemmie sono come delle preghiere. Sono le sofferenze che fanno messe a fuoco, la realtà, non le parole, per quanto brutali possano essere. Occorre guardare la luna, non il dito che la indica.
La “fortuna” capitata evoca in te l’improvviso e terrificante risorgere di agghiacciante ricordo. Remoto. Che ritenevi finito negli anfratti più oscuri degli accadimenti e persone definitivamente rimosse. Ed il raccapriccio riapre il sipario. Ed i brividi ti scuotono.
Disabile ed anziano, fosti barbaramente picchiato in Via “Criminale” Cialdini, da un maresciallo della Asl, (sic!), istruttore di arti marziali, davanti alla sede dell’ufficio in cui lavorava. Perché? Tuo padre aveva denunciato un presunto reato di inquinamento nei pressi di casa sua e tu pretendevi (che sfrontato!) il rilascio della documentazione relativa alla pratica, che tardava a finire nelle tue mani.
Un nugolo di gente assistette all’orrendo gesto, una folla di impiegati si precipitarono sulla strada. Nessuno dei civilissimi barlettani presenti ti soccorse. Il fiume impiegatizio rifluì al suo interno. Indifferente. Insensibile. Nessuno dei civilissimi barlettani presenti, orgogliosi di Ettore Fieramosca, si avvicinò per offrire la propria disponibilità a testimoniare sull’accaduto. Perciò, non potesti neppure sporgere querela. Trascinandoti, da solo, raggiungesti il vicino pronto soccorso. Non informasti neppure il tuo anziano genitore per non tribolarlo ed anche perché la sua reazione avrebbe potuto essere inconsulta.
Tornando al presente. Ti accosti, gli occhi si incrociano. “Ce l’hai messa tutta per ammazzarmi!” Di rimando: “Ma io non t’ho visto!” “Se tu avessi proceduto a velocità moderata e rispettato i segnali stradali”, replichi, “certamente mi avresti scorto, e non staremmo qui ad invelenirci. Io, comunque, ti chiedo scusa per la parola fuggita di senno”. “Zio”, allora, conclude il giovanotto con voce suadente, “non succederà più”. Vi stringete energicamente la mano, e le bocche aprono i battenti ad un sorriso rasserenante.
In attesa che cambi la cultura di ciascuno dei cittadini, se venisse costruita una rete di piste ciclabili, se le aree pedonali si dilatassero a dismisura, se l’intervento della polizia urbana, umano e tecnologico, fosse più mirato, si ridurrebbero drasticamente episodi di malcostume, ed il tasso di feriti e di morti della mobilità debole si spiaccicherebbe al suolo.