«Ogni simbolo porta con sé un significato: cosa vuol dire allora, il Simbolo dei Simboli? Cosa significa Buon Natale?»

(Eich)

Ci siamo quasi, il conto alla rovescia della scorsa settimana non ha smesso di essere, come previsto, la clessidra ha continuato a far scendere i suoi granelli e dunque eccoci… ci siamo.

Avete impostato la parte buona del cuore in modalità ON? Avete rispolverato il ritornello: “A Natale puoi…”? Avete fatto attenzione al tastino di accensione così da avere l’OFF a portata di mano?

Spero che alla mia ultima domanda la risposta sia un bel no, spero abbiate avuto altro da fare e vi siate distratti da quel pulsante, chissà che non resti acceso e faccia luce su tutto ciò che non si vede.

Ci sono i grandi dolori e i grandi sofferenti, a loro io non servo. Ci sono le grosse perdite e le immense sconfitte, non servo neanche a loro. Ci sono le guerre, i martìri e le persone al gelo dell’Ucraina senza gas e senza luce… forse a dar loro voce serve chiunque, dal momento che fino a qualche mese fa i telegiornali ci facevano imparare a memoria anche la toponomastica delle strade di Kiev, oggi per sapere delle bombe sulle centrali bisogna beccare un telegiornale per sbaglio: hanno fatto più notizia i balletti di Boufal in campo con sua madre ai mondiali.

A questo proposito vorrei spendere due parole: quel balletto è stato bello a primo acchito, come lo è stato l’inchino dell’intera squadra del Marocco davanti al pubblico il giorno della sconfitta (hanno parlato meno dell’inchino dell’allenatore del Giappone, ma anche lui, ha fatto il suo). Siamo a Natale, momento per eccellenza dei simboli: bene. L’inchino giapponese è simbolo di riconoscenza a chi sostiene il prossimo, il simbolo dell’inchino marocchino è simbolo del ringraziamento ad Allah per le grandi imprese concesse… di cosa è simbolo, invece, il gesto di Boufal a fine balletto, quando nel bel mezzo di una festa magnifica si è sincerato istintivamente e per ben tre volte di abbassare meticolosamente il velo sulla fronte della madre, che si era spostato in seguito all’esultanza per il successo del figlio? Io lo so e non mi piace. Voi?

Nessuno, non un’anima viva che lo abbia scritto, nessuno che ci abbia fatto caso, nessuno che se ne sia accorto, a quanto pare. Ma nemmeno per sbaglio. Zero Greenwich.

O forse non si può dire per non ledere il decoro di nessuno? Intanto il decoro di quella donna… niente, sono stanca.

Sono stanca, oggi di più: è praticamente arrivato il duemilaventiduesimo Natale e quasi tutti guardano senza vedere, sentono senza ascoltare ed è triste sentirsi scontati nel dirlo, poiché significa che tutto questo è addirittura normale, tanto da essere ripetitivo.

Sono stanca.

E non è vero, come raccontano i narratori del fumo negli occhi, che  le difficoltà e le piccole luci su certi brutti dettagli fortificano.

No, no, le difficoltà, piuttosto, hanno il radar e sanno rilevare chi è forte facendogli obbligatoriamente scoprire una forza che non avrebbe saputo di avere. Ma le difficoltà e quelle lucine no, non rendono forti: le difficoltà e quelle lucine stancano.

E le persone forti sono stanche, anche se poi ci riescono.

A loro prima che a tutti, se serve, Buon Natale.

Grazie a Dio Natale serve, serve sempre, serve da sempre.

Aiutaci Tu.

Amman.


FontePhotocredits: designed by Eich
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Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.