In mezzo al deserto. Un tesoro.

Ho pensato agli ultimi 44 Natali e la prima cosa che mi sono chiesta è se si possa dire Natali al plurale quando sono intesi con la maiuscola.

Non ho trovato la risposta certa nelle poche conoscenze a disposizione della mia testa, ma mi sono detta che il nome avrebbe reso comunque bene il concetto: 44 nascite di un bambino foriero di luce, 44 volte la lettera maiuscola, 44 volte che a pensarci bene sono davvero poche, se paragonate alla quantità di ricordi che si portano dietro.

Ero piccola e mi mettevano gioia, sono cresciuta e mi mettevano il magone, sono diventata ancora più grande e il magone si è trasformato in mancanze evidenziate con l’evidenziatore giallo.

Sto per contare il 45esimo e forse inizio, anche se solo da lontano, a capire qualcosa di questo bambino che nasce ogni volta imperterrito e se ne infischia di tutte le offese che l’uomo fa all’uomo.

Un bambino che se ne infischia perché ci crede ancora: crede che quell’uomo possa illuminarsi, trovare la via, vedere, far bene.

Beh, io non ce l’ho la saggezza di quel bambino, mi accontento però di averla intravista pur senza possederla: tutta questa fiducia nel genere umano proprio non l’ho trovata, però di buono c’è che ho abbandonato la zavorra del giudizio e della lotta ad ogni costo.

Per questo Natale ho ricevuto in dono la voglia di guardare senza lasciare che quanto visto mi fagociti: ho imparato che ci sono battaglie che non vanno combattute, compromessi che non vanno nemmeno considerati, voci che non vanno ascoltate, pensieri che non vanno nutriti, in luogo di altre faccende (molto meno) a favore delle quali è necessario anche strappare la vita a morsi, costi quel che costi. Dopo ci si può ritrovare ricchi di molto o ricchi di poco, ma ricchi: del resto è tutto relativo e non servo io a ricordarlo.

Se anche solo una volta in una vita, per quanto parziale, capita di doversi e potersi prendere un riscatto, allora tocca guardare a quel bambino, pensare che non è nato 44 volte, ma perlomeno 2023 e non si è ancora arreso.

Il mondo intero ancora si veste di luci per Lui, in un modo o nell’altro, di fatto lo fa.

E siccome io, che mi piaccia o no, sono di quel mondo (che è il Suo, ma non lo è allo stesso tempo) penso di avere come tutti il diritto di chiedere.

E allora chiedo, perché è Natale e desidero un regalo che così esprimo: “Oh Bambino, mio divino, non togliermi niente”.

Ecco, questo è: non cercare perennemente aggiunte. Proteggere e desiderare quel che c’è.

E dacché mondo è mondo, dacché Natale è Natale, ma da molto molto prima,  in mezzo al deserto c’è tantissimo: è nato povero.

In mezzo al deserto.

Un tesoro.

Quale che sia.

In ciascuno dei nostri deserti.

A ciascuno di noi.

A ciascuno di voi.

Che sappiate vederlo, che vogliate riconoscerlo, che desideriate tenerlo.

Il mio augurio.

Buon Natale.


FontePhotocredits: Miriam Arsedea Massarelli
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Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.