Si chiama “33 Apulian Beer” l’ambizioso progetto di Gianluca Colasuonno, Riccardo Guadagno, Francesco Carapellese, Stefano Colasuonno, Francesco Zagaria , onirici sostenitori di un iter ambientale all’insegna del gusto non dimenticando mai l’imperativo del “bere responsabilmente”

Ciao Gianluca. Nell’era digitale, in cui tutti i giovani sono smartphonizzati, da dove nasce l’idea, da parte di ragazzi come voi, di produrre 33 Apulian Beer?

Ah bella domanda! Effettivamente ai nostri giorni sembra quasi sarcastico che un gruppo di ragazzi si sia appassionato a qualcosa di così radicato nella storia come la birra! Eppure ci siamo accorti che, pur essendo un prodotto “storico”, la birra sta subendo l’onda di questa rivoluzione e noi vogliamo coglierla e vedere dove ci porta. Per quanto riguarda l’idea, ci è nata nel modo più classico possibile, eravamo in un pub e, tra un sorso e l’altro, ci stavamo chiedendo come si potesse avere una produzione di birra tutta nostra. Nei giorni successivi, ovviamente grazie a internet, ci siamo informati e abbiamo cominciato a lavorarci su provando, sperimentando e fallendo fino ad arrivare a ottenere una nostra produzione. Il nostro scopo è quello di creare un movimento, soprattutto della classe giovane, intorno a questo fantastico prodotto, cercando di instaurare una vera e propria cultura sulla birra

Riccardo, dove avviene la lavorazione della vostra birra e quali prodotti utilizzate?

Essendo “homebrewers”, la produzione avviene in casa, dove realizziamo il tutto; in particolare questo processo avviene nella casa di uno dei soci, nella fattispecie nel civico numero 33 da dove poi deriva parte del nome della nostra birra. Dopo la produzione c’è una seconda fase che consiste nella fermentazione; questa parte qui, invece, avviene sfruttando un ambiente tipico del nostro territorio, in particolare un locale in centro storico in tufo per facilitare il processo , dove depositiamo tutti i tipi di birre prodotte, per usufruire del luogo secco e senza umidità.

Passando alle nostre ricette, noi cerchiamo di utilizzare prodotti locali per personalizzare alcuni tipi di birre, come ad esempio L’ Andriese in cui sono presenti sentori di olio.

In generale i prodotti utilizzati sono:

1) Malto d’orzo, che favorisce la lievitazione e dolcifica;

2) Malti  base che possono variare dal semplice Pilsnere, chiaro e base perfetta per qualsiasi tipo di birra, Pale, che ha un sapore più carico rispetto al precedente e molti altri ancora;

3) Vari tipi di zuccheri che aiutano la fermentazione. Nel nostro caso utilizziamo Destrosio o cassonade, a seconda dei casi, molto diversi fra loro poiché il primo, essendo un monosaccaride, é molto semplice e neutro, mentre il secondo, che è estratto dalle barbabietole, ha un sapore molto più intenso.

Francesco C., tra le vostre specialità c’è, sicuramente, la cosiddetta “Birra IPA”. Puoi spiegarci di che si tratta?

Anche grazie alla Birra IPA è nato questo progetto. Questo tipo di birra è caratterizzato dall’alta fermentazione, con un colore giallo ambrato. La nostra produzione ha un marcato retrogusto luppolato dovuto ad una speciale tecnica chiamata “dry hoping” che consiste nell’ immersione di una determinata quantità di luppolo, accuratamente scelto da noi, direttamente all’interno della birra in fermentazione. Questo procedimento dà alla birra  la capacità di assorbire completamente tutte le caratteristiche del luppolo dandole un retrogusto secco e marcato. Il nostro obiettivo è quello di dare a questo particolare tipo di birra delle note caratteristiche della nostra terra tramite l’utilizzo di prodotti a chilometro zero sia ad inizio fermentazione che durante

 Stefano, da un punto di vista sociologico, immaginando, anche e non solo, l’età anagrafica bassa del target a cui intendete rivolgervi, come si può dissuadere le nuove generazioni a non finire impelagate nell’annosa questione dell’alcolismo giovanile?

In realtà a noi piace definirci come un movimento piuttosto che una “piccola azienda” e in quanto tale noi cerchiamo di diffondere una vera e propria “cultura della birra” fornendo ai nostri “seguaci” storia, provenienza e dettagli di ogni singola ricetta da noi scelta e poi rivisitata, puntiamo a far sì che lA gente ami i nostri prodotti per il loro sapore e per ciò che c’è dietro piuttosto che dal grado alcolico, che per le stesse ragioni, teniamo basso. A noi interessa che la nostra birra non venga vista come un semplice alcolico, ma come il prodotto di varie conoscenze (scientifiche, culinarie e anche storiche) e che possa fornire al pubblico una vera e propria conoscenza in questo ambito.

 Francesco Z., quali sono i vostri progetti futuri?

Il nostro obiettivo è quello di produrre la birra con la tecnica all grain cioè utilizzare materiali primi, prodotti a chilometro zero e biologici. Vorremmo, insomma, sviluppare il progetto in chiave ambientalista, focalizzando la nostra attenzione prima sulla scelta e poi sulla produzione. Riteniamo, infatti, che la qualità deve assolutamente essere soddisfacente, preferiamo così orzi e malti nostrani piuttosto che preparati chimici. Sarà un gioco ambizioso che ripagherà non solo i nostri sforzi ma soprattutto l’ambiente, il nostro più leale finanziatore.  Cercheremo di partecipare ad un bando pubblico, se possibile, per poter ottenere dei finanziamenti volti alla realizzazione e alla normalizzazione del nostro prodotto. Incrociamo le dita e ad maiora!

 


1 COMMENTO

  1. Ogni volta che mi parlano di “bere responsabile” e della “cultura del bere” mi viene il mal di stomaco perché penso a tanti amici intenditori che si sono rovinati la vita per il bere. L’alcol è una sostanza neurotossica , cancerogena che mina la salute fisica personale e sociale e induce alla dipendenza. Non ci sono dosaggi senza rischi e la responsabilità va a farsi benedire quando si comincia a bere. Anche i cosiddetti “alcolisti” hanno iniziato con un bicchiere.

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