Due sentimenti contrastanti dilaniano la tua anima: la soddisfazione di aver fatto breccia nella sua intelligenza, nel suo cuore, e la profonda marezza che ancor oggi la gente per campare deve inginocchiarsi davanti al potente di turno

Finalmente, oggi, sia pure per poche ore, corso Vittorio Emanuele è isola pedonale. Neanche una carcassa di veicoli in sosta. Non ti assilla, non rompe i timpani, la teoria di macchine che solitamente ti costringe a rifugiarti sul marciapiede, …se vuoi arrivare a casa integro.

L’aria è quasi salubre, ed arriva, dal vicino mare, un’inebriante fragranza di aerosol carica di iodio che invoglia i tuoi polmoni a respirare con gusto, intrufolandosi nei più remoti alveoli. Il sangue, carico di ossigeno, esente di PM 2,5, scorre fluidamente nelle tue contorte e rigide arterie, ed il cuore si diletta gagliardamente nell’irrorare i capillari microscopici.

Compiaciuto, puoi guardarti intorno ed esclamare: “È proprio  bello questo corso! Signorile, largo, dignitoso nella sua austerità. Mosso nella sua linea. Che belle colonne nere, davanti a quel palazzo! Da quel balcone arrivavano i vagiti di Giuseppe De Nittis. Ah! se avessero salvato almeno alcune delle fosse granarie, stracolmi dei meravigliosi grani antichi. Correvano sotto il piano del marciapiede”, pensi tra di te. Distrutti. Barbaramente

Poi, i tuoi neuroni più esigenti aggiungono: “Certo, se venisse perennemente chiuso al traffico, se germogliassero numerose panchine ed irrompessero alberi di giuda, oleandri aranci amari, sarebbe maggiormente godibile”.

All’altezza di Eraclio, mentre ti accingi a strizzargli l’occhio, e lui a ricordarti le mille volte che, da bambino, gli procuravi il solletico nel tentativo di raggiungere la testa dall’interno dell’eviscerato corpo, si avvicina un conoscente che solitamente ti saluta pigramente.

Hai sempre nutrito il sospetto che non se la passasse bene. Dall’abbigliamento trasandato. Dall’espressione sofferta del viso. Dall’estrema riservatezza. Poco fa, lo avevi riconosciuto a distanza ed avevi notato che distribuiva, con un gran daffare, volantini elettorali e santini, a destra ed a manca.

Ora, è a due passi da te, ti viene incontro, festoso, con un ampio sorriso, turbato, però, da una dentatura alquanto sconquassata. Sulla cinquantina. Baffetti neri e capelli brizzolati. Voce calda. Gesti affabili.

Sei felice per lui, pensi… “finalmente avrà risolto le sue ambasce.” Ti abbraccia, persino. Il caldo trasporto ti lusinga oltremisura. Rimani un po’ scettico, però. Si è insidiato in te un sospetto.

Dopo i convenevoli, sommari, viene al dunque. Ti offre un’immaginetta. Rappresenta il volto di un candidato alle consultazioni politiche. Un politico di lungo corso. Te ne parla con ardore. Come se tu non lo conoscessi, come se vivessi su un altro pianeta. Barletta, dichiara candidamente, merita la presenza al Parlamento di collaudati politici. Sic!

Il tuo pensiero corre al seccatore in cui si imbatté Orazio, mentre passeggiava per la via che dal Foro saliva al Campidoglio. Lo ascolti, però, con grande attenzione e… rispetto. Quando il suo profluvio di parole si esaurisce…

“Ascolta… scusami… non ricordo come ti chiami” profferisci con dolcezza. “Michele”, ti risponde, e noti un certo compiacimento, come se tu avessi inesorabilmente abboccato all’amo. “Ebbene”, continui, “perché maltratti la tua identità, la offendi, persino? comportandoti come un accattone, un mendicante!” Il sorriso gli scema, ma continua ad ascoltarti. “Per giunta, aggiungi, ledi la mia dignità. Se tu mi chiedessi cento, mille euro, sarei anche propenso a prestarteli, ma tu pretendi molto di più, che io rinunci alla mia dignità”. “Mah, mah”, interloquisce, “io… io. Cheeee… un voto ti ho chiesto! Che ti costa? Mi faresti un favore!”

“Amico mio, so benissimo che oggi il voto conta poco, perché il potere è passato nelle mani rapaci della finanza, ma non ho perso completamente la fiducia verso lo strumento democratico, per il quale molta gente ha persino sacrificato la vita. Per me, quindi, continua ad essere una risorsa preziosa. Riflettici, caro Michele, se vuoi veramente bene a te, a tua moglie, ai tuoi figli, lascia perdere questa tua condotta. Servile ed abietta.”

Abbassa la testa e…confessa. “Sono disoccupato. Da sei anni. Mi è stato promesso un posto nell’azienda ‘*****’. Ti cadono le braccia. Immagini le traversie che deve incontrare nello sbarcare il lunario, nel fare la spesa, nel mandare i figli a scuola. Nel sopportare la suocera, che li ospita. Ha rinunciato a curarsi i denti!

Cade a picco il tuo sano ma teorico discorso davanti a problemi di sopravvivenza. Provi sommariamente a spiegargli …che il lavoro è un diritto, …che a molti disoccupati sarà stata offerta la stessa promessa, …che alla fine rimarrà deluso.

Stringe le labbra, se le mordicchia. Provi una pena infinita per lui e… per tutti gli altri che annaspano in acque tumultuose.  Persone pesantemente ricattate. Provi a rispondergli che …occorre votare candidati onesti e competenti, …privilegiare un’organizzazione politica credibile. Ma il tuo discorso vacilla davanti alle pressanti incombenze della vita. In attesa che questa realtà utopistica si avveri, come farebbero ad andare avanti, Michele e la sua famiglia?

Ti stringi nelle spalle, sconsolato. Gli riscaldi lungamente la mano, lo ringrazi per l’apertura del suo cuore. Ed una piega di sofferenza sulle tue labbra gli esprime, senza parole, il tuo profondo dispiacere.

Lentamente, si allontana. Lemme lemme. Con la testa reclinata che guarda la pavimentazione stradale. Rifletti: “Chissà che pensieri gli frullano!” Non distribuisce più volantini. Rallenta ancora il passo. Intravede un cestino di spazzatura, ad una certa distanza. Vi si dirige, risoluto, ma ritorna sui suoi passi. Ritorna di nuovo indietro. Furtivamente si guarda intorno. Aspetta che nessuno lo veda. Solo allora con decisione estrae dalla tasca un fascio di santini e… lo deposita tra barattoli, bottigliette e tovagliolini sporchi. Che non si scompongono.

Alzi la testa verso Eraclio, solitamente imprigionato nella sua fisionomia ieratica. Accenna ad un sorriso, poi, temendo di averla fatta grossa, ritorna ad assumere la consueta compostezza.

Due sentimenti contrastanti dilaniano la tua anima… la soddisfazione di aver fatto breccia nella sua intelligenza, nel suo cuore… la profonda marezza che ancor oggi la gente per campare deve inginocchiarsi davanti al potente di turno.


FontePhoto credits: Domenico Dalba
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Percorso scolastico. Scuola media. Liceo classico. Laurea in storia e filosofia. I primi anni furono difficili perché la mia lingua madre era il dialetto. Poi, pian piano imparai ad avere dimestichezza con l’italiano. Che ho insegnato per quarant’anni. Con passione. Facendo comprendere ai mieli alunni l’importanza del conoscere bene la propria lingua. “Per capire e difendersi”, come diceva don Milani. Attività sociali. Frequenza sociale attiva nella parrocchia. Servizio civile in una bibliotechina di quartiere, in un ospedale psichiatrico, in Germania ed in Africa, nel Burundi, per costruire una scuola. Professione. Ora in pensione, per anni docente di lettere in una scuola media. Tra le mille iniziative mi vengono in mente: Le attività teatrali. L’insegnamento della dizione. La realizzazione di giardini nell’ambito della scuola. Murales tendine dipinte e piante ornamentali in classe. L’applicazione di targhette esplicative a tutti gli alberi dei giardini pubblici della stazione di Barletta. Escursioni nel territorio, un giorno alla settimana. Produzione di compostaggio, con rifiuti organici portati dagli alunni. Uso massivo delle mappe concettuali. Valutazione dei docenti della classe da parte di alunni e genitori. Denuncia alla procura della repubblica per due presidi, inclini ad una gestione privatistica della scuola. Passioni: fotografia, pesca subacquea, nuotate chilometriche, trekking, zappettare, cogliere fichi e distribuirli agli amici, tinteggiare, armeggiare con la cazzuola, giocherellare con i cavi elettrici, coltivare le amicizie, dilettarmi con la penna, partecipare alle iniziative del Movimento 5 stelle. Coniugato. Mia moglie, Angela, mi attribuisce mille difetti. Forse ha ragione. Aspiro ad una vita sinceramente più etica.