Aridateci zio Remo, fate presto

C’è qualcosa di indicibile nell’occhio sempre sbarrato di Toninelli, il ministro dei trasporti che è contrario a qualsiasi trasporto, per terra, per mare, per aria. Il martellamento quotidiano contro Tav e Tap ha trovato la sintesi nella polemica con Tajani, presidente del Parlamento europeo: “La mangiatoia è finita”.

Ora, sarebbe sciocco negare che le opere pubbliche suscitino, nel mondo, qualche tentazione di cresta; ma, da questo, a fermare lo sviluppo di un Paese moderno, ce ne corre. Il moralismo come misura del mondo è una tale idiozia che anche a Toninelli fa sbarrare gli occhi. Il pauperismo della decrescita, per timore dei furbi, è l’ammissione della propria incapacità a governare. La politica è sfida, se non crei ricchezza per paura dei ladri, devi stare chiuso in casa, perché ogni volta che apri un malfattore può entrare.

La storia di questo Paese, se negli anni Cinquanta ci fossero stati al governo i Toninelli, sarebbe stata molto semplice. Avremmo, sparse ancora qui e là, le macerie della guerra, con qualche milione di poveracci a caccia di gatti da mangiare. Non ci sarebbero le autostrade che collegano il nord al sud, favorendo viaggi e commerci. Per andare da Roma a Milano ci vorrebbero dodici ore e non le sei attuali. I treni arriverebbero ancora con un giorno di ritardo. Certo non ci sarebbero gli incidenti come quello dell’altro giorno a Bologna, il quale incidente dimostra semmai che ci vorrebbero più autostrade e più gallerie, non meno. E, tanto per restare in tema, la massiccia emigrazione dal sud continuerebbe ancora come è accaduto dall’inizio agli anni Settanta del secolo scorso.

Ah, dimenticavo: oltre agli incidenti, avremmo risparmiato un sacco di soldi in tangenti, soldi che non avevamo perché eravamo un Paese povero e sottosviluppato.
Mi raccontò una volta un illustre predecessore di Toninelli, il ministro Gaspari, che nel dopoguerra i paesini della montagna abruzzese non avevano neanche i cimiteri, e che i morti venivano seppelliti in campo aperto e non di rado venivano oltraggiati dai cani randagi affamati. Gaspari, disprezzato dai moralisti, rispetto a Toninelli era De Gaulle. A metà degli anni Ottanta il pil dell’Abruzzo, già terra più povera d’Italia insieme a Calabria e Basilicata, era vicino a quello della Romagna, grazie a industria e a opere pubbliche. Certo, non mancò qualche mano lesta. Meglio restare tutti poveri o meglio rischiare qualche ladruncolo? Toninelli non ha dubbi, meglio poveri, ma onesti. Ma questa idea ha a che fare con i conventi francescani, che già quelli benedettini non sarebbero d’accordo.

Quindi la mangiatoia per le opere pubbliche è finita, insieme alle opere medesime. Le imprese che faranno da domani? E il lavoro? Questi non sono affari che riguardano Toninelli. Come i negri annegati o morti di lavoro non sono affare che riguarda Salvini, che ha dichiarato finita la mangiatoia delle Ong e anche la pacchia dei noti negri. Di Maio non è da meno, e dichiara finita la festa di vitalizi, pensioni d’oro e di tutto ciò che è stato costruito prima di lui. Perché il ministro del lavoro degli altri, non avendo lui mai lavorato, ha un solo obiettivo: ridare dignità ai fancazzisti.
Aridateci zio Remo, fate presto.


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).