Quando i simboli non contano più.

«Era un giorno di metà aprile del 2013 e mi presentai nel suo studio per sentire che cosa pensava delle tante pressioni, affinché restasse al suo posto. Se insistono, come fai a dire di no? E lui, di solito molto misurato, quel giorno ebbe uno sfogo. Buttò sul tavolo un plico di referti medici, e mi disse: ma allora non hai capito? Non sai che non sto bene? Passate ventiquattr’ore si sentì obbligato a cedere. Sciolse la riserva e fu rieletto. Da allora sembrò dimenticare tutto. Si rimise al lavoro. Sono persone, lui come Ciampi, di una stoffa particolare. Appartengono alla generazione che viene dall’antifascismo e che si identifica in una concezione del dovere molto forte. Se si fosse sottratto a quella chiamata nel nome della Patria – e so di usare un’espressione fuorimoda e spesso carica di valenze retoriche – Napolitano avrebbe vissuto il proprio ritiro come una diserzione»: così Arrigo Levi su “La Repubblica” del 15 gennaio scorso.

Lo stesso Levi, ex Direttore della Stampa, già inviato e corrispondente nelle più importanti capitali del mondo, amico e consigliere di Ciampi e Napolitano, non le manda a dire e, con la libertà di un “quasi coetaneo” di Napolitano, si sbilancia in giudizi, a dir poco, “tranchant”: Berlusconi? Un “incidente nella storia della Repubblica”. Grillo? Uno che non lascerà alcuna impronta. Il mito renziano di Telemaco? Insufficiente ad affrontare momenti di svolta, in cui servono “esperienza e continuità”. Di Salvini, Deo gratias, non parla, ma solo perché, bontà sua e fortuna nostra, l’intervistatore, Marzio Breda, gli e ci risparmia la domanda.

Su un punto, invece, Arrigo Levi è netto: sulle ombre che da anni accompagnano una figura d’alto profilo come quella del due volte Presidente della Repubblica. Cosa pensare del ruolo di Napolitano nella trattativa Stato-mafia? Cosa delle sue sfide con la Magistratura? Levi: «Non credo, assolutamente, che un uomo come lui abbia fatto nulla che deragliasse dai principi repubblicani, che si sia mosso fuori da una piena consapevolezza dei suoi doveri».

Sappiamo che le sue parole non saranno condivise da tutti. Ci rendiamo conto che il vento della contestazione soffia forte.

Su un punto, tuttavia, ci sembra di poter con lui concordare, come dire, “ad occhi chiusi”: un Paese, una Comunità, ha bisogno di simboli. La Resistenza, l’antifascimo, la Costituzione e gli uomini che li hanno resi possibili sono stati per decenni, per gli Italiani, un simbolo. Attorno a tali simboli, l’Italia repubblicana è nata e ha mosso i suoi timidi passi. Da neonata, più che da democrazia matura e con una lunga tradizione. Oggi, pare che non sia più così. Oggi, si vuole a tutti i costi abbattere ogni simbolo del recente passato in nome del cambiamento. Forse è giusto così. La storia va avanti, i simboli decadano e vengono soppiantati.

Toglieteci Napolitano, dunque. Ma chi ci date?


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...

2 COMMENTI

  1. Oggi ho visto la trasmissione di Rai Tv 3, “In mezz’ora”, condotta da Lucia Annunziata. C’erano Vespa e Mentana, Hanno fatto una carrellata di nomi: tutti appartenenti al mondo dell’establishment politico. Nessuna personalità veramente autorevole per qualità intellettuali o indipendenza culturale. Mi sa che ci sorbiremo il solito personaggio tutto interno alle logiche di equilibrio fra le cosiddette “forze politiche”. Io direi piuttosto lobby di interessi.

    • Ho il terrore che tu abbia ragione, caro Giuseppe. Ancor di più mi terrorizza l’idea che lo sport più di moda sia abbattere causticamente ogni simbolo

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