Venezia salva esprime, in poesia, la condanna del primato della forza nella società di ogni tempo.

Venezia salva esprime, in poesia, la condanna del primato della forza nella società di ogni tempo. La tragedia, incompiuta per la morte prematura di Simone Weil, è ora presentata con una nuova traduzione e un ampio commento di Domenico Canciani e Maria Antonietta Vito, tra i maggiori esperti del suo pensiero.

Due appuntamenti da segnare in agenda: il 28 aprile, ore 19.30, presso la Libreria Diderot, ad Andria, e il 29 aprile, ore 19.30, presso La Biblioteca di Babele, a Trani, per un incontro con i due curatori del libro.

La storia

Venezia salva (Castelvecchi, Roma 2016) è una tragedia in tre atti e rappresenta la sintesi in un microcosmo poetico delle idee e delle intuizioni del pensiero politico weiliano sui rapporti di forza nella società. È nata infatti dalla preoccupazione di Simone Weil per quella che ritiene essere una delle contraddizioni di fondo della vita umana divisa fra il sogno, stato violento in cui fa precipitare l’imperio della forza, e l’attenzione, che sola può sciogliere da quel sogno.

Il tema, tratto da una novella storica dell’abate di Saint-Réal, è la congiura degli spagnoli contro Venezia avvenuta nel 1618. Il complotto, ordito dal marchese di Bedmar, fu affidato per l’esecuzione a Renaud, signore francese di età avanzata, a Pierre, pirata provenzale, capitano e marinaio di fama, e a Jaffier, capitano di vascello, il quale fece però fallire la congiura per “pietà verso la città”. Questo è il nucleo di Venise Sauvée: una città perfetta, Venezia, che sta per esser piombata nel sogno orrendo della forza; un uomo attento che, all’improvviso, la vede e la salva.

Il tema del complotto, che al primo atto, come all’inizio delle guerre, persuade infantilmente lo spettatore, ruota su se stesso nel secondo e nel terzo, facendo cardine sul gran “corso di alta politica” con il quale Renaud, l’uomo machiavellico la cui ambizione è al servizio dell’io desideroso di onnipotenza, insegna in che modo il sogno del vincitore dovrà piombare nell’orrore della città vinta. Renaud e tutti gli altri congiurati, che si spartiscono Venezia come la torta del giorno dopo, non hanno il minimo rapporto con la città; a tal punto essi sono immersi nel sogno che ammettono di non riconoscere mai, durante un sacco, gli amici della vigilia che li implorano di risparmiarli. Solo Jaffier, l’unico che non sogna, l’anti-eroe che si distacca da se stesso, riesce a vedere le cose libere dalla “nebbia di valori menzogneri”, in primo luogo l’illusione della forza. Ciò che fa appello alla sua attenzione è la pace della città innocente, vulnerabile: una città non è del sociale, dell’ideologico da idolatrare, è “un ambiente umano del quale non si ha coscienza, come dell’aria che si respira”, un nutrimento insostituibile per un gruppo di esseri umani. Mosso dalla pietà per Venezia, Jaffier rivela il complotto al Consiglio dei Dieci in cambio della vita dei congiurati, i quali vengono comunque giustiziati poiché la ragion di Stato non permette al governo veneziano di rispettare la promessa fatta. L’orrore della perdita degli amici stravolge Jaffier: è ridotto allo stato di cosa, quello stato che la città doveva raggiungere; l’agonia ch’egli non ha voluto per Venezia, diventa la sua agonia, senza saperlo si è sostituito ad essa. Jaffier voleva salvare la bellezza di Venezia, questa bellezza lo aveva incantato, ma è la bellezza di una città dominata dalla ragion di Stato: si difende esattamente con la stessa tecnica politica con cui la si conquista.

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I curatori

Maria Antonietta Vito vive e lavora a Padova. Ha pubblicato due raccolte di poesie, La casa dei silenzi e Le stagioni del desiderio. Per la sua produzione lirica ancora inedita, è stata segnalata al Premio Internazionale Eugenio Montale. Ha esordito nella narrativa con un’opera intitolata Il Viaggio ed ha poi pubblicato, presso Tullio Pironti, il romanzo Il disincanto. Si è cimentata con la scrittura teatrale in un dramma allegorico sulla figura poetica del Tasso.

A Simone Weil ha dedicato un Oratorio, Il silenzio di Jaffier, rappresentato da due diverse compagnie. Ha in cantiere un’altra opera teatrale, sempre ispirata alla figura di Simone Weil.

I suoi contributi su Simone Weil sono in Simone Weil e l’amore per la città (Il Poligrafo, Padova 2010) e in Simone Weil. Dentro e fuori la Chiesa (Editrice Rotas, Barletta 2011), volumi nei quali si trovano anche i contributi di Domenico Canciani.

Ultimamente ha curato con Paolo Farina In dialogo con Simone Weil. Le provocazioni della Lettera a un religioso, Effatà Editrice, Cantalupa (Torino), 2015.

Domenico Canciani ha insegnato Lingua e cultura francese presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Le sue ricerche hanno riguardato le Minoranze, i conflitti linguistici e culturali, la storia intellettuale nella Francia del XX secolo e nel Maghreb. Su questi temi si possono citare: Les paroles niées des fils d’Amazigh. Poésie berbère traditionnelle et contemporaine, in collaborazione con Mouloud Mammeri e Tassadit Yacine, 1992; Le ragioni di Babele. Le Etnie tra vecchi nazionalismi e nuove identità, in collaborazione con Sergio De La Pierre, 1993; L’Esprit et ses devoirs. Écrits de Claude Aveline 1933-1956, 1993.

Ha lavorato sugli orientalisti francesi e sui temi del dialogo interreligioso, curando e introducendo i volumi Louis Massignon, L’ospitalità di Abramo. All’origine di ebraismo, cristianesimo e islam, 2002; Louis Massignon, La suprema guerra santa dell’islam, 2003.

Da anni si dedica allo studio della vita e del pensiero di Simone Weil, pubblicando saggi e monografie. Tra i suoi volumi: Simone Weil prima di Simone Weil, 1983; Simone Weil. Il coraggio di pensare. Impegno e riflessione politica tra le due guerre, 1996; Tra sventura e bellezza. Riflessione religiosa ed esperienza mistica in Simone Weil, 1998.

Ha inoltre curato il volume Simone Weil, Sul colonialismo. Verso un incontro tra Occidente e oriente, 2003.

Con Florence de Lussy ha realizzato il volume Simone Weil, Œuvres, Quarto, Gallimard, Parigi, 1999; presso le edizioni parigine Beauchesne, ha pubblicato L’intelligence et l’amour. Réflexion religieuse et expérience mystique chez Simone Weil, 2000.

Nell’ottobre 2011 ha pubblicato, presso Beauchesne, Simone Weil. Le courage de penser, che contiene la sintesi delle sue ricerche su Simone Weil. Nel 2012, questo volume ha ricevuto il Prix Biguet de l’Académie Française. Collabora regolarmente con i «Cahiers Simone Weil» e pubblica, per lo più, in francese e in italiano. Suoi lavori sono stati tradotti in tedesco, spagnolo e polacco.

Insieme, Domenico Canciani e Maria Antonietta Vito hanno curato i volumi : Marguerite Yourcenar – Simone Weil, Elettre. Lettura di un mito greco, 2004, per le Edizioni Medusa; per Castelvecchi: Dichiarazione degli obblighi verso l’essere umano, 2013; Una costituente per l’Europa. Scritti londinesi, 2013; L’amicizia pura, 2013 (volume che il 17 ottobre 2014 è stato insignito del Premio Nazionale «Matera città cristologica»); Viaggio in italia, 2015; Padre nostro, 2015.

Promemoria: incontro con i due curatori il 28 aprile, ore 19.30, presso la Libreria Diderot, in via L. Bonomo 27, ad Andria, e il 29 aprile, ore 19.30, presso La Biblioteca di Babele, piazza dei Longobardi 34, a Trani.