Valentino Parlato durante l'Assemblea nazionale "Cosmopolitica" organizzata da movimenti, associazioni e da Sel-SI presso il Palazzo dei Congressi a Roma, 19 febbraio 2016. ANSA/CLAUDIO PERI

Se n’è andato nell’istante cui ha capito di aver dato tutto se stesso a difesa dei più deboli, se n’è andato da uomo forte contro i poteri forti

Si è spento, all’età di 86 anni, Valentino Parlato, tra gli storici fondatori de “Il Manifesto”, giornale che, nella sua edizione online, lo ha ricordato definendolo “comunista per tutta la vita“.

Nato in Libia, il 7 febbraio del 1931, Parlato ha intrapreso la sua carriera giornalistica negli uffici redazionali de “L’Unità” contribuendo, in seguito, anche al successo di “Rinascita”, con cui ha collaborato fino alla fine degli Anni Sessanta. Nel 1969, infatti, dopo essere stato espulso dal Partito Comunista Italiano, a causa di dissidi interni legati alle intemperanze del suo carattere, Valentino Parlato comincia l’avventura nel Manifesto dove lavora, sin dalla prima tiratura, a stretto contatto con autorevoli firme, quali Aldo Natoli, Luciana Castellina, Ninetta Zandegiacomi e Luigi Pintor. 

La scalata ai ruoli più importanti del giornale è immediata e, nella sede capitolina di Via Bargoni, occupa, spesso, tra il 1975 e il 2010, la poltrona di Direttore, o Condirettore, come da abitudine del Manifesto. Prima di lasciare, nel 2012, il proprio posto di lavoro, dedica due libri a quello che è stato il suo mondo: Se trentacinque anni vi sembrano pochi (Rizzoli 2006), provocatorio dispaccio del decadimento etico della società e La rivoluzione non russa. Quaranta anni di storia del Manifesto (Manni 2012), sunto delle folli idee che portarono alla fondazione di un quotidiano comunista e pacifista.

Si è raccontato nel documentario autobiografico Vita e avventure del Signor di Bric à Brac, scritto e diretto da suo figlio Matteo, a sei mani insieme a Marina Catucci e Roberto Salinas. La pellicola mostra un nuovo lato di Valentino Parlato, un aspetto autoironico sconosciuto ai più. La metafora del bric à brac, poi, simboleggia lo scarso valore che bisognerebbe attribuire alle cose futili dell’esistenza, un uomo che si racconta ravanando nel cassetto dei ricordi oggetti preziosi e gioielli falsi, come volesse vivere senza prendersi troppo sul serio.

Aveva recentemente confessato di aver votato per Virginia Raggi alle comunali di Roma, tradendo, per la prima volta, la Sinistra. Se n’è andato nell’istante cui ha capito di aver dato tutto se stesso a difesa dei più deboli, se n’è andato da uomo forte contro i poteri forti.