L’avvocato Carta è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Cagliari dal 1998 e abilitato alle Giurisdizioni superiori. È un ufficiale in congedo dell’Arma dei Carabinieri. Odysseo lo ha intervistato perché incuriosito dal suo porsi come un avvocato del tutto “atipico”.

Avv. Carta come inizia il suo percorso professionale?

Sono stato un ufficiale di complemento dei Carabinieri: così erano chiamati i militari di leva che, un tempo, previo superamento di un apposito concorso, venivano sottoposti ad un addestramento più lungo dei normali soldati e che svolgevano il servizio con il grado di sottotenente. Gli ufficiali di complemento diventavano effettivi dell’Arma se superavano un ulteriore concorso di rafferma, per titoli, ed uno finale, due anni dopo, per esami. Superai anche il secondo concorso, ma, alla vigilia della rafferma biennale, decisi di rinunciarvi e di congedarmi, in quanto, dopo un anno e quatto mesi trascorsi nell’Arma, avevo maturato la consapevolezza che sarei stato più utile ai Carabinieri dall’esterno, nel ruolo di avvocato, che non dall’interno, quale ufficiale gravato da una rigida e spesso cervellotica disciplina militare.

Qual è, dunque, la sua idea circa l’Arma dei Carabinieri?

Fare “lo sbirro” era il mio sogno, coltivato sin da bambino. ed ero convinto che non esistesse un lavoro più bello e avventuroso.  Malgrado tutto, lo penso ancora, ma l’Italia è il posto sbagliato per fare il tutore dell’ordine. L’esperienza diretta, infatti, mi ha fatto capire che l’Arma dei Carabinieri non era quella che avevo immaginato.

Avevo creduto di far parte di quell’istituzione dal volto umano che ci propinano la televisione ed il cinema ed ho trovato, invece, una struttura burocratica, austera ed ingessata da un rigido verticismo, troppo spesso attenta alla salvaguardia di un’immagine esterna gloriosa, ma sempre più lontana dalla realtà. Da tempo, i numerosi suicidi dei carabinieri riflettono un malessere diffuso e percepibile. Trovavo incomprensibile la liturgia dei circoli ufficiali, nei quali contavano più i gradi rivestiti che la capacità e la cultura del singolo. Da questo punto di vista, la Polizia di Stato è anni luce avanti, avendo da tempo accantonato inutili formalismi per privilegiare la sostanza.

Ricordo che mi rendeva perplesso il fatto che interi plotoni di carabinieri fossero a lungo impiegati nella preparazione di cerimonie e guardie d’onore, mentre magari alla stazione Termini si rischiava di essere scippati impunemente perché scarseggiava il personale di polizia impiegabile.

Ciò non toglie che, da sempre, la mia più sincera ammirazione vada ai tanti carabinieri e poliziotti che quotidianamente, nonostante le risorse limitate e le vessazioni gerarchiche, svolgono il loro lavoro lealmente e si arrabattano come possono per proteggerci dal crimine. Ho molto rispetto per questi eroici padri di famiglia, silenziosi e dimenticati da tutti, a cui dobbiamo la serenità della nostra esistenza. Lavorerò sempre per proteggerli e per farli progredire sul piano dei diritti.

L’Italia, purtroppo, non è un paese per poliziotti, perché non è assolutamente semplice, non solo dal punto di vista materiale, ma anche psicologico, indossare una divisa. In questo momento storico, un carabiniere o un poliziotto svolgono il proprio lavoro facendo affidamento solo sulla propria passione, non certo per aspirare ad un ringraziamento pubblico,  dato che quasi nessuno è disposto a comprendere i sacrifici da loro affrontati.

Recentemente è nata un’accesa polemica tra il direttore di Antimafia2000, il dott. Giorgio Bongiovanni, e il colonnello De Caprio che ha definito “volgare, borghese, reazionaria” l’informazione del portale web.  Nonostante le tante ombre, generate dalla mancata perquisizione del covo di Riina, il colonnello De Caprio è considerato da tanti un’icona dell’antimafia.  Esistono Carabinieri di “serie A” e carabinieri di “serie B” ?

Onestamente non conosco il merito della polemica tra il colonnello De Caprio e il direttore di Antimafia2000, una testata giornalistica che apprezzo molto per il coraggio e l’onestà intellettuale. Nemmeno conosco personalmente il direttore che, però, mi appare persona preparata e corretta. Non per questo mi sottraggo alla domanda.

Tendenzialmente, un aspetto peculiare dell’Arma dei Carabinieri, che può essere negativo o positivo a seconda dei punti di vista, è l’idiosincrasia per gli eroi mediatici vivi. Mi spiego meglio: se pensiamo, ad esempio, ai casi dei colonnelli De Caprio e Garofano o del Generale Dalla Chiesa, che in un certo periodo storico hanno avuto una notevole notorietà mediatica, si trae in riferimento a questa la sensazione di fastidio e di insofferenza della scala gerarchica. Questo per dire che l’Arma, nel bene o nel male, non gradisce qualsiasi forma di protagonismo personale, riservando ogni ribalta alla sola istituzione, complessivamente intesa. È invece molto più propensa alla celebrazione postuma dei tanti martiri, come Salvo D’Acquisto o lo stesso Generale Dalla Chiesa, ma dopo la sua tragica morte, ai quali sono dedicate numerose caserme.

La questione, relativa ai carabinieri che conducono una vita facile e ad altri, che invece vivono un’esistenza difficile, dipende da molte altre circostanze che però non possono essere riassunte in poche parole.

(Leggi la seconda parte dell’intervista)


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Una famiglia dalle sane radici, una laurea in Giurisprudenza all’Università di Bologna, con una tesi su “Il fenomeno mafioso in Puglia”, l’esperienza di tutti i giorni che ti porta a misurarti con piccole e grandi criticità ... e allora ti vien quasi spontaneo prendere una penna (anzi: una tastiera) e buttare giù i tuoi pensieri. In realtà, non è solo questo: è bisogno di cultura. Perché la cultura abbatte gli stereotipi, stimola la curiosità, permettere di interagire con persone diverse: dal clochard al professionista, dallo studente all’anziano saggio. Vivendo nel capoluogo emiliano ho inevitabilmente mutato il mio modo di osservare il contesto sociale nel quale vivo; si potrebbe dire che ho “aperto gli occhi”. L’occhio è fondamentale: osserva, dà la stura alla riflessione e questa laddove all’azione. “Occhio!!!” è semplicemente il titolo della rubrica che mi appresto a curare, affidandomi al benevolo, spero, giudizio dei lettori. Cercherò di raccontare le sensazioni che provo ogni qualvolta incontro, nella mia città, occhi felici o delusi, occhi pieni di speranza o meno, occhi che donano o ricevono aiuto; occhi di chi applica quotidianamente le regole e di chi si limita semplicemente a parlare delle stesse; occhi di chi si sporca le mani e di chi invece osserva da una comoda poltrona. Un Occhio libero che osserva senza filtri e pregiudizi…

1 COMMENTO

  1. Riflessione estremamente interessante circa una situazione rappresentata in tutta la sua autenticità, come molti di noi sanno.
    Grazie (aspetto la seconda parte!)

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