Dagli immortali versi di Dante, nel XXVI Canto dell’inferno, interpretati magnificamente dal poeta Benigni in tutto il mondo (chi pensa che Benigni non sia di portata mondiale, pensi alla diffusione dei suoi video su YouTube) ad una piccola scuola di Andria, la “P. Cafaro”. Nell´atrio di ingresso, infatti, si può trovare questa scritta. Un monito per gli studenti ad impegnarsi.
Dal piccolo al mondo, dall’immortale alla durata di una generazione, la nostra, che ha visto lo stesso castigo di Ulisse abbattersi su di se. I signori della politica e dei talk show, se qualcuno sa ancora distinguere tra i due, la chiamano fuga di cervelli.
Trattasi di un inspiegabile fenomeno per il quale i giovani irriconoscenti voltano le spalle al Paese. Si preferisce cercare sicuro posto di lavoro altrove, piuttosto che rimboccarsi le maniche per rimettere in sesto una nazione allo sbaraglio. La maggior parte punta alla Germania. Ironico che i tedeschi abbiano un nomignolo dispregiativo per gli italiani. Li chiamano Itaca.
I giovani non vogliono lottare. Frase diffusissima, alla portata di tutti i politicanti e mentori che sono chiamati a giustificare questo fenomeno. La domanda che dovrebbe solitamente seguire sarebbe se queste persone hanno mai preso uno zaino in spalla, lasciato casa e amici e intrapreso da soli un viaggio senza ritorno programmato.
È così facile farlo, che forse non ci hanno mai pensato.
I motivi sono facili da individuare, senza disturbare esperti. Non così diretti come ci viene detto. Uno studio di Coldiretti del 2012 dice che l´età media dei banchieri italiani è 67 anni, seguiti dai parlamentari dell´allora governo Monti 64, seguono i professori universitari 63 e i dirigenti pubblici 61. Un ricambio generazionale allarmante che mostra quanto spazio si dia ai giovani per entrare nelle camere dei bottoni.
Se poi sei giovane e addirittura ragazza, le quote rosa in questi settori sono spietate e quasi inesistenti. Esattamente in controtendenza con l´andamento delle quote rosa nelle aziende private quotate in borsa (dove bisogna rendere), solitamente le più virtuose, che mostrano come in solo 2 anni si sia passati dal 7,4% al 10,6% (Fig.1). Questo solo a livello nazionale.
Ai miei tempi a scuola il professore diceva di prendere esempio dai più bravi. Sembra che il consiglio non valga per gli adulti. Non solo nel pubblico non c´è posto per i giovani, ma si fa anche di tutto per incentivarli ad andare fuori casa.
Il famoso progetto Erasmus, che solo lo scorso anno rischiava di andare in pensione, è stato finanziato dalla Comunità Europea con ben 14 miliardi di Euro, addirittura ampliato. Di qui il nome Erasmus+. Se in tempi di crisi vengono messi a disposizione questi fondi, non è per meri motivi umanitari. C´è un ritorno economico per le nazioni che partecipano a questo programma che supera la cifra investita. Le università e gli istituti italiani, come quelli di tutta Europa, faranno a gara per accaparrarsi quei fondi. Incentiveranno gli studenti a partire, perché i fondi arrivano all´università solo se lo studente se ne va.
Morale? Ci si potrebbe dilungare ore, scrivere decine di articoli e interi giornali e disquisire con demagogia su colpe politiche, eventi economici e responsabilità. Le cause sono ben piùcomplesse di quanto telegiornali e riviste possono divulgare in poche facciate.
L’obiettivo di questo articolo non è fare polemica, ma offrire una nuova chiave di lettura, perché questo fenomeno non deve essere visto come negativo e irreversibile. D’altronde anche Dante, che condanna Ulisse, in realtà per contrappasso, ne esalta le virtù.
La crescita individuale di una esperienza all’estero è indiscussa e anche quella economica. I giovani che rimangono senza lavoro non solo sono un peso per le loro famiglie, ma anche per la società. Sussidi, casse integrazioni e simili sono fondi a cui anche uno studente che si è appena laureato deve attingere, in maniera diretta o indiretta e che invece non tocca se riesce a trovare possibilità all’estero per auto-sostenersi con un lavoro.
Una seconda chiave di lettura è puramente manageriale. In tempi di crisi le aziende investono denaro nella ricerca e sviluppo. Non si corrono rischi nell’accrescere il proprio know-how, al massimo si affrontano costi. Il margine di guadagno (Return On Investment – ROI) che offre una innovazione è molto più alto dei costi che comporta l´investimento ad esso relativo (non c´è da sorprendersi se il settore farmaceutico è uno dei piùredditizi del mercato globale). I costi che la “fuga all’estero” comporta per un singolo individuo, giovane e senza famiglia, sono sicuramente un investimento irrisorio per un potenziale ROI di cui l´intero Paese può beneficiare. Con l´ulteriore vantaggio che i costi li sostiene il ragazzo, e non la sua famiglia.
Elevato ritorno è nel mondo della finanza sinonimo di elevato rischio. Il Paese beneficia di un ROI elevatissimo per ogni giovane che ritorna, avendo corso un rischio pari a zero! Markowiz, padre della Portfolio Selection Theory, ossia colui che è ha creato un modello per calcolare e controllare il rischio degli investimenti finanziari, tornerebbe a ricredere nell´esistenza del paese dei balocchi.
La certezza di un ritorno non c´è e di sicuro la buona cucina e il sole non sono le uniche leve su cui il Paese può contare per rendere il ritorno un´appetibile scelta di vita.
Dal globale al locale, è l’ideale di questo giornale, portare le idee e le esperienze di tutto il mondo in una realtà quotidiana. Le idee sono leggere e viaggiano alla velocità di un click. I loro effetti dirompenti lo dimostrano i moti di rivoluzione e indipendenza avuti di recente nel nord Africa.
Rivisitando Edison un’idea è solo l´1% di un grande successo. Dopo una rivoluzione bisogna costruire, è li che si concentra il 99% del lavoro.
L´intento di questo giornale può essere d´esempio. Gente adulta che prova a creare una rete per ricollegare i giovani alle proprie origini. E´ quello che si dovrebbe fare in larga scala, le generazioni adulte devono ricreare le condizioni per agevolare il ritorno. La velocità con cui avvengono i cambiamenti spaventa le vecchie generazioni che si sono chiuse a riccio nelle proprie posizioni e non lasciano spazio per i giovani. A loro il compito di riuscire a spezzare quelle spine. Senza quelle i giovani possono tornare col loro bagaglio di esperienze e innescare quel circolo virtuoso di innovazione e sviluppo che può riportare il nostro Paese agli splendori che merita.
C´è da fare uno sforzo di astrazione, ma neanche tanto difficile, per capire che il mercato del lavoro e dei prodotti non è più tra le Alpi e il mare, ma riguarda tutta l´Europa in primis e sarà sempre più in espansione. Le scorse generazioni migravano al Nord per imparare a lavorare nelle aziende, quella era innovazione. I fenomeni sociali sono esattamente gli stessi, solo più rapidi e in larga scala. Le generazioni odierne migrano verso l´Europa per continuare a formarsi, per conoscere un mercato sconosciuto alle piccole-medie imprese italiane. Puntare i piedi e dire che le aziende non ce la fanno è facile. I limiti strutturali della nostra società sono evidenti. Il margine di miglioramento enorme. Dall´Europa si può e deve imparare. Chi vuole imparare può intraprendere un viaggio all´estero, o può aprire la porta a chi all´estero c´è già stato, ci ha vissuto ad ha assorbito anche senza accorgersene un modo di pensare e vedere diverso. Biologicamente si chiama inprinting, un fenomeno indiretto di adattamento all´ambiente in cui si vive. Le aziende lo chiamano know-how. I viaggiatori, esperienza.
Questo giornale parte da un´idea delle generazioni adulte, che danno un segnale e punta a riunire i giovani Ulisse che si trovano in giro per il mondo. Un pioniere, questo Odisseo, maturo dopo il suo peregrinare, che vuole innescare un processo nuovo. Dal mondo, al locale e di nuovo al mondo.
In fondo, anche Ulisse ha intrapreso un viaggio per poi tornare alla propria Itaca.