La storia di Parmenide è sempre attuale nella vita, in modo particolare nell’arte culinaria. È una continua battaglia tra il Kouros (doctior: “colui che ne sa di più”…) e il Brotos (spadellatore: colui che sa usare le mani…). Spesso, in una ricetta ci sono ingredienti e procedimenti solo perché si è visto fare dai nostri antenati e continuiamo a ripeterli senza domandarci il perché e se sia giusto o sbagliato seguire quel determinato procedimento. Ecco: il Brotos è la causa della storia infinita tra il polpo e il sughero!

Si è sempre saputo che la cucina è arte, ma l’arte senza la storia, la conoscenza diventa insipida come una minestra.

Ricordo in una delle mie stagioni lavorative estive, in tenera età, quando iniziavo a fare piccoli passettini rimanendo meravigliato delle grandi attrezzature impiegate e dai profumi e colori degli alimenti, ma tra tutti questi quello che rimaneva più impresso, oltre alla sauna in cucina (in estate si toccano anche i 40 C° tra forni, friggitrice e piastre varie), era il cuocere il polpo col sughero. Essendo alle prime armi, la meraviglia era tanta, la curiosità ancor di più. Iniziai a chiedere il motivo di questa operazione, ma ahimè i Brotos erano sempre in agguato. La leggenda metropolitana più comune era che diventasse più tenero a causa dei tannini presenti nel tappo di sughero.

Crescendo, fai delle ricerche e tenti di arrivare al nocciolo di ogni cosa, senza fermarti alla doxa (al pensiero comune della massa) e ti rendi conto che l’usanza del tappo di sughero nasce in modo particolare nel Sud Italia (non so voi, ma a me viene in mente Bari), dove il polpo pescato veniva sbattuto sugli scogli, poi cotto e venduto per strada. Possiamo immaginare le difficoltà del pescatore nell’immergere le braccia in grandi pentole bollenti oppure farsi aiutare con qualche forchettone alla ricerca del polpo da tagliare per la vendita. Si pensò allora di legare i polpi ad uno spago, a sua volta legato al famoso turacciolo. Quest’ultimo, essendo fatto di cellule morte dell’albero, contiene camere d’aria e favoriva il galleggiamento del polpo, rendendolo facilmente visibile e raggiungibile con una semplice forchetta che permetteva di estrarlo dal Court-Bouillon, senza rischi di scottature.

Beninteso, ancora oggi, nonostante diverse ricerche abbiano assodato il tutto, c’è chi continua a essere testardo e ad addurre chissà quali motivazioni scientifiche sull’utilizzo del sughero nella cottura del polpo. Contenti loro…

Ad ogni modo, una volta cotto il polpo ci possiamo sbizzarrire con molte e diverse ricette.

C’è chi lo preferisce crudo e appena pescato, chi invece cotto e mangiato come insalata di mare, oppure tentacoli alla brace, ottimo come primo: con la calamarata, polpi e pomodorino fresco; ancora, c’è chi lo gusta come carpaccio-kebab di polpo condito con olio, limone e una bella macinata di pepe.

Non vi nascondo che uno dei piatti maggiormente proposti e venduti sono i tentacoli cotti alla brace e serviti su uno zoccolo di patate lesse schiacciate, il tutto condito con sale pepe e olio e una crema di favetta e di pomodoro ciliegino candito, con qualche rametto di maggiorana tra i tentacoli come decorazione e con tre gocce di riduzione balsamica al bordo del piatto.

Ottimo dal punto di vista cromatico, un piatto che va in altezza e soprattutto un piatto completo dal punto di vista nutrizionale: anche senza l’utilizzo del tappo di sughero!