Nell’ultimo Consiglio Comunale della città di Andria si è deciso di far nascere un “coordinamento sulla sicurezza ed il controllo del fenomeno dell’immigrazione clandestina”. Lo si è deciso a seguito di un vasto dibattito che ha interessato il Consiglio e la città tutta, in cui si sono udite cose sensate e meno sensate (di più meno sensate per la verità). Fra i contributi alla discussione c’è stato anche un articolo del consigliere di maggioranza Lullo, pubblicato su Andrialive il 29 ottobre u.s.

Nel pezzo Lullo difende la scelta di istituire il coordinamento viste le condizioni in cui vivono gli immigrati nel centro storico cittadino, e poi perché «la gente è stanca di aitanti giovanotti che bivaccano con smartphone e auricolari d’ordinanza o intralciano il passo agli ingressi dei supermercati; è stanca di vederli, a fine giornata, chiedere alle cassiere di cambiare le monete in banconote e andarsene a casa con 70/80 euro […]».

Leggendolo mi sono ricordato che tempo fa avevo fatto qualche domanda proprio al prototipo di persona finito oggi al centro delle attenzioni della maggioranza: un immigrato clandestino che vive nel centro storico. Riproporre quella conversazione allora potrebbe aiutare a capire di cosa stiamo parlando.

Incontrai il ragazzo a Porta Castello in una serata freddissima di febbraio. Gli chiesi se parlasse italiano, se potessi fargli qualche domanda, lui acconsentì. Gli dissi il mio nome, lui rispose con il suo, Mohammed, poi ci fu un breve silenzio, uno scambio di sguardi, e rise. “Mohammed” per gli arabi è lo stesso che “Mario Rossi” per gli italiani. Dopodiché mi disse il suo vero nome, lungo, articolato, per queste ed altre ragioni scriveremo “Mohammed”.

Mohammed: ho 33 anni e vivo ad Andria da 5 anni. Sono arrivato in motoscafo dalla Libia. Io sono marocchino, mi ero trasferito in Tunisia per lavorare. Di lì mi sono spostato in Libia dove ho prestato servizio in un bar in aeroporto, circa 3 mesi. Poi un signore mi ha proposto di andare nel deserto a lavorare nei giacimenti petroliferi e lì, fra noi ragazzi, è iniziata a girare la voce che in Italia c’era lavoro e si guadagnava bene, così ho deciso di partire.

Come è stato il viaggio in mare?

Mohammed: è durato 3 giorni. Ci avevano detto che sarebbe durato 18 ore, ma siamo partiti che il motoscafo già imbarcava acqua. Lo scafista non era buono, ha sbagliato rotta, poi voleva attraccare in Sicilia così che lui sarebbe potuto scappare, alla fine si è convinto a raggiungere Lampedusa dove gente con cui eravamo in contatto già dalla partenza ci ha accolto dandoci cibo, soldi e rifugio. Se i poliziotti ci avessero trovato, ci avrebbero arrestato. Quando alla fine abbiamo messo piede su suolo italiano abbiamo sentito la libertà.

Perché hai deciso di partire? Niente lavoro?

Mohammed: no in Marocco c’è lavoro, ma si guadagna poco. Mio padre è morto e mia madre non riesce a mantenere 4 sorelle e 3 fratelli. Solo una è sposata. Io tento di aiutare mandando soldi, ma dal 2007 che son qui son riuscito a fare molto poco. Nonostante tutto, quando sento mia madre, lei mi incoraggia a rimanere perché il Marocco dice che è in rovina. Da quando sono in Italia non sono più tornato al mio paese, in 5 anni non sono riuscito ad avere il permesso di soggiorno eppure non ho mai avuto problemi con la legge.

Quindi ora sei senza “permesso”?

Mohammed: guarda è sempre stato difficile averlo, ma adesso è proprio un casino. Ho paura anche ad andare in ospedale. Ci sono stato 4 giorni la settimana scorsa (mi fa vedere le prescrizioni del medico) a causa del freddo. A lavorare in campagna prendi tanto freddo e poi vivevo in una casa abbandonata fuori Andria, altro freddo. Per fortuna ora un mio amico è andato in Svizzera e mi ha lasciato casa sua nel centro storico, va meglio.

Come mai sei arrivato proprio ad Andria?

Mohammed: i miei genitori conoscevano una famiglia di Sesto Calende, vicino Vicenza. Sono stato da loro ma l’uomo continuava a dirmi “cosa sei venuto a fare?! Qui non c’è niente, non c’è lavoro…”, così sono andato a Milano. Lì sono stato 15 giorni, faceva freddissimo, dormivo per strada. Poi ho conosciuto un signore, era ottobre e mi ha detto che ad Andria era stagione di raccolta olive, così sono venuto. Ho trovato subito lavoro e sono stato per 4 anni sotto lo stesso padrone, solo quest’anno ho smesso perché voleva abbassarmi lo stipendio (35 euro, ndr).

Se potessi tornare indietro lasceresti di nuovo il Marocco?

Mohammed: certo, io voglio stare qui fino alla fine. Del resto ad Andria c’è brava gente. Quando arrivai 5 anni fa, appena uscito dalla stazione, il proprietario di un locale mi diede pizza, coca cola, acqua e sedici euro, mi indicò anche la piazza dove i padroni vanno ad assumere mano d’opera (Porta Castello o Porta la Barra, ndr). Oppure quest’anno un signore mi ha trovato che rovistavo nella spazzatura, mi ha fatto salire in macchina, c’erano la moglie e suo figlio, te lo giuro mai nessuno mi aveva fatto una cosa del genere, mi ha dato vestiti nuovi, cibo, mi ha addirittura pagato le spese del dentista. C’è anche brutta gente, ma la brutta gente non la devi guardare, quella è dappertutto, in Tunisia, Algeria, Marocco. Se solo ottenessi il permesso di soggiorno … è la cosa fondamentale, il permesso di soggiorno!

Solo una considerazione finale. Personalmente la cosa che mi lascia basito di una storia del genere, è il fatto che non sia straordinaria. Il fatto che sia una storia come altre centinaia di migliaia ce ne sono, è una cosa che per me ha dell’incredibile. I protagonisti di queste vicende sono uomini, donne, ragazzini, che con le loro scelte danno prova di un coraggio e di una resistenza che molti di noi nella propria vita non troveranno mai. Ecco che mi dico che di fronte ad epopee del genere, noi non siamo nessuno per giudicare uomini, donne, ragazzini, se a un certo punto decidono di sedersi in strada, con smartphone e cuffie d’ordinanza, ad ascoltarsi la musica, o a parlare con i propri cari, a raccontarsi come va la vita dall’altra parte del mare.