Mais

Si è chiusa pochi giorni fa la seconda edizione del MAIS, festival dedicato alle arti figurative svoltosi ad Andria, negli spazi dell’Officina San Domenico, dal 19 al 23 dicembre.

Mostre personali e collettive, workshop tematici, proiezioni, installazioni, dj set: in tutto stimate 2000 presenze nei 4 giorni che hanno richiamato appassionati e curiosi da tutta la Bat, fino a Foggia e Bari. Dunque bilancio positivo per gli ideatori e organizzatori del format, Daniele Geniale e Valentina Lorizzo, l’uno street artist, l’altra illustratrice, che hanno accettato di fare una chiacchierata con noi per raccontarci quello che è stato.

L’esigenza e la voglia di organizzare un festival del genere da dove è nata?

Valentina: Per quanto riguarda me, l’anno scorso ho girato abbastanza e visto diversi festival, il “Ratatà” a Macerata o “Illustri” a Vicenza. Quest’ultimo in particolare aveva raccolto tutti gli illustratori più autorevoli in Italia, almeno in quel momento, e mi è venuto naturale pensare di organizzare qualcosa da noi che s’ispirasse a quel modello.

Daniele: Del resto ci è capitato spesso di essere ospiti di altri festival con i nostri lavori, così abbiamo maturato la curiosità di metterci alla prova come organizzatori. Volevamo un festival che avesse una coerenza intrinseca, ma che fosse multidisciplinare, dunque ci abbiamo messo Musica, Arte, Illustrazione, Street Art: M.A.I.S. Oltre a essere un acronimo, questa parola in portoghese vuol dire “più”, considerato che scopo principale del festival è quello di portare valore aggiunto al contesto in cui si realizza, il termine ci è sembrato perfetto. Quando l’abbiamo trovato ci siamo abbracciati, quell’abbraccio ha sancito l’adozione del nome e quindi la nascita del festival.

Qualunque cosa nasca da un abbraccio non può che essere una cosa buona. A parte gli scherzi, mi sembra di capire che il format sia stato costruito intorno a due macrosezioni: street art e illustrazione.

Valentina: Sì è così, all’interno però tante ibridazioni. Ad esempio i “collage digitali” di Paola Fortunato che son stati parecchio apprezzati, i cortometraggi animati de “La scatola blu”, le serigrafie del collettivo “Ammostro”. Una cosa che ci rende particolarmente fieri è l’aver portato un po’ di MAIS anche fuori dalle mura dell’Officina, dipingendo alcune pareti delle case circostanti. È stato gratificante vedere l’entusiasmo con cui i proprietari di quelle case hanno firmato le liberatorie per permetterci di dipingerle. Stiamo parlando di un’area che fino a qualche tempo fa era totalmente marginalizzata. Una delle dirimpettaie, durante i 2 giorni di lavoro ci ha offerto bevande, biscotti e qualsiasi tipo di aiuto culinario. A dipingere ci hanno aiutato i bambini del quartiere e tutto ciò ovviamente ha ben predisposto gli artisti stessi.

Daniele: È per questo che preferiamo non parlare più di “street art”, bensì di “arte urbana”. Chi opera in tale ambito ormai lavora come lo farebbe un urbanista o un architetto. Ossia l’intervento ha alla base una progettualità ben definita che nasce dallo studio del contesto in cui poi si andrà ad implementare, ed ha come finalità un miglioramento dello spazio in cui la gente quotidianamente vive. Nel nostro caso specifico, abbiamo tenuto conto delle tonalità predominanti nel circondario e abbiamo riflettuto molto sull’artista a cui affidare il lavoro. Non avremmo mai incaricato qualcuno caratterizzato per temi lugubri e tonalità cupe, se pur bravissimo nell’esecuzione, semplicemente perché sarebbe stato inopportuno. Si sarebbe rischiato quello che gli addetti ai lavori chiamano “fuori tema visivo”.

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Quali sono state le connessioni del Festival con la scena nazionale e internazionale?

Daniele: Sono state diverse e variegate. Barlo, un artista originario delle nostre parti, ci ha inviato da Hong Kong, dove vive da anni, 5 opere realizzate per la rivista specialistica “Gorgo”. Altri 6 pezzi sono arrivati da un collettivo di Bergamo, “Pigmenti”, fra queste una di João Samina, artista brasiliano. Poi Vincenzo Corcelli e Alessandro Suzzi, gli stessi che hanno realizzato il murales in esterna. Leo Ragno, docente all’Accademia delle Belle Arti di Foggia. E poi tanti artisti locali.

Valentina: Per quanto riguarda le illustrazioni, ho cercato di condurre una selezione armonica, pescando fra gli artisti che secondo me in questo momento sono i più rappresentativi della scena. Ci hanno mandato opere dalla Sardegna, Torino, Genova. Ad esempio Monica Barengo, Margherita Barrera, Andrea Casci e, fra gli altri, Francesco Poroli, di Milano, che ha composto un’opera appositamente per il MAIS.

Che idea vi siete fatti della scena artistica meridionale. Come è essere giovani artisti che vivono e lavorano nel Sud Italia?           

Daniele: Io personalmente pur lavorando in quest’ambito qui, mi sento meno artista e più professionista. Sono designer, grafico, con master e specializzazioni in comunicazione visiva e multimediale alle mie spalle. Al momento non ho alcuna pulsione ad andarmene, forse perché ho vissuto per 10 anni altrove, sia in una città diversa da Andria, che in una nazione diversa dall’Italia, che in un continente diverso dall’Europa. Ma anche perché il mio Sud è la Puglia. È innegabile che la Puglia negli ultimi anni abbia investito grandi risorse in cultura e in formazione. La stessa Officina San Domenico, dove si è tenuto il Festival, è un laboratorio urbano come tanti ce ne sono oggi nella nostra regione. Molti di questi spazi come il MAT, Manifatture Knos, l’ExFadda, funzionano benissimo e sono spazi che ci invidierebbero a Roma o a Milano. Ciò inevitabilmente crea un terreno fertile per lo sviluppo di diverse realtà.

Valentina: Più o meno la stessa cosa vale per me. Anch’io non mi considero un’artista nel senso proprio della parola. Io lavoro come grafica e illustratrice, se dovessi scegliere di fare solo l’artista probabilmente sì, stare qui mi peserebbe perché le possibilità di affermazione sono oggettivamente poche. Sono convinta però che la necessità si avvertirebbe solo dal punto di vista della diffusione e della visibilità, qualitativamente no. La provincia è capace di sfornare cose bellissime.

Classica domanda di chiusura: cosa vi riserva il futuro?

Valentina: Speriamo tante cose. Per cominciare Jacopo Olivieri, illustratore di Genova, dopo aver partecipato al MAIS, ci ha proposto di collaborare in un evento che si terrà a giugno. Ancora, Giulio Vesprini, esperto di arte urbana che da 5 anni è impegnato in un progetto di riqualificazione del porto di Giulianova, ha proposto un suo intervento da realizzarsi nei prossimi mesi da noi, per poi ospitare noi e i nostri interventi a Giulianova.

Daniele: Il fatto che stiamo facendo rete e che si stiamo stabilendo delle relazioni è il segnale che più di tutti ci dice che il Festival sta funzionando. Se si tiene anche conto del fatto che tutto quello di cui abbiamo parlato è stato messo in piedi e gestito da due persone, la soddisfazione è, appunto, doppia. Dunque sicuramente una terza edizione ci sarà, però adesso abbiamo bisogno di staccare un attimo, anche perché in ambito creativo le idee vanno fatte maturare lentamente, in un clima rilassato, ed è quello che ci apprestiamo a fare.

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