Non solo Hitler. L’antisemitismo ha radici lontane…

Quando si parla di tutto ciò che è accaduto al popolo ebraico nei secoli, non è corretto parlare di Olocausto ma di Genocidio: poiché quest’ultimo si riferisce appropriatamente allo sterminio di un popolo e non al sacrificio di un singolo. La storia deve non un funerale ma delle scuse agli ebrei, colpiti da maldicenze moderne del tipo che sono tutti usurai come medioevali che sono portatori di peste.

Nel 1096 Papa Urbano II proclama la “Guerra Santa” per liberare il sepolcro di Gesù a Gerusalemme e un monaco Pietro l’Eremita si fa portavoce tracotante di un massacro che solo in Germania vede case e sinagoghe distrutte e uccisi circa 10.000 ebrei: per fortuna vengono fermati prima dai Turchi e poi da un condottiero curdo soprannominato il Saladino.

Nel 1215 il IV Concilio Lateranense di Roma stabilisce che tutti gli ebrei devono mettere sui propri abiti, in modo visibile, un pezzo di stoffa di colore giallo affinché siano riconoscibili: ricorda la Stella che gli ebrei polacchi furono costretti a portare al braccio oltre che una pezza simili sia davanti che dietro i propri abiti. Alla fine del 1400 gli ebrei vengono cacciati dalla Spagna dove la Santa Inquisizione si rende colpevole del primo antiebraismo razziale della storia, dando la caccia anche agli ebrei convertiti al cattolicesimo che non erano in grado di dimostrare la loro “purezza del sangue” ovvero di non avere antenati ebrei. Nel 1550 Papa Giulio III ordina che tutte le copie del Talmud, uno dei testi sacri dell’ebraismo, vengano bruciate.

Nel 1555 Papa Paolo IV Carafa costringe gli ebrei romani a vivere entro un’area piccolissima delimitata da mura e portoni che al tramonto vengono chiusi: un ghetto in cui vivono tra miseria e malattie, gravati da tasse alte.

Sanguinose sedizioni antiebraiche avvengono a Worms, Magonza e Francoforte intorno al 1615, insieme ad altre guerre di religione in tutta Europa come la “guerra dei trent’anni”.

A Roma agli ebrei, intorno al 1650, assurdamente, viene imposto di mantenere con i propri soldi la “Casa dei Catecumeni” dove veniva impartita con la forza la dottrina cattolica ad altri ebrei nel tentativo di convertirli.

Si deve a due intellettuali la concettualizzazione pseudo scientifica del razzismo ebraico. Il primo è il francese Joseph-Arthur Gobineau, diplomatico e scrittore, che nel 1885 pubblica in un saggio intitolato “Saggio sull’ineguaglianze delle razze”. Il secondo è il tedesco Houston Stewart Chamberlain che nel suo libro “Genesi del XIX secolo” scrive: «Seppure fosse provato che non c’è mai stata nel passato una razza ariana, vogliamo che ce ne sia una nell’avvenire: ecco il punto di vista decisivo degli uomini di azione». La Chiesa fortunatamente afferma che non esiste una ariana né una razza ebraica: ma nella Roma del 1870 furono i bersaglieri a liberarli dal ghetto, togliendo il potere temporale al Papa.

In Russia nel dopoguerra fu Stalin a sviscerare il suo antisemitismo e a macchiarlo di sangue: non ci fu un altro sterminio solo perché il dittatore morì nel 1953, senza avere il tempo di attuarlo.

In Italia nel 1938 il governo Mussolini emette le leggi antiebraiche, esattamente 80 anni fa e prima dell’occupazione tedesca, e gli ebrei sono cacciati dalle scuole, dagli uffici pubblici, dalle aziende private, vengono loro sequestrate persino le radio, viene loro vietato di frequentare luoghi di villeggiatura e di cura, non potevano avere il nome sull’elenco telefonico. In seguito durante l’occupazione tedesca alcuni italiani aiutano gli ebrei e altri li denunciano per due diverse somme di denaro: 5000 lire per gli uomini e 3000 lire per donne e bambini.  Una retata tedesca avviene proprio a Roma il 16 ottobre del 1943 e circa 2000 ebrei vengono deportati. Pio XIII dispone che tutti i conventi diano un nascondiglio a tutti gli ebrei che vi si rifugiano. Le leggi razziali italiane sicuramente aiutarono i tedeschi poiché imposero la schedatura degli ebrei presso le Questure con tanto di nomi e indirizzi.

Oggi c’è la Polonia con la sua Legge di Stato che punisce severamente chiunque attribuisca alla nazione polacca corresponsabilità nell’Olocausto: il mondo si è fermato sdegnato. La Polonia è il caso che riveda la sua storia.