Niky D’Attoma studia Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Bari, ma si occupa anche di regia e drammaturgia per l’associazione Marienbad Teatro. Di recente, per la Ensemble Edizioni, ha pubblicato il suo primo romanzo, Rio.

Niky, nella quarta di copertina si dice: “Rio non è un romanzo, non è un testo teatrale. È un genere misto a cui manca un nome”; come definirebbe questo libro?

Rio è fatto di monologhi, di dialoghi e di note di regia; di sogni intrecciati alla realtà, di un continuo dialogo tra passato e futuro. Ha in sé qualcosa del dramma antico e qualcosa del racconto distopico. Questa struttura liquida è stata la chiave che ho scelto per rappresentare il nostro presente, sospeso tra mitologia e distopia. L’intento è quello di prendere per mano il lettore e portarlo fin dentro il racconto, nelle parole, nei silenzi, nel suono delle onde che fa da colonna sonora costante a tutta la vicenda.

Chi legge la sua biografia è incuriosito dal fatto che, oltre a scrivere, lei studi Medicina. Come mai questa relazione tra medicina e scrittura?

Molti scrittori sono anche medici e viceversa. Sembra una stranezza, ma in realtà non è così. Il medico, come lo scrittore, è un profondo conoscitore dell’animo – e del corpo – umano. Entrambi devono saper osservare, guardare, ascoltare il prossimo. Uno dei miei più importanti punti di riferimento è Anton Cechov, medico, scrittore e autore di testi teatrali, come Il Gabbiano, che ha profondamente segnato la mia scrittura.

Oltre a Cechov, quali sono gli altri suoi punti di riferimento?

Cito quelli veramente essenziali: Anaïs Nin, che mi ha insegnato a guardare nel cuore delle persone, Thomas Mann e Marguerite Duras, rigorosi nella ricerca e nell’uso della lingua, e J. L. Borges, infinito come la sua celebre Biblioteca. E poi, il poeta Rafael Alberti, che amo molto.

Ci parli di Ensemble Edizioni. Come vi siete conosciuti?

Sono stato invitato a far parte di un volume antologico da una cara amica, che è anche editor e scrittrice, Micaela Di Trani. Oltre a essere un bel momento di condivisione con altri scrittori intorno ai trent’anni, questa antologia, Ci stiamo lavorando, è stata anche l’occasione per conoscere Ensemble Edizioni, una casa editrice indipendente che con estrema cura produce libri molto curati nella veste grafica e nei contenuti: una meravigliosa scoperta, e l’inizio, mi auguro, di una preziosa collaborazione. E poi lavorare in squadra con professionisti ti permette di crescere moltissimo.

A proposito di lavoro di squadra, la copertina è di Pasquale D’Attoma, artista e regista teatrale, e la prefazione è di Bianca Maria Bruno, direttrice di Lettera Internazionale. Ce ne vuole parlare?

Io e mio fratello Pasquale ormai da anni lavoriamo insieme nella nostra “creatura”, la compagnia Marienbad Teatro, collaborando alla regia e alla drammaturgia. Quando gli ho proposto di realizzare la copertina per Rio, ci siamo interrogati sul tipo di immagine da creare: non volevo che in qualche modo condizionasse la fantasia del lettore. Allora ci siamo concentrati su colori e forme geometriche che decostruissero le immagini, lasciandone una traccia. Così è nata la copertina, di cui sono particolarmente orgoglioso. Così come sono onorato della prefazione scritta da Biancamaria Bruno, direttrice della prestigiosa rivista “Lettera Internazionale”, che con grande entusiasmo ha aperto prospettive molto interessanti nel solco delle storie che racconto in questo libro. Ed è davvero bello riuscire a leggere il mondo reale attraverso un racconto fantastico.

Vuole rivelarci qualcosa a proposito del titolo e della storia che racconta in Rio?

I personaggi di Rio sono due giovani donne e due uomini, ognuno con una particolarità: J il Ricordatore, che ha la capacità di ricordare la vita degli altri, Perla, migrante che sembra fatta d’acqua, Jamelia, un’africana albina scampata alla morte, e Varud, medico giramondo. Sullo sfondo si staglia un porto abbandonato, in cui si rifugiano i migranti, e una città in guerra, divisa da un muro. Ogni porto è Rio, ogni città in cui ci siano separazioni tra razze, provenienze e culture, in cui le differenze non uniscono ma dividono. Una particolarità sul titolo: non è detto che la città in cui è ambientato il racconto sia, in effetti, Rio de Janeiro.

Perché dovremmo leggere Rio? Perché non dovremmo leggerlo?

Non leggetelo se siete alla ricerca del solito romanzo, delle “50 sfumature” di qualsiasi cosa, della cosiddetta letteratura di consumo da leggere distrattamente come le istruzioni di montaggio di un mobile a buon mercato. Se invece siete lettori che amano farsi incuriosire, emozionare, se volete lasciarvi affascinare da una storia che travalica i confini del tempo e dello spazio, se per voi leggere è anche vivere una storia fino in fondo, allora Rio è il libro che state cercando.

Per avere maggiori informazioni su Rio:

http://edizioniensemble.it/narrativa/97-rio-9788868810917.html

Per seguire presentazioni, eventi e novità di Niky D’Attoma:

https://www.facebook.com/pages/Niky-DAttoma/703874016402639

Rio