Perché “ammazzarmi” sui libri se posso vivere la vita come un qualsiasi influenzer o come un politico di turno che senza alcuna formazione occupa posizioni di rilievo?

Pronti, si parte, inizia la scuola!

Volendo parafrasare la famosa poesia “I Pastori” del vate Gabriele D’Annunzio possiamo dire: Settembre andiamo è tempo di ricominciare…

La scuola apre i battenti e gli studenti lasciano i loro stazzi estivi per abbeverarsi alla fonte del sapere; almeno così dovrebbe essere.

A volte però questa romantica visione della scuola non trova tutti d’accordo e quindi ecco le famose domande che accomunano molti ragazzi: Perché andare a scuola? Perché studiare? Quale è il valore dello studio? Studere studere post mortem quid valere?

Perché “ammazzarmi” sui libri se posso vivere la vita come un qualsiasi influenzer o come un politico di turno che senza alcuna formazione occupa posizioni di rilievo?

C’è un vecchio detto che dice: “chi ha il potere fa le leggi”; vero! e conosciamo purtroppo i disastri di chi occupa posizioni di potere e decisionali solo per appartenenza e non per competenza. Ma conviene veramente vivere nell’ignoranza del potere, sia esso mediatico, politico, sociale, religioso e quant’altro ed essere soggiogati dal potere stesso?

La cosa paradossale è che le domande sul perché dello studio se le pone chi ha la fortuna di andare a scuola, chi ha il grande privilegio di imparare, di acculturarsi; mentre chi non ha libero accesso al sapere aspira con tutte le sue forze ad avere quel sacrosanto diritto che è l’istruzione. Pensiamo per esempio a Malala Yousafzai, la coraggiosa ragazza Pachistana, premio Nobel per la pace, a cui non solo è stato negato il diritto allo studio, ma è stata anche gravemente ferita nel 2012 dai talebani per la sua attività a favore dell’istruzione delle bambine.

Nel suo discorso alle nazioni unite (ONU) Malala pronunciò queste parole: “…abbiamo capito l’importanza delle penne e dei libri quando abbiamo visto le armi. Il saggio proverbio la penna è più potente della spada dice la verità. Gli estremisti hanno paura dei libri e delle penne. Il potere dell’educazione li spaventa.”

Perché quindi studiare?

Intanto per essere liberi; lo studio facilita il pensiero critico, apre la mente per non essere soggiogati dal potente di turno; lo studio fortifica la consapevolezza dei propri diritti.

E poi perché studiare allunga la vita! Lo ha rilevato uno studio dell’Istituto Nazionale per la promozione della Salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà (Inmp), elaborato su richiesta del Ministero della Salute e realizzato in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità, l’Agenas e l’Aifa. Lo studio dimostra in pratica che chi possiede una laurea ha una vita media di tre anni in più rispetto a chi si è fermato alla scuola dell’obbligo. Non è evidentemente il pezzo di carta che allunga la vita, ma tutta la fatica che c’è dietro quel pezzo di carta: istruzione e conoscenza, oltre ovviamente ad un sistema sanitario efficiente.

La scuola, lo studio sono quindi un potente strumento utile non solo per una affermazione personale, ma anche come mezzo per migliorare la qualità della propria vita.

La scuola però per molti rimane noiosa, forse anche perché molte volte la si rende tale dal corpo docente stesso, il quale per “decreto” o mancanza di una “intraprendenza culturale” si limita a reiterare sempre le stesse azioni: veicolare nozioni, dare i compiti, interrogare.

La morte della scuola è forse proprio questa litania rutinaria, la quale porta al disinteresse dello studente verso ciò che invece deve essere visto come opportunità, valore, crescita personale.

Nella scuola primaria, e anche se con sfumature diverse nella scuola secondaria di primo e secondo grado, si applica in generale un metodo di insegnamento gerarchico in cui l’attività del docente è spesso dominante, mentre lo studente rimane un ricevitore passivo, con conseguente disinteresse dello stesso verso tutto ciò che è conoscenza. Questo porta spesso da parte di molti ragazzi ad un abbandono scolastico, il quale il più delle volte non è solo fisico ma soprattutto di interesse; lo studente è fisicamente presente in classe ma completamente disinteressato a tutto ciò che viene propinato in quella classe. Va quindi evitata la dispersione di interesse culturale.

Cosa fare quindi per recuperare l’interesse dei giovani verso lo studio e soprattutto verso quelle materie ritenute un po’ ostiche come la matematica, le scienze?

Si potrebbe cominciare per esempio evitando di dare semplici nozioni e costruire un percorso didattico innovativo e interdisciplinare, coinvolgendo gli studenti in una didattica integrativa. Provare per esempio a trasformare gli studenti da fruitori a divulgatori del sapere, creare cioè un ambiente socio-educativo che punti alla personalizzazione dell’apprendimento in modo tale che l’allievo entri nella gestione del processo formativo; acquisire nuovi strumenti didattici, anche attraverso linguaggi e tecniche multimediali, per realizzare pienamente il diritto allo studio e la centralità dei discenti.

Un esempio di processo motivazionale è quello di esporre gli studenti alla risoluzione di un problema scientifico (es. i principi anatomici e fisiologici della visione; la memoria; gli odori) e spronarli a utilizzare diverse strategie (giochi didattici, problem solving) per definire le basi scientifiche di un dato argomento (es. la visione; la memoria; gli odori) e agganciare il problema biologico alle altre materie in una didattica interdisciplinare. Per semplificare il concetto: Cos’è e come si costruisce la memoria? In che modo la visione o gli odori risvegliano la memoria? La memoria indelebile della shoah come argomento di storia; Quali sono i meccanismi attraverso cui le immagini vengono consolidate o meno nel cervello; in che modo un profumo o degli odori risvegliano dei ricordi conservati nella memoria come argomento di scienze. Quali sono i filosofi (es. Hegel, Cartesio) che hanno costruito il pensare per immagini come argomento di filosofia.

Fornire cioè le chiavi per apprendere ad apprendere; Favorire una più approfondita padronanza delle discipline; far acquisire gli strumenti di pensiero necessari per apprendere e selezionare le informazioni, insegnare il rigoroso percorso della ricerca delle fonti originali per evitare i rischi di incappare negli imbonitori e costruzioni di bufale.

Nelson Mandela diceva: “L’istruzione è la porta di ingresso alla libertà, alla democrazia e allo sviluppo”.

La scuola quindi dovrebbe essere il luogo dove imparare a documentarsi, a sviluppare il pensiero critico, soprattutto in un periodo storico in cui sembra prendere il sopravvento il negazionismo e la post-verità. La storia recente è stata segnata da eventi drammatici la cui memoria da una parte appare essere dimenticata e, dall’altra, utilizzata per creare verità alternative. Basta ricordare l’Olocausto e le leggi razziali negate, i cambiamenti climatici causati da uno spregiudicato sfruttamento delle risorse naturali, l’AIDS intesa come una punizione divina e non correlata al virus dell’HIV, la costruzione di bufale sui vaccini, l’annientamento delle teorie evoluzionistiche e tanto altro ancora.

Un’esperienza di didattica sperimentale in cui si è cercato di favorire un’articolata organizzazione delle conoscenze, nella prospettiva di un sapere integrato è stata fatta per esempio nell’ambito del progetto “I Ragazzi di Pasteur”, volto a stimolare l’interesse degli studenti verso la conoscenza scientifica in modo originale e divertente, nel quadro più generale dell’universalità della cultura.

Il progetto, nato dalla collaborazione tra IBSA Foundation e l’Istituto Pasteur Italia, ha portato alla realizzazione di una collana di libri “I Ragazzi di Pasteur”, edita da Carocci Editore, in cui gli studenti non sono solo i destinatari dell’iniziativa ma i veri e propri autori. I volumi, infatti, propongono nella prima parte un testo scientifico curato da un docente esperto della materia trattata e, a seguire, un fumetto sullo stesso tema realizzato dalla Scuola Romana dei Fumetti sulla base di una sceneggiatura scritta da una classe di studenti. Si tratta in pratica di un esempio di sperimentazione didattica come veicolo di comunicazione in maniera divertente e coinvolgente.

Ne approfitto di questo spazio su Odysseo per informare dirigenti scolastici, genitori e studenti con sete di conoscenza che il PDF dei volumetti si può scaricare gratuitamente dal sito della IBSA Foundation: http://www.ibsafoundation.org/it/publications/book-series/

oppure da quello dell’Istituto Pasteur-Italia: http://www.istitutopasteur.it/content/i-ragazzi-di-pasteur.

I dirigenti scolastici possono richiedere disponibilità di copie per le proprie scuole scrivendo a: info@istitutopasteur.it

Per concludere, il valore dell’istruzione, dello studio si può già riscontrare nell’Encyclopedie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des metiers, curata da Denis Diderot e Jean D’Alembert e pubblicata nel 1751. Quest’opera monumentale e pionieristica era ispirata dal principio che un popolo non può definirsi veramente libero e non può aspirare al progresso se gli è negato il libero accesso alle fonti del sapere scientifico e tecnico.

Lo studio comporta ovviamente fatica, dedizione, passione e bisogna trovare gli interruttori motivazionali nelle giovani generazioni. Ne vale la pena non solo per la crescita individuale, ma per costruire una società migliore.

Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza.” (A. Gramsci)


Fontehttps://pixabay.com/it/voce-alla-scuola-scolaro-scuola-2454153/
Articolo precedenteLe flebili e distruttive incertezze giovanili
Articolo successivoRenzi che si è rottamato da solo
Figlio del Salento, abitante del mondo, esploratore della conoscenza. Laurea in Scienze Biologiche, Dottorato di Ricerca in Scienze e Tecnologie Cellulari alla Sapienza Università di Roma e Research Fellow presso la Harvard University di Boston (USA) dal 1996 al 2000. Attualmente è professore ordinario di Istologia, Embriologia e Biotecnologie Cellulari presso l'Università di Roma "La Sapienza". Le sue ricerche hanno portato ad importanti risultati pubblicati su riviste scientifiche internazionali tra cui Nature, Nature Genetics, Nature Medicine, Cell Metabolism, PNAS, JCB. Da diversi anni è impegnato nella divulgazione scientifica; è coordinatore delle attività di divulgazione scientifica dell'Istituto Pasteur-Italia ed è direttore scientifico della manifestazione “Festa della Scienza” che si svolge annualmente in Salento (Andrano-LE). Il suo motto: appassionato alla verità e amante del dubbio.