Attualmente il richiamo al perdono sta diventando un motivo di riflessione a livello universale e non soltanto a livello personale e religioso; il motivo viene dalle drammatiche vicende politiche di cui siamo sommersi. Che il crollo di alcuni regimi totalitari portasse alla pace è stata una vera illusione: mai come in questi tempi si sono accesi focolai di guerre tra gente che conviveva in pace; ai regimi militari si sono sostituiti regimi economici che hanno paura di perdere il proprio predominio, per cui, come delle forze sovranazionali o occulte, reggono le redini di tanti conflitti.

Ma la natura umana ha in sé riserve enormi di creatività per superare le motivazioni distruttive: mai come oggi i movimenti pacifisti, sempre più numerosi, sono intensamente attivi, similmente la grande diplomazia; mai come oggi la pace è diventata un’aspirazione di base non come resa incondizionata ma come accordo che scaturisce da un’attenta riflessio­ne: il perdono è il riconoscimento che l’o­stilità perennemente rinnovata non è a vantaggio di nessuno. È ur­gente ricostruire le relazioni fraterne; l’andare verso l’altro ha come scopo la ricomposizione della lacerazione.

Il perdono è un gesto eroico perché non annulla le colpe commesse da al­tri a danno di chi le ha dolorosamente e drammaticamente subite, ma perché con questo gesto si vuol attestare che nel mondo c’è chi, pur avendo subito dei torti atroci, li sa mettere da parte per ridare fidu­cia, non per la settima volta, ma per l’ennesima volta, a chi ha sbagliato affinché il vivere diventi più importante del morire; pertanto l’evangelico detto “perdonare settanta volte sette” diventa una proposta di persone “ostinate” nella speranza di un futuro non in linea con il passato.

Quale rapporto si può instaurare tra perdono e giustizia, legge e misericordia? Perdonare non è dimenticare l’offesa; così come la giustizia non è vera se da spazio alla distruzione; il perdono invece offre lo spazio per la ricostruzione: spazio creativo di rapporti e di vita. Purtroppo c’è sempre chi ha la condanna facile per tentare di risolvere i problemi insabbiandoli piuttosto che impegnandosi; ma una condanna a morte non rimedia il danno che è stato fatto: si aggiunge dolore a dolore; in questo contesto, il perdono è una rinuncia a un eventuale diritto.

Ogni persona, ogni gruppo ha nel suo vissuto motivi sufficienti per odiare tutti gli altri; ma il sopravvivere oggi presuppone la capacità di rendere inefficaci ed inoperanti questi im­pulsi distruttivi attraverso un perdono non contraffatto: il futuro o sarà dei perdonati o non ci sarà.

Il riprendere un fratello non è sempre una cosa semplice, perché c’è il pericolo che la correzione, più che un servizio offerto, si proponga come l’esercizio di una legge fine a se stessa. La legge, però, nella Bibbia come nel diritto positivo, non è data per giudicare, ma salvare! L’offerta del perdono assumerà così il volto di una richiesta comunitaria al prossimo che ha sbagliato affinché non ci privi della gioia e della necessità di averlo ancora come “fratello”.