La retorica populista, reazionaria e disinformata, va arginata con sguardi fermi, intelligenze vive e principi solidi, ma anche con una ragionevole fiducia in processi sociali, economici e culturali a venire…

Non è un fulmine a ciel sereno il recente attacco alle ONG accusate di “Servizio taxi per gli immigrati” e di essere alleati degli scafisti. Ma, come in tutte le attività di casa nostra, non poteva mancare la caccia a chi eventualmente speculi sul business dell’immigrazione, diffondendo sospetti sui finanziamenti e sui contatti tra le organizzazioni non governative e i trafficanti di esseri umani. Ben vengano quindi queste inchieste e, soprattutto, che giungano a conclusione in tempi ragionevoli, anche se sul concetto di “ragionevolezza”, coniugato con il tempismo, si nutrono molti dubbi avvallati da una lunga e interminabile casistica.

Se il primo dato inconfutabile è la risposta delle ONG a un bisogno che le istituzioni europee non sanno gestire, il secondo dato riguarda le storture politiche intorno all’immigrazione e alla successiva integrazione. Qui emergono tre grandi nemici fra loro alleati: una pubblica amministrazione rigida e in difficoltà a gestire le richieste d’asilo, nonché inefficiente e poco propensa a lottare contro le diseguaglianze; una società che non valorizza il merito e l’impegno individuale; un’errata narrazione pubblica dei grandiosi fenomeni di globalizzazione. Per non parlare poi dei timori irragionevoli e degli ingiustificati buonismi, entrambi politicamente alimentati e strumentalizzati.

In tutto questo la paura ha molti occhi, e i pericoli hanno molte porte per entrare. I muri sono costellati di fori: non sono più baluardi di cemento, ma insicuri come reti sfilacciate. La vita, con la sua “incertezza”, quale madre di tutte le paure, ci appare sempre più brutta e sempre più brutale.

Tale insicurezza, quale condizione di vita in fasce sempre più ampie della popolazione, sta diventando il “cavallo di battaglia” per politici a caccia di consensi elettorali o di mass media, ansiosi di trarre profitto “trafficando il panico” nelle prime pagine.

In questo, sostiene Zygmunt Bauman nel volumetto “Stranieri alle porte”, certi politici in costante aumento non hanno alcun interesse a placare le ansie dei loro concittadini. Al contrario, l’inquietudine che scaturisce dall’incertezza sul futuro e da un costante e onnipresente senso d’insicurezza, costituisce occasione di visibilità mediatica per far sfoggio di bicipiti, nascondendo invece alla gente l’immagine di governanti sopraffatti da compiti che non sono in grado di svolgere, perché troppo deboli e impreparati. La “sicurezza” è un trucco da prestigiatori: essa consiste nel dirottare l’ansia dai problemi che i governanti non sanno risolvere verso altri problemi, in cui gli stessi politici si possono esibire intenti a lavorare alacremente e con successo.

In questa sceneggiata il ruolo di “primo violino” tocca senz’altro alla lotta ai terroristi che tramano contro l’incolumità fisica e i beni della gente comune, anche perché questa lotta promette di alimentare e sostenere per molto tempo la legittimazione dei governanti e il successo dei loro sforzi per conquistare voti. Del resto in questa guerra la vittoria finale rimane una prospettiva remota e decisamente aleatoria.

La battuta del primo ministro ungherese Viktor Orbàn, secondo cui “tutti i terroristi sono migranti”, offre ai governi, in lotta per la sopravvivenza, la soluzione che tanto cercavano, anche perché quella battuta contrabbanda implicitamente l’idea che tra i due gruppi esista un legame simmetrico e di reciproca causalità; e dunque una sovrapposizione pressoché totale. Queste politiche suicide offrono solo un ingannevole conforto: in realtà accumulano dinamite per future deflagrazioni… Ma forse ben pochi sanno che tra gli attentatori di Parigi soltanto due non risiedevano in Europa e che il Daesh ha reclutato in Europa oltre 5000 combattenti perlopiù provenienti da contesti di emarginazione. Allora, anziché far guerra al Daesh, le principali armi dell’occidente contro il terrorismo sono: gli investimenti sociali, l’inclusione sociale, l’integrazione e il welfare a casa nostra e che la politica non sia una trafficante di panico.

Purtroppo la retorica populista, reazionaria e disinformata, va arginata con sguardi fermi, intelligenze vive e principi solidi, ma anche con una ragionevole fiducia in processi sociali, economici e culturali che, più di quanto normalmente si pensi, autonomamente, trovano soluzioni diversificate ai problemi che la progressiva pluralizzazione delle nostre società sta ponendo.

L’orizzonte storico in cui ci collochiamo è quello di ulteriori gigantesche trasformazioni delle nostre società; all’interno delle quali si collocano le crescenti mobilità umane, nelle varie direzioni, che tenderanno ad aumentare. Ci sono ottime ragioni per guardare ad esse con il dovuto realismo e le necessarie cautele, valutandone gli inevitabili costi, ma anche cogliendo le ragionevoli opportunità e speranze che queste prospettive offrono.