Da est a ovest, da nord a sud: non è questa l’Europa che sognava Ciampi

Una società civile che contempla ancora, al suo interno, barriere, è un malato terminale destinato a spegnersi nell’autodeterminazione di un isolamento alienante, un eremita che, invece di raccogliersi in preghiera per diffondere l’amore di sentirsi persona, si arena sulla spiaggia dell’egoistica ipocrisia.

E su quella spiaggia, in particolare tra le onde di navi attraccate lungo le impalcature del porto francese di Calais, sorgerà presto, il primo “muro anti immigrazione” britannico. Voluto fortemente dal Governo londinese, lo scempio architettonico sarà alto 4 metri e lungo due chilometri. Con una spesa di 2,7 milioni di euro, si impedirà ai migranti di “rubare” un passaggio ai camion diretti a Dover. Quello che la premier inglese ha definito “investimento”, non è altro che un lucchetto al cuore dell’uomo, la catena schiavista di chi preferisce monopolizzare i propri interessi piuttosto che cum-patire i più deboli e bisognosi. Denunciata, in passato, per violazione dei diritti umani, Theresa May sembra andare convinta per la sua strada, un sentiero sterrato e pericolante, una via attraversata da pozzanghere su cui restare in panne, fango dove immergere la vergogna di un Mondo che, già nel 1989, pareva essersi rinsavito con la demolizione di macigni troppo pesanti per le coscienze del dopoguerra.

Ancora muri della vergogna. Da Est ad Ovest, il passo è breve ma il salto epocale di una Germania rinata ex novo è, senza dubbio, il paradigma da seguire pedissequamente. Il popolo tedesco, prima così silente di fronte alle barbarie della Shoah, oggi sbraita dinanzi alle politiche internazionali di Viktor Orban, Primo Ministro ungherese, costruttore di ideali illiberali e principi totalitaristici. I 175 km di filo spinato, che costeggia il confine fra la terra magiara e la Serbia, disubbidisce agli accordi del cosiddetto Spazio Schengen. Limitando la libera circolazione e i controlli doganali, l’Ungheria si oppone alla proposta di introdurre una quota obbligatoria di profughi per tutti i paesi dell’UE.

Come se le persone fossero solo merce di scambio, insomma, pesi da scaricare su barconi colmi di umiliazione e miseria, la peste da curare, l’ospite indesiderato da lasciare, affamato e inerme, sull’uscio di casa. Come se fosse tutto di nostra proprietà, se ci fossimo comprati l’aria che respiriamo o i marciapiedi che percorriamo, come se il futuro fosse solo nostro, nella diabolica logica del possesso ad ogni costo. D’altronde, viviamo nell’epoca della tecnologia, dell’ingegno applicato alla poco nutriente coltivazione del nostro orticello, ad un machiavellico sistema di allarme che segnali la nostra immotivata insicurezza e rinvigorito pudore.

Stop, cambiare direzione, prego. Altri lavori in corso danneggiano l’incontaminato paesaggio della solidarietà. Chiedo indicazioni e mi consigliano di visitare e studiare l’imbarazzo tra Macedonia e Grecia, il turbamento tra Melilla e Marocco, il disagio tra Bulgaria e Turchia, la confusione tra la parte cattolica e quella protestante di Belfast o tra la zona greca e la zona turca di Cipro.

Sprecherei troppo carburante, decido allora di parcheggiare l’auto e di proseguire a piedi, non mi fermeranno mica al confine con l’Austria!

Sono un italiano, cavolo, un connazionale di Carlo Azeglio Ciampi, un uomo che ha trasformato il suo salotto in un’Europa altruista ed accogliente, il patriota buono di una Repubblica che non c’è più e che un giorno ha dichiarato: “Uomini e nazioni stanno cercando risposte adeguate. Il comune obiettivo è la pace, una pace vera, frutto di leale collaborazione nell’affrontare i problemi del mondo, non di ambiguità e di fallaci impegni”.