La scorsa settimana Giuseppe Losappio ha scritto un articolo arguto su Aldo Moro e sulla sua idea della politica. Leggendolo, mi è tornato alla mente un ricordo personale di quel 16 marzo del 1978…

A quel tempo, ero giornalista alla Gazzetta del Mezzogiorno e, va da sé, ero assai più giovane: con l’entusiasmo e l’innocenza dei giovani. Coinvolto da alcuni amici di Andria, decisi di candidarmi come indipendente nelle liste del Pci alle elezioni comunali. E proprio il 16 marzo, un giovedì, avevo in programma un comizio ad Andria, insieme a Giovanni Lomuscio, poi diventato sindaco. Ero in viaggio da Bari, quella mattina, quando la radio diede notizia della strage di via Fani e del rapimento di Aldo Moro. Le manifestazioni elettorali furono sospese, io me ne tornai a Bari. La Gazzetta era in subbuglio, la Gazzetta era il giornale patrocinato da Aldo Moro. Il direttore, Oronzo Valentini, giornalista di grande valore, era un uomo fedele a Moro, senza avere tessera della Dc.

Qui non è il caso di rifare la cronaca di come andò quella tragedia durata 55 giorni e conclusasi il 9 maggio nel sangue di un uomo giusto. Il mio ricordo personale è un’occasione per aggiungere qualche considerazione al tema egregiamente affrontato da Giuseppe Losappio.

Chi è stato veramente Aldo Moro? È un grande uomo di fede. Poi è stato, a mio povero parere, l’italiano che ha dato alla politica quanto Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti. Moro è stato un gigante che aveva ben chiaro il cammino di un’Italia moderna. De Gasperi e Togliatti l’avevano ricostruita nel dopoguerra dalle macerie del fascismo e della guerra, lui aveva in testa un Paese nuovo e pacificato, dove i valori comuni valessero per tutti: democristiani, socialisti, comunisti. Moro pensava ad uno Stato veramente laico, non solo rispetto alle Chiese religiose, ma anche rispetto alle Chiese della politica. Pur con qualche sospetto e rigidità, lo comprese Enrico Berlinguer che, di Moro, fu l’interlocutore primo. Un pensiero pericoloso, in tempi di guerra fredda. Un pensiero indigesto a Washington e a Mosca. Un manifesto inviso alle nostalgie di destra e di sinistra. Un ostracismo che facilitò il lavoro delle Brigate rosse, che ebbero complici operosi e silenti nei servii segreti di mezzo mondo. Moro, al tempo dello scandalo Lockeed, non coprì i ladri, ma spiegò che la politica non si sarebbe fatta processare nelle piazze.

C’era un uomo di altissimo ingegno e prestigio che tutto questo aveva capito. Quell’uomo era Paolo VI che, contrario alla politica della fermezza, era disposto a tutto per salvare Aldo Moro, il suo amico e fratello in Cristo. La messa di suffragio da lui celebrata, in assenza del corpo, fu un lamento degno dei profeti: “Dio non ha esaudito la nostra preghiera per il fratello Aldo”. Preghiera sublime.

Mi sono lasciato prendere la mano. Il fatto è che la tragedia di Moro fu la nostra tragedia. La sua fine fu l’inizio della fine della politica come l’avevamo conosciuta, la crisi eterna dei partiti, la perdita di una bussola che ancora oggi non ritrova il suo nord.

Ogni tanto, per rinfrescarmi la memoria, mi riguardo quel rosso manifesto, che conservo, di quel comizio mai fatto e di quella (mia) elezione mai avvenuta. Il mio mestiere era un altro, evidentemente. Ma questa è un’altra storia, piccola e irrilevante.


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).