“L’indifferenza avvolge cattolici e laici, non hanno presente il significato sconvolgente della festa. Sono i cristiani i primi ad aver abolito il Natale”. A parlare così è stato il filosofo Massimo Cacciari e qualche domanda, in effetti, è il caso di porsela.

Sono molto forti ma altrettanto vere le parole che il filosofo agnostico Massimo Cacciari, in un’intervista per “Il giornale”, ha rivolto a tutti i cristiani, a tutti i credenti, a tutti i cattolici, a tutti i laici. I cristiani sono i primi ad aver abolito il Natale: a dimostrarlo è il susseguirsi di episodi mortificanti che la cronaca ci riporta ogni giorno. I cristiani hanno dimenticato che il Natale vero è quello di Gesù Cristo. Hanno voluto avvicinarlo troppo al mondo così da confonderlo con il natale dei panettoni, il natale delle pubblicità, il natale dei soldi.

Ancora Cacciari afferma: “Il Natale oggi è una festina”.

Quest’affermazione fa molto male a noi credenti ma è molto vera! Noi credenti non siamo più credibili. Noi credenti non sappiamo più fare la differenza, la differenza tra il Natale di Cristo e il natale delle luminarie, il Natale del Povero e il natale dei ricchi, il Natale dei segni e i segni del natale.

Già un documento antico “Lettera a Diogneto” metteva in guardia i cristiani di un tempo: “[I veri cristiani] vivono nella loro patria, ma come forestieri. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Come è l’anima nel corpo, così i cristiani sono nel mondo. L’anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo”.

Il Natale cristiano è minacciato da un falso natale che prepotentemente ci invade, ci insidia e ci narcotizza fino al punto da non farci vedere più e non sentire più il richiamo di quello vero. Quante luci riempiono le vie e le vetrine già da fine ottobre facendo passare in secondo piano quella che per un credente è la Luce della fede? E se interiormente ci sentiamo al buio, a che serve addobbare la notte con variopinte luminarie? Anche noi credenti abbiamo scambiato – dobbiamo ammetterlo – il piacere con la gioia. Il piacere è il solletico della carne e, pertanto, sparisce subito e va continuamente e insaziabilmente ripetuto. La gioia, invece, è il fremito dell’anima che giunge a Betlemme e vede Dio e resta affascinata e coinvolta nella Festa dell’Amore puro. Come sarebbe bello se a Natale, invece di riempire le case di cose inutili, le svuotassimo per condividere con chi non ha.

“La nostra società – continua Cacciari nella sua intervista – è anestetizzata, il Natale è diventato una favoletta, una specie di raccontino edificante che spegne le inquietudini. Se posso generalizzare, e so che da qualche parte ci sono le eccezioni, il laico non si lascia scalfire da questo scandalo; l’insegnante di religione non trasmette più la forza di questa storia, ma se la cava con una spruzzata di educazione civica e il prete, spesso e volentieri, declama prediche, comode comode e rassicuranti, che sono un invito all’ateismo. Manca il brivido davanti a una vicenda cosi grande, incommensurabile: Dio che si fa uomo in Cristo”.

Noi credenti, noi cristiani dovremmo dar vita a una “rivoluzione” culturale che proceda non per proselitismo (come è avvenuto nel passato) ma per attrazione. Perché alla base c’è il vortice di una cultura che ha smarrito i veri valori e tale vortice culturale ha inghiottito anche noi credenti. Se si prova a parlare con un giovane pur vicino agli ambienti ecclesiali ce ne si accorgerà.

Ripartiamo dalla cultura. Facciamo della cultura il trampolino di lancio per un Natale diverso, che faccia la differenza e che elimini l’indifferenza. Il Cristianesimo ha condotto Dio alla portata dell’uomo. Gli ha dato un volto. È il viso di Gesù Cristo che conserva intatto lo splendore del mistero, ma che ha anche tutto il calore di una faccia umana, simile alla nostra. È questo il segreto ultimo del Natale ove il volto di Dio è quello dolce del bambino, ma è anche il senso profondo della Passione quando quel profilo si lacera, sanguina, spasima e urla.

Se questo è il senso vero del Natale, qual è l’atteggiamento della gente oggi? Quello di totale apatia e conformismo. Il Natale invece è un simbolo che ha dato un contributo straordinario alla nostra storia, alla nostra civiltà, alla nostra sensibilità e che non possiamo dimenticare. Il cristianesimo è una parte fondamentale del nostro Paese. Non possiamo dimenticare la nostra identità! Non possiamo dimenticare la nostra storia! E se questo ce lo dice un agnostico, noi credenti restiamo ancora al palo.

La fede autentica è sì sostenuta dai simboli, ma non si esaurisce in essi. Si nutre anche, e soprattutto di emozioni. È necessario procedere allora verso il cuore del Natale, verso l’evento che sta alla sua radice, verso l’incontro d’amore e di vita con Dio e col fratello.

Ci guidino i versi del poeta David M. Turoldo:

«Vieni, Signore,

spada di fuoco

fra tenebre e luce:

linea fulminante

ove si consuma la notte».


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Nicola Montereale è nato a Trani (BA) il 1 Febbraio 1994 ed è residente ad Andria. Nel 2013 ha conseguito la maturità classica presso Liceo Classico “Carlo Troia” di Andria e nel 2018 il Baccalaureato in Sacra Teologia presso l’Istituto Teologico “Regina Apuliae” di Molfetta. Attualmente è cultore della materia teologica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano) e docente IRC presso il Liceo Scientifico e Classico “A.F. Formiggini” di Sassuolo (Mo). Ha scritto diversi articoli e contributi, tra questi la sua pubblicazione: Divinità nella storia, Dio nella vita. Attraversiamo insieme il deserto…là dove la parola muore, Vertigo Edizioni, Roma 2014. Inoltre, è autore di un saggio di ricerca, pubblicato nel 2013 e intitolato “Divinità nella Storia, Dio nella Vita”.