Mali, di Luisa Fernanda Maggiulli

8° Concorso letterario “Cataldo Leone” – città di Corato

Stimolare le nuove generazioni alla scrittura, riabituarle a mettere nero su bianco sensazioni, sentimenti, frammenti di vita vissuta, senza che le parole si perdano tra i mille emoticons della tastiera di un cellulare…  e fluttuino ben oltre i 140 caratteri di un tweet.

Proposito ambizioso e utopico si potrebbe pensare; fortunatamente non lo hanno pensato gli ideatori del concorso letterario “Cataldo Leone” della città di Corato, che anche quest’anno hanno rilanciato l’iniziativa, invitando gli studenti a scrivere. Tre le sezioni: prosa, poesia e ambiente; tantissimi i partecipanti, anche delle scuole dei paesi limitrofi. La cerimonia di premiazione si è svolta sabato 28 maggio, con la consegna delle borse di studio ai primi tre classificati di ogni sezione.

Odysseo ha scelto di pubblicare gli elaborati vincitori perché crede nei giovani 3.0, nella loro capacità di raccontare le emozioni…

Mali

Solo adesso mi accorgo di ciò che Allah mi donato, ci ha donato la vita; me ne rendo conto ora, che mi ritrovo su questo gommone bucato. Solo adesso, qui, in mezzo al mare, lontano dalla mia famiglia, lontano dalla ragazza dagli occhi verdi, lontano da tutti e da tutto. Solo adesso mi accorgo di cosa è la morte, un fulmine che ti colpisce quando meno te lo aspetti, quando ormai tutto il tuo mondo è svanito, quando i tuoi sogni sono ormai esplosi in una casa con dentro i tuoi parenti, i tuoi genitori, i tuoi amici e quando tu sei I’unico sopravvissuto e I’unica cosa che ti rimane è una foto, una foto bagnata e stropicciata che ritrae tutti coloro con cui passavi il tempo, con cui pensavi, con cui facevi tutto e con cui ti immaginavi un futuro.

Ricordo che quel giorno era il compleanno di papà, mamma gli aveva organizzato una festa, erano tutti felici e spensierati, mi ricordo ancora i loro volti, sembrava che quel pomeriggio non ci fosse nient’ altro che felicità e che per un attimo la guerra avesse smesso di circondarci. Papà era felicissimo e mi chiese di invitare i vicini affinché si divertissero un po’ anche loro. Le sue ultime parole, rivolte a me, furono:

– Non ti cacciare in guai di cui potresti pentirti!

Può sembrare banale, ma per me significa molto, sembrava quasi che sapesse di dover morire, di dovermi ammonire, per il futuro. Certe volte penso e ragiono sul fatto che anche in punto di morte mio padre pensasse a me.

Mi incamminai dai vicini e in cinque minuti persi tutto, parenti, amici, casa e infanzia, mi ritrovai solo con la voglia di morire, di buttarmi in mare seduta stante; desideravo rendere giustizia con il male. Quello fu il giorno più brutto della mia vita e non i soliti giorni che vengono descritti nei libri, fu un giorno orribile. La mia casa era invasa dal sangue, o meglio le rovine erano invase dal sangue, c’erano dappertutto mani, piedi, braccia e persino teste, senza anima, immobili come statue, come opere in una mostra. Era orribile, era schifoso, era devastante e io ero solo, ero sopravvissuto, ero lì immobile, senza emozioni, apatico, senza la possibilità di pensare, di fare, di agire, di reagire. Perché proprio io? Perché solo io rimasi superstite? Me lo domandai allora, continuo tuttora che sto affogando con il gommone. Questo gommone contiene circa trecento uomini, che come me si avvicinano alla morte, ogni ora che passa, uomini che sono lontani dalla loro vita, uomini che speravano in un nuovo stile di vita, uomini che pensavano di trovare una terra accogliente,  uomini accoglienti che speravano di essere accolti, uomini che hanno già visto la morte come me, uomini che hanno perso tutto come me, uomini con il terrore disegnato negli occhi, uomini che una volta erano ricchi e che ora sono niente. Pensare che ho preso questo gommone con la voglia di avere una nuova vita, di incontrare qualcuno disposto a stare con me, disposto a ricominciare con me, a crescermi e ad amarmi. Pensare che ero felice di abbandonare quel teatro di guerra, bombe, morti che un tempo era casa mia e soprattutto pensare che trecento uomini moriranno, senza aver fatto nulla di grave, con addosso il peso della guerra, dei morti, dei loro averi, con il peso di non avere nulla, di non essere riusciti a rifarsi una nuova vita.

Perché, perché proprio loro? Perché io? Mi ritrovo a pensare a tutto ciò mentre trecento uomini, chi urlando, chi in silenzio, pregano Allah. lo non me la sento di fare come gli altri, non riesco a pensare e mi manca il respiro, mi manca tutto, ho bisogno dei miei genitori, di mamma, papà, dei miei fratelli, ho bisogno di loro e di nessun altro, ho bisogno di pensare a loro, il mio ultimo pensiero lo voglio rivolgere a loro e a nessun altro, il loro pensiero mi accompagnerà per sempre, o almeno per queste ore. Molte di queste persone non sanno nuotare; vedo uomini forti che mantengono a galla bambini e persone che non sanno nuotare. Mi stanno per finire le forze e non penso di poter resistere a lungo, sto andando sempre più giù. Sto morendo. Ma mentre affogo due braccia forti mi alzano e mi posizionano su una piattaforma solida, penso di star sognando, non è possibile, sono già in fondo al mare. Anzi, no, io riesco a respirare e inizio a vedere la luce. Vedo un uomo con un giubbotto fluorescente che mi sorride, ha un sorriso di sollievo, è felice di vedermi. Non riesco a capire niente perché mi sorride, io non l’ho mai visto in vita mia, come fa a conoscermi? Non era affondato il mio gommone? Stavo morendo o no?

Quel signore mi domanda come sto e sono tentato di rispondergli che sto bene e che mi capita tutti i giorni di “affondare”!

L’ anno dopo fui adottato da una famiglia e ripresi a …vivere!

 


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Chi siamo? Gente assetata di conoscenza. La nostra sete affonda le radici nella propria terra, ma stende il proprio orizzonte oltre le Colonne d’Ercole. Perché Odysseo? Perché siamo stanchi dei luoghi comuni, di chi si piange addosso, di chi dice che tanto non succede mai niente. Come? I nostri “marinai/autori” sono viaggiatori. Navigano in internet ed esplorano il mondo. Sono navigatori d’esperienza ed esperti navigatori. Non ci parlano degli USA, della Cina, dell’Europa che hanno imparato dai libri. Ci parlano dell’Europa, della Cina, degli USA in cui vivono. Ci portano la loro esperienza e la loro professionalità. Sono espressioni d’eccellenza del nostro territorio e lo interconnettono con il mondo. A chi ci rivolgiamo? Ci interessa tutto ciò che è scoperta. Ciò che ci parla dell’uomo e della sua terra. I nostri lettori sono persone curiose, proprio come noi. Pensano positivo e agiscono come pensano. Amano la loro terra, ma non la vivono come una prigione. Amano la loro terra, ma preferiscono quella di Nessuno, che l’Ulisse di Saba insegna a solcare…