Promettere soldi che non hai è una truffa

La rivoluzione gialloverde è il passo decisivo verso il baratro. È una stupidaggine che porta il segno dei kamikaze, pronti a morire per fare una strage. La legge di stabilità è il primo vero colpo al Paese, dopo tanti spari a salve che comunque hanno prodotto danni. I dioscuri Di Maio e Salvini, e l’inutile Conte hanno crocefisso Tria, hanno fatto uno sberleffo all’Europa e hanno assestato un bel colpo al debito pubblico, nel senso che lo hanno aumentato di parecchie decine di miliardi. Cioè hanno elargito danaro a poveri veri e finti, condannando le future generazioni a pagare le rate. Poi, i grillini, hanno festeggiato, bandiere e bottiglie, la Manovra del popolo, che non toglie ai ricchi per dare ai poveri, ma fa debiti per dare reddito di cittadinanza anche ai falsi indigenti, a chi lavora in nero, a chi non risulta al fisco perché evade, a chi non ha voglia di fare un tubo. Ma il buco di bilancio impoverirà tutti, e metterà in fuga i ricchi veri, che un po’ di reddito vero adesso distribuiscono. Dice che ai gialloverdi non interessa lo spread, ma forse sarà lo spread, già da ieri, a interessarsi di loro e ahinoi! anche di tutti gli altri.

Ora, non è proibito indebitarsi per far crescere il Paese, poiché la crescita poi serve a pagare le rate. Ma indebitarsi poggiando su una economia debole, è una stupidaggine. La gloriosa Democrazia Cristiana, che governava facendo debiti, aveva costruito a partire dal dopoguerra un sistema industriale forte, portando l’Italia contadina nel consesso delle economie potenti. Se ti indebiti avendo una azienda che produce ricchezza, i creditori si fidano. Così è accaduto fino agli Anni Ottanta del secolo scorso. Cosa che oggi non è più vera. Siamo l’economia più debole d’Europa, continuiamo a fare debiti. E quando faremo il botto, Dio non voglia, la colpa non sarà dei tecnici e dei ragionieri, sarà dei politici. Quando saliranno i prezzi delle merci e delle bollette, e caleranno quelli dei beni rifugio, come la casa, ci dovremo ricordare di Salvini e Di Maio, non di Conte che si sarà rifugiato nel Gargano. Governare come i democristiani, senza avere né la loro cultura né la loro competenza, fa l’effetto dei bimbetti che giocano al piccolo economista scambiandosi noccioline e figurine.

Dice che hanno onorato le promesse fatte in campagna elettorale. Vero, fermo restando che promettere soldi che non hai è una truffa. Ora, le elezioni si vincono perché l’elettore ha interesse a credere a chi gli promette il bengodi. Ma credere che gli asini possano volare perché lo dicono Di Maio e Salvini, è da idioti. Come è da idioti pensare che, con tutte le nostre debolezze, noi possiamo fare a meno dell’Europa. Noi abbiamo bisogno dell’Europa, perché il nostro Sovranismo è pericoloso comizio, annuncio di nuovo fascismo. Sarà bene tenere presente che i regimi fascisti non hanno mai fatto danno ai ricchi, ai poveri sì; e che la redistribuzione della ricchezza la fanno, bene o male, le democrazie.

So bene che in Italia ci sono milioni di poveri veri. So bene che i giovani sono fortemente penalizzati dalla mancanza di lavoro, oltre alla moltitudine sfruttata col lavoro nero, la gran parte al Sud. Ma so bene anche che l’assistenzialismo disabitua al lavoro, crea generazioni che galleggiano al bar, creano un Paese che tira a campare. Per un Paese moderno, la condizione di libertà è il lavoro, il lavoro, il lavoro. I redditi a gratis sono un’umiliazione e non sono a gratis. Qualcuno dovrà pagare i debiti, i nostri, i vostri figli. Questa sarà l’eredità gialloverde, se non apriremo gli occhi per tempo, se non smetteremo di festeggiare “i pasti a gratis”, che non esistono.


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).

1 COMMENTO

  1. Non condivido diversi concetti trattati nell’articolo, ma non posso esimermi dall’apprezzarne l’autentica passione che da vita e forza a questo articolo.
    E poi è vero: anche io sono preoccupato per una nuova forma di assistenzialismo, ma creare lavoro nel contesto neoliberista è impossibile, perché il concetto predominante è uno soltanto: tizio guadagna per dieci e quei dieci devono fare la fame per far ben campare tizio stesso.

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