Potrebbe essere il genere di persona che non sembra essere mai andato oltre i gusti dell’infanzia, il tipo “choosy” è proprio un bel tipino peperino.

“Lo riconosci ad occhi chiusi: ha la puzza sotto al naso e se si tratta di prendere del cibo con le mani (perché costretto) userà solo le punte dei polpastrelli: fosse per lui mangerebbe anche il pane con forchetta e coltello. Odia i semini dei fichi d’india e dell’uva, per non parlare di quelli del melone. Non sopporta lo yogurt con i pezzi, ma solo quello vellutato. La pasta deve essere al dente, e se scotta va buttata. Il choosy è schizzinoso e mangia solo roba biologica ed artigianale che abbiano subito controlli di sicurezza altissimi.”

(http://www.ifood.it)

Secondo appuntamento con le diversità psicoculinarie. Potrebbe essere il genere di persona che non sembra essere mai andato oltre i gusti dell’infanzia, quando mangiare era un fatto di obbligo e disgusto, insomma questo tipo “choosy” è proprio un bel tipino peperino.

Il contesto socio-culturale esercita sul bambino una pressione indiretta che ha effetti notevoli sulla formazione dei suoi gusti alimentari. Nell’esperienza che un bambino si costruisce di una cultura alimentare, quello che non gli viene dato conta almeno quanto quello che gli viene dato (e del contesto in cui gli viene dato).

La “diade nutritiva” formata, nei primissimi anni di vita, dalla coppia madre-bambino, oltre ad essere essenziale alla sopravvivenza di quest’ultimo, costituisce il nodo cruciale dell’apprendimento nutritivo, delle associazioni  olfattive e gustative, dell’insorgere dell’appetito, del raggiungimento della sazietà, e della soddisfacente sensazione di appagamento che ne deriva.

Accettare o rifiutare una qualche pietanza, rientra tra i processi che parallelamente contribuiscono all’elaborazione affettiva. Sono i sapori “forti” e contrari, del dolce e dell’amaro, a possedere un netto ed inequivocabile significato per il nostro sistema nervoso. I messaggi sensoriali agirebbero sui nostri processi decisionali soltanto nell’attivare tracce mnemoniche già depositate.

Il piacere nell’alimentarsi si trasmette nei primi due anni attraverso una buona relazione affettiva con la madre. Non valgono le imposizioni ma come viene vissuto in famiglia il momento del pasto che deve essere un momento di convivialità.

C’è una vasta letteratura sulla “neofobia alimentare”, ovvero la paura di provare cibi nuovi e sconosciuti. «Una persona che soffre di questa fobia mostra dei tratti della personalità ben precisi – sottolinea la Hormes – e nei casi più gravi può addirittura arrivare a provare un vero e proprio disgusto verso determinati alimenti”( Masson J. M.: “Chi c’è nel tuo piatto? Tutta la verità su quello che mangi”, Cairo, Milano 2009).

E allora perché essere così choosy anche a tavola?

Eh sì, perché per questa personalità, non c’è una diffidenza solo verso il cibo quando si banchetta, ma esiste anche nella vita; il choosy diffida delle persone o cose che non conosce, che non ha potuto studiare bene o sperimentarle prima. Un’esistenza difficile! Il choosy si preclude esperienze nuove ed è solitamente la classica persona che ci dice “no” a priori, quando ci proponiamo di fargli assaggiare dal nostro piatto e “contaminarlo” con il nostro gusto.

Ciò che potrebbe spaventare il sig. Choosy è la novità per un piatto nuovo o diverso. L’accettazione di un qualcosa a tavola che ha un sapore diverso dal solito è impresa ardua. Infatti, potrebbe considerarsi una personalità restia al cambiamento, perché tanto lo spaventa e gli scombussola schemi ben predefiniti a tavola e nella vita.

Se ci andate a cena con lui noterete che dal menù prenderà le solite cose con le solite variazioni che comunicherà al cameriere e che con una certa ansia pressante farà annotare in comanda. È inutile, non si fida del piatto che lo chef gli proporrà quella sera, lui ordinerà “il solito, grazie”.

Non gradisce la novità, ma il Sig. Choosy è molto attento ai dettagli e ai particolari. È la classica persona che è puntigliosa su tutto, anche solo per un pelo fuori posto (che mai ovviamente si augura di trovare nel piatto), che deve sventrare quasi tutta l’anguria per togliere tutti i semi, nessuno escluso.

La qualità, per la personalità Choosy, è un valore cui non può fare a meno, a differenza della persona perennemente affamata, non ingurgita senza senso e senza assaporare il cibo. Lo schizzinoso ne fa un’accurata selezione di ciò che ha deciso di mangiare, prediligendo tutto (o quasi) di natura biologica visto che va tanto di moda negli ultimi anni e gli dà quel tocco di saccenteria in più.

Per queste persone schizzinose, esiste un simpatico modo di dire: “Sono con la puzza sotto al naso”, la loro “puzza” è diventata uno status symbol, perché ormai anche la scelta del cibo è un fattore che, ancora di più oggi, già ci presenta e rappresenta.

Non mi resta che concludere questa sintetica presentazione di questa interessante e significativa personalità con la parodia del noto motto di Steve Jobs: “Stay hungry, stay Choosy.”

Essere “choosy”, alle volte, paga. Nonostante questo, in Italia, i giovani, per ora, sono “choosy”, ma anche abbastanza “hungry”. 

(Valeria Nicoletti)

Leggi il primo articolo: Il perennemente affamato