L’shanah tovah Yose”. La lingua è quella ebraica, il giorno era l’ultimo di un anno particolare, il 1861. Già, perché a dicembre era tradizione catalana recarsi a Roma per ammirare il più grande museo a cielo aperto.“ Sereno anno, Giuseppe’’, con questo augurio Josep Maria Bocabella, proprietario di un’antica libreria religiosa a Barcellona, svelò la sua vocazione al padre putativo di Cristo, facendosi promotore dei valori delle più umili famiglie cristiane dell’epoca. A questo scopo fondò, nel 1866, l’Asociacìon de Devotos de San Josè che raggiunse, in breve tempo, seicentomila soci.

Il vero obiettivo dell’Associazione era raccogliere fondi per la costruzione di un tempio dedicato alla Sacra Famiglia. Un presepe vivente, insomma, la rappresentazione, in larga scala, della natività cristiana esaltata all’ennesima potenza, osannata ed innalzata per toccare le corde emotive del Creatore, perche dal creato sembrava essere stata pensata e progettata.

Nel 1881, grazie alle donazioni ricevute, Bocabella comprò un intero isolato nel quartiere di Eixample, vicino al distretto di San Martì, il decimo distretto di Barcellona, e il 19 marzo del 1882, nel giorno di San Giuseppe appunto, alla presenza del Vescovo di Barcellona, Urquinaona, fu posta simbolicamente la prima pietra nel punto esatto dove sarebbe stata costruita la basilica cattolica.

I lavori furono inizialmente affidati all’architetto Francisco de Paula de Villar y Loreto che, in un primo momento, attribuì all’opera uno stile neogotico, allontanandosi dall’idea rinascimentale del Santuario di Loreto (che si suppone essere la casa di Maria e Giuseppe a Nazareth).

Successivamente, però, a causa di disaccordi, Villar si dimise e Joe Martorelli, consulente di Bocabella, indicò il nome di un giovane architetto trentunenne, tale Antoni Gaudì. Il “genio di Reus” poggiava la propria ispirazione ideologica su basi naturalistiche, con esiti anticipatori dell’espressionismo e di altre avanguardie, compreso il surrealismo. Gaudì considerava la Sagrada Família il capolavoro della sua vita e, per quasi quarant’anni, si dedicò completamente alla costruzione di questa sorta di ‘’arca’’ voluta da Dio, senza tuttavia riuscirci. Le sue intenzioni, mirate alla dettagliata ricerca del particolare, sembravano sgretolarsi puntualmente come i castelli di sabbia dei bambini rispecchiati nelle quattro torri della basilica.

La linea retta è la linea degli uomini, la linea curva è la linea di Dio”: e quest’ultima, forse, incarna l’imprevedibilità degli eventi, progetti inaffidabili che, pur non essendo conclusi, lasciano in eredità qualcosa a cui anelare per sollevare il nostro senso di purezza artistica.

Perché, a pensarci bene, i problemi c’erano dappertutto, anche nella Famiglia di Nazareth!