In questi giorni il mondo giornalistico sembra che si sia tuffato su letture ambientalistiche dell’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco (187 pagine, 6 capitoli e 246 numeri), con il rischio di ridurre il testo a un co­municato del Wwf soffermandosi su qualche singolo aspetto: il riscaldamento globale, gli ogm, l’inquina-mento, la deforestazione, la cementificazione selvaggia delle nostre città…

Queste tematiche ci sono, ma in realtà è in pericolo la vita degli abitanti della terra e quindi della terra stessa a causa di pregresse valutazio­ni errate sorrette da ideologie, come ad esempio la teoria economica proposta da Thomas Robert Malthus (1766-1834), che, attribuendo principalmente all’incremento demografico la diffusione della povertà e della fame nel mondo, auspicava il controllo delle nascite, al fine di evitare l’erosione delle risorse. Ma il crollo della natalità ha poi provocato l’inaspettata criticità dell’economia occidentale.

Il sottotitolo Sulla cura della casa comune ci porta al senso dello scritto: là dove alcuni fanno da padroni ed altri vittime in casa propria; così la chiave di riflessione bisogna rintracciarla oltre le tematiche ambientali­stiche: in chi ha provocato tali problemi. Dagli effetti occorre risalire alle cause, ovvero  alla gestione delle ricchezze e quindi all’esercizio, a volte abusivo, del “potere”.

La crisi della politica, che rincorrere consensi tanto immediati quanto irresponsabili, ha portato la stessa a una sudditanza nei confronti dello strapotere dell’economia e della tecnologia. “L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente” e quindi “la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al pa­radigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludi­bile che la politica e l’economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana. Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura” (n. 189).

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Papa Francesco non è morbido con il modello di società contemporanea, basato su un “antropocentrismo deviato”, malato di delirio di onnipotenza, che, rifiutando il senso del limite e sentendosi padrone di tutto, è autorizzato a usare tutto senza rispetto. Questo ha portato l’individuo, tecnologicamente avanzato, ma impreparato e immaturo, a perdere le redini dello stesso potere tecnologico, arrivando a usarlo in modo irresponsabile (n. 105).

Questo modello, ha fallito i suoi ideali mettendo la finanza contro il lavoro; la libertà di pochi contro la schiavitù di molti; gli interessi egoistici contro la solidarietà; il dominio sul mondo e sugli uomini contro la comunione e l’armonia: “Rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società”. In proposito il Papa denuncia come “l’orientamento dell’economia ha favorito un tipo di progresso tecnologico finalizzato a ridurre i costi di produzione in ragione della diminu­zione dei posti di lavoro”. “Non si deve cercare di sostituire sempre più il lavoro umano con il progresso tecnologico”, osserva papa Francesco, perché “il vero obiettivo” dell’economia dovrebbe “sempre essere di consentire” agli esseri umani “una vita degna mediante il lavoro” (n. 128).

Il potere purtroppo ha percorso strade che non sono quelle della gente ma solo di alcune élite e la risposta non può essere la rassegnazione: «È possibile allargare nuovamente lo sguardo, e la libertà umana è capace di limitare la tecnica, di orientarla, e di metterla al servizio di un altro tipo di progresso, più sano, più umano , più sociale e più integrale» (n. 112). Questo è un processo che può avvenire solo dal basso e con l’apporto di tutti. L’enciclica, nell’avvallare questa idea riporta una ventina di citazioni di testi delle confe­renze episcopali locali; inoltre per la prima volta cita un mistico musulmano: Ali Al-Khawwas (nota n. 159); e ancora: alla presentazione ha partecipato anche un autorevole teologo ortodosso: il metropolita di Perga­mo Ioannis Zizioulas; ma soprattutto, per la prima volta, una enciclica è destinata  non ai soli cristiani, ma ad “ogni persona che abita questo pianeta” (n. 3).

Papa Francesco, smascherando i poteri occulti e indicando le cause della “vita tradita”, non pretende di de­finire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma di offrire  un contributo per un dibattito one­sto e trasparente. I dissesti ambientali sono dei sintomi di altri e ben più gravi dissesti: quelli personali, rela­zionali e sociali. Contro queste realtà occorre che l’uragano della speranza, attraverso la solidarietà, avvii la risurrezione dalla miseria collettiva attraverso l’esperienza della propria povertà e del bisogno dell’altro.


1 COMMENTO

  1. Trovo interessante, perché rispettosa del testo (e dello spirito che anima papa Francesco), la selezione dei brani dall’enciclica del prof. Ercolino. mdv, cum parrhesia.

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