I santi non sono super uomini, ma autenticamente uomini. Santo non è chi fa i miracoli, santo è chi si fa collaboratore della gioia di tutti

Purtroppo mai come oggi la santità è equivocata. Si parla di realizzazione, di sogni, di desideri ma non di santità. La santità è pensata come una sorta di separazione dalla vita. Questo è vero, ma è il concetto che si ferma all’Antico Testamento poiché, etimologicamente santo significa, in ebraico, separato. Nell’Antico Testamento, Santo è solo Dio, separato dagli uomini, che chiede al suo popolo Israele di essere separato dagli altri, poiché gli appartiene.

Nel Nuovo Testamento, però, la santità diventa vicinanza in Gesù Cristo e il Nuovo Israele, la Chiesa, è santa in quanto universale, segno di santità per tutti i popoli. La luce dei santi non appartiene agli uomini, ma è riflesso della santità di Dio, dono dello Spirito.

È bello notare, in questo, il concetto di santità incarnata, di chi ha il cuore e la mente rivolta ai cieli, ma ha i piedi ben piantati per terra. Mentre la santità orientale è separazione e fuga dal mondo, basti pensare agli occhi chiusi della rappresentazione del Buddha, per i cristiani è vita nel mondo, basti pensare alle icone dei santi, i cui occhi sono spalancati nella realtà. I santi non sono super uomini, ma autenticamente uomini. Hanno risposto alla loro vocazione di uomini e donne. L’umanità realizza sé stessa nel bene, nel rendere visibile la speranza, nella fiducia e nella bontà. I santi sono persone che hanno affrontato i problemi di tutti, ognuno con i propri limiti caratteriali e fisici, ma con una luce che attingeva al Signore.

La Parola insegna che Cristo ha pagato a caro prezzo, cioè con il suo sangue, la salvezza degli uomini. Questa redenzione ci ha resi figli di Dio, cioè santi. I primi cristiani non avevano difficoltà a chiamarsi santi tra di loro. La santità è dunque dono, offerta gratuita, amore incondizionato come lo è la vita. Come la vita chiede di essere vissuta degnamente, così il dono del battesimo, che ci rende santi, ci richiede l’impegno di vivere secondo il dono ricevuto.

La santità è donata a tutti, ma non è per tutti, poiché deve essere compresa con la mente e scelta volontariamente. Santo è chi, accogliendo il dono dell’esistenza cristiana, vive il compito di camminare secondo la carità e di vivere come Gesù ci ha insegnato. Il segno della santità è una vita profumata di bontà, amicizia e fraternità. Santo non è chi fa i miracoli, santo è chi intercede presso Dio.

Il 1°novembre celebriamo tutti i santi, cioè tutti i giusti che hanno conformato la loro vita al dono ricevuto della vita cristiana attraverso il battesimo. Tutti possono essere santi, non nella falsa idea di una vita triste, ma attraverso la gioia di servire questa umanità, godendo della felicità altrui e facendo di questa finalità il senso della propria vita, divenendo collaboratore della gioia di tutti, nella grazia di Cristo.

In sintesi, forse non lo pensiamo ma, per essere felici dobbiamo camminare nella luce, divinizzando, come insegnano i nostri fratelli ortodossi, la nostra umanità per i meriti di Gesù. Felicità è dunque divinizzazione o santificazione, o divenire come diceva Gregorio Magno, ciò che siamo per il dono del battesimo, vivere come figli