Come ogni anno la Direzione Nazionale Antimafia ha pubblicato la sua relazione per fare il punto sullo stato delle organizzazioni criminali nel nostro paese. Dunque cosa si dice nel lungo e dettagliato lavoro circa le dinamiche mafiose nella provincia di Bari e di Barletta-Andria-Trani?

Il rapporto definisce il tipo di criminalità presente nelle due provincie come “levantina”. Sostanzialmente, si spiega nel resoconto, la mafia locale riflette l’anima commerciale e l’intraprendenza che caratterizza la popolazione del territorio. È allora una mafia duttile e votata all’affarismo, ovviamente nel senso di affari di natura illecita. Se è vero che tutte le mafie sono interessate sostanzialmente a fare soldi, quelle di Bari e Bat perseguono i propri fini privilegiando l’immediatezza dei risultati. In esse vige un’assoluta incapacità di elaborare strategie a lungo termine, di mantenere stabilmente delle alleanze o degli assetti organizzativi che durino nel tempo. Sono mafie che solitamente non rispondono a dei vertici, organizzate molto poco gerarchicamente, e piuttosto che rispettare accordi e alleanze, preferiscono di volta in volta azioni efficaci ad ottenere il maggiore guadagno col minore sforzo.

Questa caratteristica distingue la mafia di Bari e Bat sia dalla Sacra Corona Unita salentina (SCU), sia dalla “Società foggiana”. Entrambe queste ultime infatti sono gerarchicamente organizzate e rispondono, nei propri territori, ciascuna a dei veri e propri vertici. Le due ad ogni modo mantengono caratteristiche diverse nel modus operandi. La prima dall’inizio degli anni duemila opera attraverso una strategia “difensiva”, preferendo attività e operazioni affatto eclatanti o allarmanti dell’ordine pubblico. La mafia foggiana – suddivisa storicamente in due mafie, la “mafia dei montanari” in zona garganica e la “la mafia della Pianura” in Capitanata – si muove invece per azioni più eclatanti e audaci. Si fonda su una solida strutturazione interna, autodisciplina e una spiccata attitudine alla programmazione, nonché a intessere alleanze sia sul territorio che con mafiosi campani o calabresi.

Tornando a Bari e Bat, una delle entrate più ingenti per le organizzazioni criminali del posto sono quelle derivanti dal traffico di droga. Questo porta benefici non solo economici, ma anche strategici, visto che tramite quello si controllano interi territori. Anche in questo caso, il punto di forza è la duttilità di questi gruppi, nonché la grande quantità di contatti raccolti negli anni (soprattutto durante i periodi di detenzione). Ecco che ad esempio grazie a organizzazioni calabresi e campane i clan di Bari e Bat riescono ad importare cocaina,  grazie a quelle albanesi, marijuana ed eroina. Un certo indotto, a parte la droga, deriva anche dall’attività estorsiva, che in realtà è praticata in maniera apprezzabile da tutte le mafie pugliesi.  Nello specifico nelle due provincie in esame è prediletto il settore edile, dove oltre all’estorsione intesa in senso classico , viene imposto l’acquisto di materiale in determinate ditte o l’affidamento di lavori in subappalto ad imprese “amiche”.

Per fortuna la spiccata “levantinità” dei criminali di Bari e Bat ha, d’altra parte, dei risvolti positivi per la magistratura. Il rapporto definisce “impressionante” la mole di collaboratori di giustizia che provengono da queste aeree. Questo atteggiamento si spiega anch’esso in una logica “affaristica”: di fronte a un concreto pericolo per la propria incolumità infatti, e alla fine ingloriosa delle proprie carriere criminali, i mafiosi scelgono spesso di cambiare obiettivi e di alleggerirsi il più possibile la pena.

I segnali descritti, conclude il rapporto, “vanno raccolti e contrastati con un sinergico impegno della società civile, della politica e della Magistratura. […] La tendenza infatti appare allarmante soprattutto nel momento storico attuale nel quale l’espansione turistica ed il benessere che ne deriva potrebbe essere inquinata e frenata dai fenomeni criminali di cui si è parlato, con conseguenze disastrose per l’intera collettività”.


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