Riflessioni di una studentessa liceale che vive un progetto di Intercultura.

Sembra il risultato di una partita di calcio e, sicuramente, in tal caso, quest’articolo avrebbe creato interesse da parte di più persone, perché, si sa, l’Italia è un popolo di sportivi.

Ma non è del calcio che voglio parlarvi, bensì di scuola!

Due sistemi messi a confronto, quello italiano e quello britannico, da cui noi, a mio parere, ne usciamo vincitori.

L’istruzione, nel Regno Unito è obbligatoria dai 5 ai 15 anni. Ci sono scuole statali (State Schools) e scuole private (Public Schools). Nelle prime i genitori non pagano i libri, che vengono forniti dalla scuola, ma depositano una cauzione che viene loro restituita a fronte della loro riconsegna. I genitori comprano solo il corredo scolastico (quaderni, penne, matite, ….).

La maggioranza degli studenti frequenta le State Schools in quanto le Public Schools sono molto costose. Non hanno sovvenzioni ed i genitori ne pagano la retta. Tali scuole hanno strutture meravigliose ed una delle più famose è Eton. Quest’ultima è una High school maschile fra i cui studenti ricordiamo i principi William e Harry e l’attuale Primo Ministro David Cameron. Un particolare: la retta di Eton supera le 30.000 sterline l’anno!

La scuola primaria inizia con lo year 1, all’età di 5 anni, e finisce con lo year 6, a 10 anni. Quindi gli studenti passano, all’età di 11 anni, alla Secondary School che va dallo year 7 allo year 11. Gli alunni più bravi sostengono un esame alla fine dello year 6 che si chiama Eleven Plus. Questo esame dà accesso alla Grammar School, cioè una scuola nella quale si studia di più e che avvia all’università.

Nella Secondary School si studiano inglese, matematica, scienze, tecnologia, storia, geografia, musica, arte, educazione fisica, religione ed una lingua straniera: il francese, lo spagnolo o il tedesco.

Le stesse materie che studiano i nostri ragazzi in Italia, a differenza che, nel nostro Paese, si studiano due lingue straniere nella scuola media.

All’età di 16 anni gli studenti inglesi conseguono il GCSE, cioè il General Certificate of Secondary Education. Questo è il primo, e spesso unico, esame che affrontano nella loro carriera scolastica.

Qui finisce l’obbligo scolastico per gli studenti britannici.

Gli ultimi due anni di scuola superiore, year 12 e 13, non sono obbligatori e coloro che li frequentano alla fine sostengono esami A-levels in alcune discipline a scelta. Per iscriversi all’università hanno bisogno di buoni voti sia per il GCSE che per gli A-levels. Per i Britannici la scuola superiore finisce a 18 anni.

La giornata scolastica nella scuola che sto attualmente frequentando, il Kings College di Londra, comincia alle 8,30 con l’appello e finisce alle 17,30. Dopo tale orario c’è la possibilità di frequentare clubs, cioè attività ricreative, artistiche, sportive, musicali, ecc.

Non c’è lezione il venerdì pomeriggio, il sabato e la domenica. Agli studenti ogni giorno vengono assegnati compiti da svolgere a casa. Oltre a quelli tradizionali, anche esercizi da svolgere al computer su piattaforme specifiche, progetti in power point, ecc. Quindi posso affermare che la giornata scolastica è davvero pesante!

Nella scuola, inoltre, sono gli alunni a spostarsi per raggiungere i docenti che hanno delle aule assegnate. Le classi sono omogenee, formate in base al livello. Ciò da un lato è positivo perché, adeguando velocità e difficoltà, si impara senza sforzo; dall’altro è negativo perché non c’è spirito di emulazione che porta ad impegnarsi e migliorare per raggiungere un altro compagno.

Tutte le aule sono dotate di LIM e computer e due volte a settimana si usa il laboratorio scientifico.

La scuola britannica, in definitiva, sembra una buona scuola ma, a confronto con quella italiana, a mio modesto avviso, è perdente.

Il non possedere libri propri che potranno essere ripresi in futuro e poi l’obbligo di una scelta per il futuro già all’età di 11 anni sono degli enormi svantaggi. E se l’alunno diventasse più volenteroso, più responsabile, crescendo?

Inoltre gli italiani hanno le basi di due lingue straniere e ciò potrà essere utile durante la ricerca di un lavoro futuro.

Ma la cosa che ancor di più mi convince nell’affermare che la scuola italiana sia migliore è proprio il ricordo di essa che tutti gli italiani conservano. Tutti noi ricordiamo i momenti belli e brutti legati ad essa: compagni, insegnanti, materie, viaggi di istruzione, …

Invece gli inglesi non ricordano nulla! Anche se hanno lasciato i banchi solo da pochi anni!

E allora, nonostante la tecnologia, l’attualità nella didattica, il clima di efficienza, una scuola che non lascia memoria può dirsi vincente?

Senz’altro no. Questa partita la vince l’Italia!