L’anziana signora si guarda intorno alla ricerca della vittima designata. È piccola e magra, macilenta addirittura. Gira gli occhi a destra e a manca senza muovere la testa. Lo fa con la calma di chi non ha altro impegno per tirare a sera. Fissa un signore alto e fresco di barbiere, ma non lo prende in considerazione. Si sofferma per un attimo su una ragazza che sembra una suorina senza saio. Poi è la volta di un omino affannato e indaffarato, con suo cappello da baseball ben calato in testa. Nell’ufficio postale ci sono figure per tutti i gusti. La fila allo sportello è lunga e mugugnante. L’anziana signora si applica scientificamente nell’analisi antropologica dell’umanità che le scorre sotto gli occhi. Le potenziali vittime osservate fino a questo momento non la convincono: troppo frettolose o troppo indifferenti. Lei ha bisogno di individuare un soggetto che stia nell’ufficio postale per la sua stessa ragione: non avere altro da fare, se non tirare a sera. Non un pensionato perdigiorno che era lì per ritirare la raccomandata per il figlio. Non una badante che non conosce neanche la lingua patria. Neanche una donnetta piccola e macilenta come lei. Cerca una specie di suo contrario che le consenta di dare il meglio di sé. È appena entrata una ragazza che traina una vecchia cieca che cammina aggrappata alle sue spalle. Sono tutte e due spruzzate di pioggia, segno che le nuvole grigie del mattino hanno preso a fare il loro lavoro. L’alba era stata timidamente soleggiata, poi il cielo si era coperto a poco a poco. Adesso che è mezzogiorno la pioggia scroscia dolcemente. Sullo stipite della porta d’ingresso all’ufficio postale si è come materializzato il ragazzo egiziano che vende ombrelli. Ombrelli fragili e inconsistenti destinati a durare ventiquattr’ore. Costano due euro e neanche li valgono, ma il ragazzo egiziano ci campa con quei pochi spiccioli. La sua offerta ossessiva non ha una gran presa sul pubblico che, guadagnato l’ingresso, si mette al riparo. Al ragazzo egiziano va un po’ meglio con chi era stato sorpreso dalla pioggia mentre era in coda allo sportello e, uscendo, non sa come ripararsi.

La signora macilenta è sempre lì all’angolo che aspetta la sua preda. Ha scartato anche la ragazza con la signora cieca. Sta squadrando la suora senza saio, ma non sembra persuasa. Non le sembra persona disponibile ad ascoltarla, non ha una precisa espressione, a parte i capelli arruffati e un paio di occhiali di metallo passati di moda. Lei, la signora a caccia di vittime, non ha fretta, non ha nessuno che l’aspetti a casa, non ha operazioni da fare in posta, ha tutto il tempo per scegliere il bersaglio adatto. Niente da fare alla coda per le raccomandate “inevase”, come c’è scritto sul cartello. Qualche metro più in là c’è lo sportello delle pensioni. Due sedie e un tavolinetto sghembo rendono più confortevole l’attesa. Seduta c’è una donna che può stare solo seduta, tanto è grassa. A dire il vero, bisogna spulciare con attenzione per cogliere tracce di femminilità. Il viso grinzoso e giallognolo sembra quello di un vecchio glabro. Gli occhi sono due fessurine intagliate in due polpette di grasso. Le spalle tonde e curve inglobano la persona in un blocco di carne senza forme. La sedia accanto è vuota. La signora magra si accomoda senza esitazione. Ha deciso che la sua vittima sarà la donna dal viso grinzoso e con gli occhi a fessura. Si è già seduta quando chiese il permesso di sedersi.

“Scusi è libera questa sedia?” – 
“Sì, non lo vedi?” risponde la donna grassa con voce baritonale.
“C’è tanto da aspettare?”
 – “Sì, non lo vedi?” replica l’altra con lo stesso tono di voce.
“Da quando aspetti?”
- “Sarà più di un’ora. È normale aspettare, non lo sai?” – 
“E non ti stanchi ad aspettare?” – 
“Sì, mi stanco, ma per fortuna ho trovato questa sedia…”
 – “È che tu sei troppo grassa, io non mi stanco mai…” – 
“Grassa io? Tu mi sembri uno scheletro, ma mangi qualche volta?”

La donna grassa cerca di tagliare la conversazione, girandosi alla ricerca di qualche altro interlocutore che la liberi dalla donna magra. Ma questa non ha nessuna intenzione di darsi per vinta.
“Io sono magra, è sono contenta di esserlo, ho la casa piccola, tu non entreresti neanche nel cesso di casa mia…”
 – “Ma a me del cesso di casa tua non mi importa nulla…” – 
“A me sì che mi importa. Nel mio cesso ci sono la tazza, il lavandino e il bidè attaccati l’uno all’altro. Io ci entro perché sono magra…” – 
“E a me che importa? Io nel cesso di casa mia ci entro benissimo…” – 
“Sarà che nel cesso ci entri benissimo, ma lo sai che i grassi muoiono prima dei magri? Lo hanno detto anche in televisione…” – 
“Sono tutte palle dei medici per vendere medicine, e quelli come te ci credono…”
 – “Sì, tutte palle, non senti che respiro affannoso che hai? Non vedi che non riesci a stare in piedi?” – 
“Oh, ma chi ti conosce? Perché non ti fai gli affari tuoi, che porti anche iella? Lasciami stare, che vuoi da me?” – 
“Dicevo così per dire, è difficile vivere soli alla nostra età, se non si sta bene in salute…”
 – “Ringraziando Dio, io sto bene e non vivo sola. Ho una figlia che vive con me e un figlio che è sposato e ho due nipoti. I miei figli mi aiutano molto…”

La donna magra diventa pensierosa, come se avesse perso un po’ delle sue certezze. Si guarda intorno. La sala si è riempita di pensionati che aspettano la paga e si riparano dalla pioggia. Il signore dal viso scavato e dai grandi baffi bianchi si appoggia al bastone per reggersi in piedi. la vecchia con il capo coperto da un velo nero ha una peluria setolosa che le incornicia la bocca. L’uomo tarchiato ha nelle narici due cannule che partono da un respiratore assicurato alla cintola. All’angolo è parcheggiata una vecchina in sedie a rotelle badata da una ragazza bionda dall’aria baltica. Una donna non vecchia si copre il capo per nascondere la calvizie da chemioterapia. Tutti disposti in cerchio, in attesa del proprio turno. Parlano di tutto, della crisi economica e del Grande fratello, degli extracomunitari e delle tasse, del papa e del tempo. Qualcuno parla con sussiego, qualcuno ride a bocca spalancata. La donna magra li osserva con curiosità. Si domanda come facciano a essere così tranquilli, ognuno col suo guaio. Se lei avesse il tubo nel naso o facesse la chemio… Allontana da sé con orrore l’ipotesi funesta. Mantiene salda la sua convinzione di persona sana che nulla ha che vedere con la malattia. Lei è magra, molto magra. I magri vivono di più, si ammalano meno, lo ha detto anche la televisione. Il gruppo di disgraziati, ad uno ad uno lascia l’ufficio postale, dopo aver ritirato la pensione. L’uomo con le cannule nel naso è accompagnato sottobraccio da una donna bionda che sembra sua moglie. La donna della chemio è attesa all’uscita da un ragazzo alto e ben messo che sembra suo figlio. L’uomo col bastone è atteso da un signore più giovane che gli somiglia abbastanza, potrebbe essere suo fratello. La vecchia in sedie a rotelle viene caricata in automobile dalla giovane badante e da un giovane ragazzo, forse suo nipote. La donna magra aspetta che la stanza sia vuota, poi esce anche lei. Fuori piove ancora, ma lei non spenderà due euro per l’ombrello che non li vale. È sola, non l’aspetta nessuno. Suo marito l’hanno seppellito tre giorni fa.

 

Tonino Del Giudice


[Foto: www.ilcaffe.tv]

 

 


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).