Chi non conosce la maga Circe, capace di qualsiasi incantesimo, ma nemica degli uomini? Circe era figlia di Elio e di Persa. Suo fratello era Eeta, il temibile re della Colchide che fece di tutto per osteggiare Giasone e i suoi Argonauti nella conquista del Vello d’oro. Era, dunque, anche la zia di Medea e si vede che qualche trucco doveva averlo insegnato a sua nipote, capace come la zia di potenti sortilegi.

Circe abitava nell’isola di Eea, che taluni pretendono di riconoscere in quello che oggi è noto come Capo Circeo, a sud di Latina, sul Mar Tirreno. Qui si dava ai suoi amori e guai a chi avesse rifiutato le sue avances: veniva subito trasformato in animale. Ad esempio, il re dei Laurentini, Pico, per non aver ceduto alle sue profferte amorose era stato mutato in picchio

Anche le sue rivali dovevano ben guardarsi da Circe: quando Glauco, pazzo d’amore per Scilla, le chiese una pozione amorosa perché la ragazza cedesse al suo corteggiamento, ad innamorarsi di Glauco fu invece la vogliosa Circe che gli diede sì una pozione, ma per mutare Scilla in un mostro orrendo che, in uno con Cariddi, faceva strage di marinai lungo lo Stretto di Messina.

Non v’è dubbio, tuttavia, che la narrazione che ha reso ai più celebre la maga Circe è quella relativa al suo incontro con Odysseo. L’eterno navigatore, racconta Omero, dopo le sue peripezie nel paese dei Lestrigoni, navigò lungo le coste italiane in direzione nord-ovest, sino ad approdare proprio nell’isola di Eea. Qui, con la sua solita prudenza, mandò in avanscoperta parte dei suoi marinai, affidandoli alla guida del fido Euriloco. Attraversando boschi di querce e di alberi dall’alto fusto, gli esploratori giunsero infine al magnifico palazzo di Circe. Esso si ergeva in una vasta radura, nel bel mezzo dell’isola. Circe, ignara, o almeno volendo apparire tale, sedeva nel palazzo, lavorando al telaio e cantando con voce soave. Euriloco e i suoi diedero voce e Circe, bellissima, apparve sulla soglia di ingresso. Si mostrò subito gentile e ospitale e invitò i malcapitati a fermarsi a cena con lei. Era d’uso comune, nell’antica Grecia e in tutto il Mediterraneo, la pratica della “filoxenia”, che potremmo tradurre con “ospitalità”, ma significava letteralmente “amore per lo straniero” che andava accolto e onorato – un po’ come fa ora chi erge barriere e muri o vuole che i barconi di disperati siano respinti in mare.

Gli uomini capeggiati da Euriloco, dunque, non si meravigliarono più di tanto dell’invito di Circe e lo accolsero volentieri. Solo Euriloco si fermo, sospettoso, all’esterno del palazzo, per sorvegliare la situazione. Non avrebbe più dimenticato quello che stava per vedere! Non appena i suoi compagni ebbero iniziato la cena, Circe li percosse con una verga e subito si trasformarono in maiali.

Ad Euriloco non restò che tornare immediatamente alla nave, dove, tra le lacrime, raccontò a Odysseo l’accaduto. Il nostro eroe si mosse subito per andare a liberare i compagni, anche se ancora non sapeva come avrebbe potuto liberarli, ma corse in suo aiuto il dio Ermete che, vero e proprio “deus ex machina”, gli donò un talismano capace di spezzare gli incantesimi di Circe. Si tratta di un fiore bianco e profumato, con una radice nera, e chiamato moli.

E così, quando Circe picchiò anche Odysseo con la verga, l’eroe fu salvo e, sguainata la spada, si accinse a trapassarla con la sua lama.

Qui, un nuovo colpo di scena: Circe gli chiese di risparmiarla in cambio del suo regno e del suo letto. Odysseo accettò, a patto che liberasse subito i suoi compagni, dopodiché si lasciò coccolare dalle effusioni amorose della maga.

Qui i racconti del mito si dividono: c’è chi dice che si fermò nell’isola per un mese di “luna di miele”, chi sostiene che vi restò un anno intero, chi addirittura narra che vi rimase il tempo necessario per avere da Circe tre figli: Agrio, Latino e Telegono.

Quando fu il tempo di partire, Circe, pur addolorata, non si oppose e anzi gli diede dei consigli utili per il viaggio, suggerendogli di scendere nel Tartaro e di interrogare il veggente Tiresia, così da arrivare finalmente a Itaca pronto ad affrontare i nemici che lì, a casa sua, lo attendevano.