Probabilmente Oscar Wilde ha ragione quando sostiene che ‘’l’unico pregio del passato è quello di essere passato’’ ma, a volte, ricordare i sapori del tempo andato ci fa tornare in mente le emozioni e le passioni di quando eravamo piccoli, di quando, spaventati da un temporale, ci rifugiavamo nel lettone di mamma e papà, di quando a svegliarci era l’odore del caffèlatte a prima mattina.
Già, a prima mattina. All’alba, per essere precisi. Mio padre mi tirava giù dal letto proprio al sorgere del sole per portarmi con sé in un luogo magico, quel posto che io consideravo quasi un paese dei balocchi, solo che, al posto dei giocattoli, c’erano farina, semola ed un grande forno.
A giostrare il tutto ci pensava un piccolo, grande uomo. Sì, perché quello che faceva Riccardo (lo chiamavo così, senza curarmi di quale fosse il suo cognome) aveva veramente dell’incredibile. Infornava e sfornava una quantità così copiosa di pane da far gridare al miracolo. Per carità, nulla a che vedere con la parabola del Vangelo, ma, senza essere blasfemi, l’arte con cui Riccardo creava le sue opere faceva invidia ai più grandi scultori della storia.
Blasfemi no, ma spirituali sì. La bottega di Riccardo, infatti, era incastrata in una grotta, a mo’ di presepe, sul cui soffitto era raffigurata l’immagine di una Madonna, una Vergine Maria che, attraverso quel pane, sembrava benedire tutto il centro storico andriese cosparso di un profumo vitale.
Riccardo vendeva solo una parte della sua produzione, il resto lo regalava, agli amici, ai parenti, ma anche a quegli extracomunitari che spesso bussavano alla sua porta in cerca di cibo e di speranza. Riccardo lavorava un solo giorno a settimana, il sabato, e per me era l’occasione di fare una pazzia; aprire prestissimo gli occhi, veder accendersi le prime luci della città e raccontarlo poi, qualche ora dopo, ai miei compagni di classe, donando anche a loro poche centinaia di grammi di quella squisita prelibatezza fatta di mollica e amore.
Oggi Riccardo non c’è più, secondo alcuni raggiunse i suo figli al Nord, secondo altri era semplicemente stanco. Non ho mai voluto approfondire la cosa perché certi ricordi sono così puri da meritare di essere conservati in un cassetto senza involucri o contenitori, solo con la consapevolezza di aver assistito ad uno spettacolo unico, lo spettacolo di un umile lavoratore che con le sue mani ha realizzato i sogni di un assonnato bambino.


Articolo precedenteCon la cultura non si mangia!
Articolo successivoFacebook e i suoi meriti
Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.