A casa non si può studiare. Non è che tu non voglia. È che non ci sono le condizioni. Il padre di tuo nonno era analfabeta. Tuo nonno ha fatto i primi anni di scuola e poi è andato a lavorare nei campi. E così il nonno del tuo amico. E l’altro, e l’altro, l’altro…

Lo chiamano “contesto”. Il tessuto di contorno, quello di cui sei imbevuto. Lo chiamano anche “gap” tra le Regioni del Nord e quelle del Sud.

Un esempio. A Trento l’istruzione è obbligatoria dalla seconda metà del Settecento, maschi e femmine fino ai 12 anni dovevano andare a scuola e studiare, tra le altre cose, tre lingue: italiano, tedesco e una seconda lingua straniera, preferibilmente inglese. Sempre a Trento, dal 1868, l’obbligo fu elevato a 14 anni.

Come dire che lì da 250 anni non ci sono analfabeti. Vi pare poco?

I nostri nonni erano tutti analfabeti, nell’80% dei casi, fino al 1950 o giù di lì…

Vorrà pur dire qualcosa.

E non finisce qui. Perché un popolo colto è anche un popolo dinamico, capace di intraprendere, di creare strutture, sovrastrutture e infrastrutture. Quelle che fanno la differenza.

Nel frattempo, i nostri nonni zappavano la terra, creavano orti e terrazzamenti contro il dilavamento ad opera delle acque piovane. Almeno da noi le frane sono un po’ meno frequenti che al Nord.

Puglia sitibonda. A pensarci, anche in questo siamo un pochetto sfigati. Noi l’acqua ce la dobbiamo sudare e l’Acquedotto Pugliese, opera monumentale con più di 100 anni alle spalle, oggi fa acqua, letteralmente, da tutte le parti. Più che di interventi di ristrutturazione, avrebbe bisogno di essere rifatto. Quando mai. Ci vuole una barca (sempre d’acqua si tratta) di soldi: gli stessi che vanno sempre dove già ce ne sono di più. Perché “money is money” e i soldi attirano altri soldi.

Disfattismo? No. Semplice elencazione di alcuni fatti.

Dunque? Dunque piangersi addosso non serve a niente. Dunque dobbiamo continuare a rimboccarci le maniche. Dunque i nostri figli possono pure andarsene a studiare al Nord o all’estero, in Facoltà da sogno (nel senso che qua ce le possiamo solo sognare): purché ci diamo tutti da fare (a cominciare da chi è pagato con soldi pubblici per farlo) per creare le condizioni perché i nostri figli possano, un giorno, ritornare.

A spendere qui il loro know-how (che un po’ di inglese fa sempre figo…), ma anche a risolverla una volta per sempre, magari prima che tra 250 anni, questa stramaledetta “questione meridionale”.